Le tasse aumentano, Renzi vada a casa

sabato 13 giugno 2015


Tasse sempre più alte, spesa pubblica che aumenta, crescita inesistente. Si aggiungano i governi non eletti e le sparute riforme, queste ultime pure sbagliate. La Corte dei Conti ha sostanzialmente detto questo nell’ultimo rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, disperando su ogni possibile previsione di crescita contenuta nel Documento di economia e finanza (Def).

La vera crescita, secondo i contabili, “non è conseguibile in assenza di interventi profondi, capaci di rialzare le dinamiche della produttività totale dei fattori”. E alla crescita, alla Corte dei Conti, tengono come e più di tutti, anche perché chi li paga! Ecco quindi dettare la linea dicendo che “quello che serve all’Italia è una traiettoria macroeconomica ambiziosa” che preveda anche una ridefinizione del welfare, vale a dire il taglio di vitalizi e pensioni. E siccome sono tutti a libro paga di Pantalone, cioè nostro, ecco che subito i sindacati accorrono con la segretaria della Cisl, che dice di voler “condividere gli obiettivi con le forze sociali” per decidere tagli alla spesa pubblica. Cosa che non si farà mai, dato che bisognerebbe cominciare da tutti loro, dalla Corte dei Conti ai sindacati. La zavorra del Paese è il fisco, che non è arrivato di recente ma è risalente nel tempo e tramite la tassazione esosa è stata da sempre finanziata l’intera burocrazia amministrativa e giudiziale italiana, e come corollario, non certo da meno, il sindacato tutto.

Dal 2008 ad oggi sono state ben cinquanta le manovre di bilancio e le specifiche iniziative legislative, con ottocento misure circa che hanno movimentato 520 miliardi di euro. Con tasse in più per 150 miliardi di euro. Il fisco locale si è scatenato e la quota in entrata per le autonomie locali è di fatto più che raddoppiata in una ventina d’anni, specificamente dall’11,4 per cento del 1995 al 21,9 per cento del 2014. Imu e Tasi a gogò. Un carico da bestie da soma, gli italiani.

“Non possono sottovalutarsi le difficoltà di realizzare pienamente il programma di spending review a motivo degli ampi risparmi già conseguiti per le componenti più flessibili e per il permanere di un elevato grado di rigidità nella dinamica delle prestazioni sociali”. Detto in altre parole, i nostri stipendi e privilegi non sarà facile toglierceli. Il blocco delle retribuzioni nel pubblico impiego verrà presto dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale, che è la medesima Corte che ha fatto avere fino all’ultimo euro le esose pensioni ai pensionati d’oro e che mantiene per sé trattamenti inimmaginabili e “blindati” ad ogni possibile riforma, tanto che i “vecchietti” della Corte se la spassano mentre i loro stessi nipoti sono costretti a chiedere ai nonni l’elemosina ed a correre all’estero per provare ad avere un futuro retribuito da camerieri. Si tenga infine presente che si sono elargiti finora 51 miliardi di agevolazioni fiscali tra il 2008 e il 2015, a fronte di tagli per soli 10 miliardi. L’Italia è cresciuta solo di tasse, non altro.


di Vladimiro Iuliano