La Bce non è organo politico

sabato 21 novembre 2015


Le politiche espansive adottate dalle banche centrali dagli anni Settanta sono state attuate nella speranza di contrastare l’aumento della disoccupazione tramite lo stimolo della domanda, a fronte dell’incapacità ed inattività dei governi nell’attuazione di vere riforme e vasti investimenti pubblici.

Oggi la Cina è in piena frenata, il Giappone in recessione, l’Europa in difficoltà e negli Stati Uniti scarseggiano gli investimenti pubblici. La Banca centrale europea, di fronte alla crescita inadeguata ed alla disoccupazione ed inesistenza di creazione di posti di lavoro, ha seguito ed implementato una politica monetaria espansiva; ovvero, ritenuto che la causa sia la domanda inadeguata, vi ha posto come rimedio una politica monetaria espansiva, in pratica ha immesso liquidità. Questa politica è stata posta in essere per la prima volta nel 1960, quando si pensava che disoccupazione ed inflazione si compensassero essendo in qualche modo correlate. Al contrario, l’inflazione si è impennata nei successivi anni Settanta, cosa predetta da Friedman e da Phelps rispettivamente nel 1967 e 1968. Paul Volcker negli anni Ottanta ha cercato di affrontare il problema ma la politica di allentamento monetario è riaffiorata, attuata a seguito del crollo delle Borse nel 1987 e poi ancora nel 1991, nel 1998 e nel 2001.

Appena l’economia si riprendeva, nessuna politica e nessun politico ha posto in essere strategie restrittive, approfittando della situazione positiva del vento in poppa soffiato dall’esterno. Vi era e vi è tuttora la convinzione che tenendo l’inflazione sotto controllo, tutto debba marciare nel migliore dei modi e che, se emerge un problema, sarà la nuova iniezione di liquidità a risolverlo. I governi politici hanno sempre pensato che il gettito fiscale realizzato sia strutturale, cioè sicuro, e non ciclico cioè variabile, e lo hanno speso immediatamente. L’economia è stata considerata dunque più una macchina che una reale interazione umana di agenti variabili, umani appunto.

A questo punto, in questo momento, dove ci troviamo può quindi accadere che, data la politica economica espansiva attuata dalla Bce, si possa avere in Europa una crescita globale lenta o ancora più lenta a fronte del debito che aumenta. I tassi rimarrebbero bassi e si abbasserebbero sempre più, e anche le banche sarebbero indebolite dall’aumento dei prestiti non performanti, che non danno utili; domanda e offerta di credito rimarrebbero/rimarranno passive. Dall’inflazione dal tasso sempre più basso si passa facilmente alla deflazione ed al crollo dei prezzi ed all’aumento del peso reale del servizio del debito. La deflazione avrebbe effetti negativi sulla spesa corrente e la crisi si protrarrebbe e, per farle fronte, servirebbe una sempre più aggressiva politica espansiva monetaria, nel tentativo di cercare di stimolare ed incentivare la spesa e l’espansione dell’economia reale, evitando così lo spettro della deflazione.

Se invece si verificherà, ma non è detto, una crescita più veloce nell’economia globale, l’inflazione crescerà e, se il mercato reagisce in maniera ordinata, la politica monetaria potrebbe essere più restrittiva ed i tassi bassi dei titoli crescerebbero solo lentamente – meno del tasso di crescita reale – e ciò implicherà/implicherebbe una riduzione graduale del peso del debito sul lungo termine. Se differentemente il mercato reagisce in maniera disordinata, i tassi salirebbero più velocemente rispetto al tasso di crescita dell’economia reale e questo comporterebbe un servizio del debito più oneroso.

Qualsivoglia sarà lo scenario economico futuro, e tenendo ben presente che l’economia non è a sé stante rispetto al terrorismo islamico, la ristrutturazione del debito potrà avvenire probabilmente, con maggiore successo, capitalizzandolo per fare fronte alle eventuali crisi e ripartendolo per prevenirle. Ristrutturare il debito potrebbe portare a sua volta alla capitalizzazione delle banche ed anche alla loro chiusura, una volta prevista legislativamente. Per incentivare la crescita e la capacità di ripagare i debiti devono essere perseguite aggressivamente le riforme strutturali, vere non finte. È necessario a tal fine liberare il settore dei servizi, liberalizzandolo e rendendolo funzionale alla crescita. Ed è altrettanto fondamentale porre in essere ed aumentare significativamente gli investimenti pubblici nelle infrastrutture, con effetti sull’espansione della domanda e dell’offerta, consentendo la crescita. L’allentamento fiscale a breve termine può essere intrapreso con piani attendibili di comunitarizzazione e diminuzione graduale del debito sovrano.

Oggi i governi si affidano e vivono di politiche e stimoli delle banche centrali, del denaro facile da queste immesso e che sono così in grado di minacciare la stabilità politica e sociale dei Paesi. Capitalismo e democrazia stanno dimostrando di camminare e procedere separati. La burocrazia ha trasformato l’Europa e l’Italia in un immenso apparato amministrativo costoso e pervasivo, inefficiente e clientelare. A fronte delle crisi, ormai sistemiche e congiunturali, ogni modello economico è carente ed incapace di impedirle e prevenirle, anche con tutte le banche centrali della terra a disposizione che decidano circa la politica monetaria.


di Francesca Romana Fantetti