Gli Agnelli allargano l’impero di carta

giovedì 29 ottobre 2015


La famiglia Agnelli, e per essa John Elkann, ha compiuto il grande salto nell’editoria internazionale. La finanziaria Exor ha completato, la settimana scorsa, l’acquisto del 43,4 per cento del settimanale inglese “The Economist”. Possedeva già dal 2009 il 4,7 per cento delle azioni ma ora sborsando 287 milioni di sterline ( circa 392 milioni di euro) all’editore Pearson che esce dall’editoria avendo venduto anche il Financial Times ( 844 milioni di sterline) il gruppo torinese espande il suo orizzonte.

“The Economist” è più di un semplice settimanale economico che esce il giovedì dal 1843. Rappresenta un mondo politico e industriale che dall’Inghilterra si è affacciato sul mondo. La sua distribuzione di circa un milione di copie è infatti per il 51 per cento nell’America del Nord, per il 15 per cento in Gran Bretagna e per un altro 20 per cento nel resto d’Europa. L’aumento dell’investimento in Economist evidenzia l’interesse di John Elkann per l’editoria, passione che gli deriva dagli insegnamenti dello zio Giovanni Agnelli che oltre agli studi di ingegneria a Torino lo spingeva a prendere direttamente conoscenza dei meccanismi del quotidiano La Stampa.

Con le operazioni portate avanti da Sergio Marchionne negli Stati Uniti con la Fiat-Chrysler e la quotazione della Ferrari (la matricola del Cavallino rampante ha fatto il pieno a Wall Street), un settimanale dal prestigio economico e liberal come l’Economist era essenziale per il gruppo dopo che due anni fa il presidente e amministratore delegato di Exor era entrato nel board di News Corporation, la società editoriale del gruppo di Rupert Murdoch che sta lanciando anche in Italia per la tv satellitare un’ulteriore sfida sul futuro con Netflix dopo Sky. La spinta all’operazione è venuta anche dalla constatazione dell’enorme potenziale dell’Economist e dalla capacità di cogliere le opportunità di sviluppo che derivano dalla digitalizzazione del settore dei media.

Oltre ai dividendi il discorso si sposta sulla strategia globale dell’informazione e della comunicazione. L’investimento in Economist rientra nell’ambito di altre importanti partecipazioni possedute nei media da parte della famiglia Agnelli. Il punto di riferimento resta Torino con “La Stampa”, diretta da Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso dai brigatisti rossi, la quale con la creazione della società “Italiana Editrice” pubblica anche il maggiore quotidiano di Genova: “Il Secolo XIX”. Consolidata la diffusione e la penetrazione nel Nord Ovest, il gruppo di Torino controlla anche quasi il 20 per cento del gruppo Rcs (attraverso Fca) che edita il “Corriere della Sera” e “La Gazzetta dello Sport”.

L’influenza della famiglia Agnelli si estende anche in Francia con partecipazioni nel quotidiano parigino Le Monde con impostazioni radicali di sinistra e nel Banijay Group. Quello che pochi hanno messo in evidenza è la partecipazione nel gruppo americano Random House, la casa editrice americana acquistata dalla tedesca Bertelsmann, una delle maggiori aziende multimediali al mondo, fondata nel 1927. Elkann, quindi, spazia dalle amicizie inglesi a quelle americane, da quelle tedesche a quelle francesi. Le case editrici che fanno parte del gruppo Random House includono anche Bantam Books e del Publishing e distribuisce i libri Rizzoli e l’editoria del National Geographic. Per avere un’idea della grandiosità del gruppo basti dire che la sede è al civico numero 1745 di Broadway, il noto viale di Manhattan nel grattacielo Random House Tower di 52 piani e alto 208 metri. La Random è anche una delle più grandi imprese editoriali di Londra.

I contatti e gli acquisti di John Elkann sono basati sulla convinzione che nei prossimi 3 anni il panorama dell’editoria cambierà notevolmente, anche sulla base degli sviluppi della tecnologia digitale. A questo proposito il presidente della Federazione editori, Maurizio Costa, ha preso atto con soddisfazione che nella Legge di stabilità, all’esame del Parlamento, sia stata equiparata per i giornali quotidiani e per i periodici l’aliquota Iva al 4 per cento a quella degli e-book. Secondo gli editori questa misura asseconda la trasformazione dei modi di consumo dei prodotti editoriali, promuovendo la lettura soprattutto tra i giovani. L’agevolazione fiscale per le copie on-line disponibili su varie piattaforme potrebbe, secondo gli editori, favorire l’aumento degli abbonamenti, aspetto critico dell’editoria italiana. L’incremento degli abbonamenti potrebbe salvaguardare il giornalismo tradizionale nella delicata fase di transizione tecnologica di tutto il sistema editoriale.


di Sergio Menicucci