“Independence day”, uguaglianza cancellata

giovedì 14 luglio 2016


Il giorno 4 luglio si festeggia negli Stati Uniti l’anniversario della Dichiarazione d’Indipendenza che nel 1776 portò il Paese ad acquisire una sua autonomia rispetto al dominio della corona inglese ed a preparare la strada verso un processo di democratizzazione. Il primo passo verso l’indipendenza fu la presa di coscienza delle colonie di oltremare verso una dominanza che aveva significativamente ridotto i principi di libertà e di uguaglianza; successivamente la guerra sancì l’indipendenza realizzata.

Il testo elaborato dai padri fondatori che servì come traccia fondamentale per la formulazione della Costituzione degli Stati Uniti, aveva alcuni princìpi fondanti su cui avrebbe dovuto ergersi il nuovo modello di società. In particolare risaltava in modo determinante il richiamo al diritto naturale dei valori dell’uguaglianza (“E pluribus unum”), ispirati ad una visione metafisica dell’uomo (“In God we trust”) e a quelli della libertà, del diritto alla vita e al perseguimento della felicità che i padri fondatori derivarono da Gaetano Filangieri, un giurista napoletano.

La fine di quel secolo vide dopo pochi anni la Rivoluzione Francese, che confermò con la Dichiarazione dei diritti, nel 1789, la necessità che una vera società dovesse fondarsi proprio sui valori poco prima incisi nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Nel 1795, poi, Kant scrisse l’opera “Per la pace perpetua” in cui richiamava la necessità che la pace dovesse fondarsi su quei princìpi che avevano trovato le prime radici negli stessi princìpi. Ma, come si dice, la strada verso il male è lastricata di buone intenzioni: i secoli successivi se le lasciarono rapidamente dietro e fecero ricorso sistematico alle armi per regolare le loro controversie.

Alla fine dell’Ottocento sia in Europa che negli Usa vi furono violenti scontri tra Paesi diversi, ma proprio negli Stati Uniti ebbe luogo la sanguinosa guerra di secessione tra unionisti e confederati. Nel corso della guerra si svolse la terribile battaglia di Gettysburg, dove in tre giorni perirono più di 80mila soldati delle due parti. Durante la consacrazione del cimitero costruito per accogliere le salme, il presidente Abraham Lincoln pronunciò un famoso discorso che è considerato una pietra miliare della democrazia americana. Egli ricordò come il sacrificio di quei giovani fosse un monito per le future generazioni a cui spettava il compito e la responsabilità di dimostrare che quei sacrifici non erano stati inutili, ma su di essi si doveva costruire una società di uguali fatta dal popolo, per il popolo e con il popolo; parole scolpite con il sangue nelle memoria delle future generazioni.

Il XX secolo non fu da meno quanto a sanguinosi conflitti, ma alla fine della Seconda guerra mondiale le coscienze scosse portarono, nel 1948, alla formulazione dei Diritti fondamentali dell’uomo con il richiamo all’uguaglianza, alla libertà e alla dignità di ogni singola persona del mondo. Ma solo dopo vent’anni, alla fine degli anni Sessanta, abbiamo cominciato a perdere la memoria delle buone intenzioni così oggi abbiamo cancellato nei fatti quei princìpi fondanti “la pace perpetua nel mondo”, a partire proprio dagli Usa, che si erano fatti paladini di quei valori. Proprio quest’anno la ricorrenza è avvenuta in una settimana densa di odio, di razzismo, di violenza inaudita espressione della negazione di quell’uguaglianza che dovrebbe essere alla base di ogni società umana come la desideriamo e pensiamo.

Oggi gli Usa si trovano di fronte ad un default socioculturale con una società che ha un livello di disuguaglianza che li colloca come Paese al terzo posto al mondo; l’incarcerazione più elevata al mondo (hanno il 5 per cento della popolazione mondiale ma il 23 per cento di quella incarcerata) un debito complessivo (pubblico e privato) che è quattro volte un Pil che non può crescere avendo delocalizzato la manifattura per seguire una finanza omicida ma hanno inondato il mondo di una finanza senza basi scientifiche ma basata sulla pura speculazione.

Da tempo non investono in infrastrutture ormai fatiscenti e nemmeno nei sistemi di welfare (il 18 per cento del Pil contro la media europea del 29 per cento), però hanno il 50 per cento delle spese mondiali in armi ed una industria bellica da riconvertire compreso un esercito in cui i casi di suicidio diventano sempre più elevati, un indebitamento delle famiglie che non ha precedenti nella loro storia, i posti di lavoro, ora necessari, che sono stati delocalizzati. Molte delle loro più importanti città sono in gran parte circondate da baraccopoli da Terzo Mondo.

Proprio gli Usa, portatori dei valori fondanti della democrazia, dell’uguaglianza e del diritto alla felicità sono, oggi, l’espressione più asimmetrica dei princìpi dei padri fondatori, con una società fortemente stratificata verso l’alto che ha cancellato la classe media e dimenticato il principio dell’uguaglianza mettendo fortemente a rischio la tenuta sociale del Paese. La domanda che il mondo si pone oggi guardando gli Usa è se saranno in grado di mettere in discussione un modello sociale e culturale che ha portato quella società ad una ristretta forma di oligarchia ben lontana dalla democrazia a lungo sbandierata ed in che misura la correzione della rotta non sia un’ulteriore spinta all’innalzamento di un conflitto che rischia di passare il punto di non ritorno.

(*) Ordinario di Programmazione e Controllo - Università Bocconi


di Fabrizio Pezzani (*)