Il costo del troppo

giovedì 2 giugno 2016


Le solite inutili scontatezze, lo diciamo con rispetto e delusione, ma da decenni i sermoni della Banca d’Italia sono esattamente gli stessi e dunque in fotocopia.

Del resto la stessa Bankitalia è uno di quei cosiddetti carrozzoni che, specialmente da quando è nata la Banca centrale europea, si fa fatica a giustificare, soprattutto pensando a quel che non ha fatto. Ovviamente vi risparmiamo l’elenco degli scandali che da anni imperversano nel mondo bancario, dai quali puntualmente Bankitalia esce priva di ogni minima colpa. Eppure, andando a rileggerne la storia fin dalla nascita, di fatti gravi intorno a questa importante istituzione ce ne sono stati eccome, ma chissà perché da quando c’è l’Euro può succedere di tutto, ma Bankitalia non c’entra mai.

Sia chiaro, noi rispettiamo fino in fondo i risultati di ogni approfondimento attorno ai tanti disastri accaduti, però visto che la possibilità del dubbio e della perplessità ancora non è reato, ci sia consentito di averne. Del resto, di sermoni di tanti dirigenti apicali dei carrozzoni dello Stato di ogni settore siamo ormai abituati. Siamo abituati ai soliti consigli, alle solite analisi, alle solite raccomandazioni che, ovviamente, attengono al comportamento degli altri, perché del comportamento degli istituti che guidano questi signori non parlano mai. Mai un’autocritica, mai una censura, mai un’ammissione di qualche sbaglio o leggerezza compiuta, solo e sempre quello che gli altri dovrebbero fare per migliorare le cose.

Lo abbiamo sentito dall’Inps, dalla Consob, dalla Bankitalia, dalla Cassa depositi e prestiti, dalle Autority, insomma più o meno da tutti gli enti che guardano nelle stanze altrui e mai nelle proprie. Eppure, da guardare all’interno di questi organismi ci sarebbe eccome: l’efficienza, la puntualità, l’enormità degli organici, l’esosità dei costi, la dimensione degli stipendi, la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Perché sia chiaro, direttamente o indirettamente tutto ciò pesa sulle nostre spalle, viene cioè pagato in larga parte con il frutto dei nostri sacrifici e con l’enormità di tasse che gravano sulla nostra esistenza. Dunque, sentirli pontificare dall’alto di emolumenti da nababbo, garantiti dalla certezza dello stipendio pubblico, francamente un po’ di inquietudine viene. Del resto che l’enormità dell’esercito dei dirigenti, funzionari, capi e sottocapi, fino ai semplici impiegati della macchina statale, ci costi uno sproposito, offrendo in cambio poco o niente, l’hanno capito tutti i cittadini. Basterebbe confrontare la media degli stipendi degli uomini di Stato in Europa, dai livelli più alti a quelli meno, con i nostri, per rendersene conto. È un confronto disarmante, dalla Corte costituzionale al più piccolo ente territoriale, viene fuori un quadro che imporrebbe riflessioni e interventi immediati. Ci costa troppo, ci costa un’immensità, ci costa una cifra che non è più né sopportabile né compatibile.

Da noi insomma l’apparato statale è un vero e proprio buco nero di esborsi, che anche il più florido dei Paesi farebbe fatica a sostenere, figuriamoci l’Italia. Come se non bastasse questo, la corruzione, le ruberie, gli sperperi e il malaffare fanno il resto, Ecco perché ci troviamo in queste condizioni, con un debito stellare che non scende di una virgola. Oltretutto, e qui c’è la beffa, a fronte di tanto, la qualità dei servizi, dei sostegni e dei benefici che i cittadini ottengono in cambio è a dire poco vergognosa. La verità è una sola e qui non si stratta di modificare la Costituzione, anzi, di stravolgerla per far funzionare l’Italia; si tratta di avere la forza e il coraggio di smantellare un apparato pubblico che nemmeno Paperone potrebbe sostenere. Solo così se ne potrà uscire e tutti lo sanno, a partire da quei soloni che pontificano sulla povertà, sulla crisi, sulle difficoltà della gente, guardando a fine mese il proprio cedolino da capogiro. Troppo facile. In fondo quello che il “sinistra pensiero”, tanto amato da questi burocrati, non ha mai voluto ammettere è che per redistribuire ricchezza non c’è solo il fisco. Per ottenere il risultato basterebbe, infatti, dimezzare da subito superstipendi e regali di Stato destinandoli a chi merita e ha bisogno.


di Elide Rossi e Alfredo Mosca