Clausole salvaguardia: colpe e responsabilità

mercoledì 3 agosto 2016


Intervistato dal quotidiano “la Repubblica”, il Presidente del Consiglio è tornato sul tema delle clausole di salvaguardia. Il suo Esecutivo, ha spiegato, deve “fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia” perché “i Governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie manovre finanziarie”.

Come già è stato sottolineato dal sito Phastidio.net, la maggior parte delle “trappole” che Matteo Renzi è impegnato ad evitare le ha piazzate lui stesso. Che poi quello delle clausole di salvaguardia sia un meccanismo “atroce”, è una valutazione che abbiamo già manifestato e su cui lo stesso Governo, a giudicare dalla riforma della legge di bilancio, sembra d’accordo. Ma non sarebbe male chiedersi il perché.

Le clausole di salvaguardia si sono rivelate uno strumento col quale i governi “comprano” credibilità al dettaglio mentre sono impegnati nel commercio del consenso all’ingrosso. L’aumento della pressione fiscale è una leva più facile da azionare che quella “revisione della spesa” che tanto tuonò e continua a non piovere, nonostante le rassicurazioni del commissario alla spending review, Yoram Gutgeld.

Se viste con sguardo benevolo, le clausole - o comunque i meccanismi di copertura di nuove spese - parrebbero un tentativo del Governo di vincolare se stesso. In realtà, il gioco è semplicemente quello di posticipare le decisioni, perché nel breve termine non si riesce ad accumulare capitale politico sufficiente per fare scelte difficili e impopolari.

Il premier Renzi ha davanti a sé scadenze politiche complicate. Un referendum sulle modifiche costituzionali che è riuscito a portare a termine in Parlamento, e che rischia di perdere. Probabili elezioni, con una legge elettorale di suo conio eppure oggi considerata sfavorevole al suo partito. Dagli 80 euro in poi, la convinzione del primo ministro è in tutta evidenza che il consenso si possa costruire attraverso decisioni di spesa mirate ad accontentare, ed a mobilitare, gruppi specifici. Non è un’idea particolarmente originale. Però, in un’Italia che continua a non crescere, forse a chi governa converrebbe cercare altrove le condizioni per un ritorno alla crescita, rispetto alla consueta politica delle elemosine, per giunta pagate coi “pagherò” dei contribuenti.

È un peccato, se in Italia chi governa finisce regolarmente per dare la colpa a qualcun altro. Gli alleati, le opposizioni, gli Esecutivi precedenti... Tutte variazioni sul tema del destino cinico e baro. L’impotenza dei governi, in Italia, prima che essere un problema di norme è una profezia che si autoavvera.


di Istituto Bruno Leoni