Quel pasticciaccio brutto degli 80 euro

sabato 4 giugno 2016


Come testimoniano i miei numerosi articoli in merito, ho sempre considerato una sciocchezza sesquipedale il famigerato bonus di 80 euro. Una mossa decisa coi piedi e realizzata prima ancora di aver inserito il cervello, dalla nauseante finalità elettoralistica. Ma spesso accade - e in effetti è accaduto realmente - che tali furbate di una politica di piccolo cabotaggio, la quale nulla ha a che vedere con una riduzione intelligente dello spaventoso carico tributario allargato, si ripercuotano a mo’ di boomerang sulla testa dei sapientoni che le hanno elaborate. Tanto è vero che solo chi agisce sulla base di un irrefrenabile impulso alla caccia di voti poteva pensare ad un bonus che penalizzasse gli incapienti sotto gli 8mila euro di reddito e chiunque superasse di un centesimo il tetto massimo di 26mila euro lordi. Sta di fatto che a quanto pare oltre un milione e quattrocentomila lavoratori dipendenti, di cui ben 341mila di detti incapienti, saranno costretti a restituire in tutto o in parte il “regalone” elettorale voluto in prima persona dal Premier Matteo Renzi.

Con un Esecutivo dei miracoli in evidente imbarazzo per la grottesca vicenda, ha tentato di mettere una pezza Filippo Taddei, responsabile economico del Partito Democratico, nonché spesso brillante oratore televisivo in fatto di supercazzole: “Nessuno che avesse diritto al bonus di 80 euro lo perde. Chi non ne aveva diritto – perché guadagnava più di 26mila lordi – e l’ha preso, deve semplicemente pagare le tasse che doveva. In questo caso però ha beneficiato per lo meno del fatto che paga le tasse dovute più tardi”.

Insomma, traducendo questo alto pensiero politico con un detto popolare, Taddei esorta i malcapitati che avrebbero dovuto keynesianamente rilanciare i consumi a consolarsi con il classico aglietto. Tuttavia, al di là di questa ennesima commedia degli equivoci messa in scena dai rottamatori del buon senso, ridurre realmente le tasse è una cosa maledettamente seria e complicata e non può certamente essere affrontata con simili, quanto maldestri colpi di teatro. Occorrerebbe altresì un piano calibrato per un contestuale abbattimento della spesa pubblica, così da realizzare una generale riduzione delle aliquote a vantaggio dell’intero sistema economico. Niente a che vedere con la partita di giro fiscale degli 80 euro messa in campo dal genio fiorentino il quale, non dimentichiamocelo, a tale scopo ha letteralmente massacrato il risparmio investito e la previdenza complementare.

Il combinato disposto di questo caos è abbastanza evidente. I consumi non sono affatto aumentati mentre, cosa particolarmente grave, è cresciuta la già alta incertezza tributaria che da tempo paralizza ogni forma di investimento di media e lunga durata. Complimenti mister president!


di Claudio Romiti