Draghi salva l’euro ma non fa i conti con Renzi

sabato 23 gennaio 2016


Già una volta, l’anno scorso, Mario Draghi presidente della Banca centrale europea, si è “armato” di Quantitative easing e ha dato la scossa all’economia europea e in particolare a quella italiana.

Con quella liquidità immessa nel sistema, insieme al calo del prezzo del petrolio, il 2015 si è chiuso in Italia con il timidissimo 0,7 per cento, che è niente in confronto a quanto realizzato in altri Paesi europei. Adesso Draghi ripete l’immissione cercando di salvare così l’euro, portando in negativo il costo del denaro affinché si consumi di più. In Italia il Pil cresce sempre poco a causa della assenza di governi legittimamente eletti che facciano quanto devono. La speculazione si è quindi avventata attaccando le banche italiane, quelle cioè più esposte perché rimaste senza rete di protezione dato che Matteo Renzi, insieme ad amici e parenti, si è disinteressato e occupato di salva-Boschi piuttosto che di bonus ed altre cosucce indecenti e pseudo elettorali per sé, a differenza per esempio delle banche tedesche o francesi che sono state messe in sicurezza per tempo.

Draghi ha dunque ripreso il bazooka della Bce, ha promesso di non alzare i tassi e ha affermato che, al contrario, forse li porterà sotto zero, e in primavera immetterà altra liquidità nel sistema; “A marzo il Quantitative easing accelererà - ha dichiarato Draghi - e i tassi potrebbero ridursi. No a nuovi aumenti di capitale delle banche italiane”. E Piazza Affari ha risposto molto positivamente.

La Germania ovviamente è molto contraria a tutto questo, come lo è già stata appena un anno fa. Ora con questa nuova manovra si dovrebbe placare l’attacco contro le banche italiane, e di riflesso all’economia italiana. Ma quanto si potrà andare avanti così? Draghi evidentemente, non andando al redde rationem, cioè a presentare il conto a nome degli italiani a Renzi e soprattutto a Napolitano, per ora sta cercando di salvare l’euro. Tenendo bassi i tassi ed immettendo liquidità nel sistema, il numero uno della Bce spera così di far riprendere i consumi riavviando l’economia italiana. Se si consuma si spende, se si spende c’è più richiesta di produzione e così via, influendo tutto ciò sull’occupazione. Riducendo i tassi infatti si rende non conveniente mantenere il denaro nei conti correnti, anzi sconveniente, di conseguenza si rimette in circolo il denaro spingendo le persone a spendere invece di risparmiare.

Bisognerà vedere se l’operazione funzionerà. Quale controindicazione c’è che oggi questa operazione non aiuta il Paese sul lato della democrazia, perché non fa emergere in tutta la sua problematicità il nodo fondamentale degli ultimi tre governi non eletti, cioè l’assenza della loro legittimazione democratica. E l’economia non va da nessuna parte senza legittimazione popolare. L’economia viene fatta precedere alla politica, ma l’economia non può essere decisa né attuata partendo dalla assenza di legittimazione democratica, cioè del consenso espresso del popolo che decide e riceve gli effetti – benefici o nocivi – di quella economia. E ciò vale sia in Italia che altrove.

Senza il riassetto politico interno all’Italia, e dell’Italia in Europa, senza l’Europa politica a fare da “testa” anche all’economia europea così come di ciascun singolo Stato membro, il nodo gordiano viene sempre prontamente al pettine, anche per i draghi europei.


di Francesca Romana Fantetti