venerdì 27 marzo 2015
Nei miei recenti lavori sulle anatre zoppe e la contrapposizione tra sistemi lineari ed esponenziali ho cercato di evidenziare come, per una possibile ripresa dell’economia europea e italiana, non sia sufficiente e spesso sia addirittura controproducente investire in settori lineari anche se si presentano promettenti, redditizi, creatori di lavoro e competitivi. I sistemi lineari evolvono senza rotture e sono tipici di governi, sistemi politici, organismi regolatori, di molte grandi aziende, mentre quelli esponenziali tendono a moltiplicarsi ed esplodere in nuove soluzioni, ossia, come le start-up della Silicon Valley, sono innovatori, creatori e distruttori che vogliono cambiare il gioco, e spesso non sono accettate, se non aggredite.
Un’attenzione rigorosa è indispensabile, oggi più che mai, dato che è in atto una certa ripresa e si sta verificando una crescente propensione agli investimenti, i quali debbono essere rivolti a settori destinati ai grandi sviluppi, particolarmente quelli a tendenza esponenziale, mentre si debbono evitare quelli rivolti ad attività – delle quali spesso non si intuisce bene il futuro – che sono lineari e rischiano di diventare appannaggio dei paesi Brics se non di quelli che stanno uscendo dal sottosviluppo. Il presente lavoro, pertanto, esaminerà alcuni degli sviluppi che si stanno prendendo in considerazione in Europa e in Italia, altri concepibili, altri ancora a rischio.
Pensa diverso. Ogni essere, sistema, oggetto può essere migliorato
Nella Silicon Valley c’è chi pensa che si debba fare di più: persone, gruppi aziende lavorano bene, pensano “big”, ma non sfruttano tutto il potenziale intellettuale e la creatività in modo da cambiare lavoro, pensiero, modo di vivere. Tutto si può cambiare, migliorare utilizzare pienamente se davvero lo si vuole, se si è geniali e non si ha paura di un mondo diverso che sconvolge ogni regola del passato. Tutto si può fare più in fretta: nel 2003 la prima lettura del genoma umano ha richiesto il lavoro di 2800 scienziati per 13 anni, oggi bastano pochi giorni. Cibo e agricoltura si sono sempre modificati. Pane e pizza hanno beneficiato del grano geneticamente manipolato. Il futuro del pomodoro San Marzano, in via d’estinzione, è nelle mani della bioingegneria, a meno che le leggi non lo proibiscano. Si stanno realizzando cellule e tessuti per produrre carne sintetica, con risparmio di risorse, acqua, terreno. In questi ultimi mesi in Italia si è prodotto l’unico vaccino anti-ebola. Si può accrescere l’intelligenza degli animali: nel febbraio di quest’anno Current Biology ha pubblicato come, modificando il loro DNA con segmenti di cromosomi umani si ottengono topi più intelligenti. In modo analogo si è modificato il cervello di due piccole scimmie. L’emergere di nuove creature biologiche o elettroniche intelligenti ha conseguenze economiche, sociali, etiche e religiose sbalorditive, che vanno gestite, ma accettate.
Si pensa anche al nuovo uomo, al transumanesimo, che la comunità scientifica ha considerato finora poco credibile, ma che l’accelerazione del progresso tecnologico comincia a inquietare come se si fosse aperto un vaso di Pandora: l’uomo di domani avrà caratteristiche “aumentate” grazie all’intelligenza artificiale e a modifiche genetiche. Nessuna paura, da sempre gli oggetti dell’uomo sono “PIÚ”: forti, veloci, produttivi, capaci; domani sarà l’uomo stesso ad acquisite le proprietà avanzate oltre a quelle che costruirà per i suoi strumenti.
La gente ha paura, non vuole le cose nuove, gli Ogm, i cambiamenti.
Un appello pubblico chiede che gli scienziati siano più semplici; ma quello che si conosce davvero è semplice, anche se la gente non lo capisce perché è abissalmente ignorante. Aristotele insegnava retorica (ossia l’arte di raccontare) e logica, e la metafisica dopo la fisica, ossia la conoscenza della natura. Oggi non si sa quasi nulla, se non una miriade di nozioni per fare modesti lavori o rispondere a quiz della tv. E’ da poco morto Ulrich Beck, teorico della società del rischio; affrontare l‘ignoto, inventarlo, è il solo modo per vincere i rischi. La gente teme le cose nuove e “lontane” (Danilo Di Diodoro si chiede perché temiamo il lontano Ebola e non la vicinissima influenza) e crede di conoscere quelle usuali, che in realtà non conosce; non sa cosa sia un atomo, un gene, il sole, la vita, qualsiasi cosa anche semplicissima, e giudica, nel bene e nel male, non usando conoscenze ma ideologie spesso banali, inconsistenti se non ridicole. I politici sfruttano credenze e sensazioni e le maggioranze vincono: è ovvio che tale “democrazia” serve sempre meno e consente ai costruttori di regole (i burocrati, ossia le cimici di Majakovskij) di governare. Purtroppo, come disse Churchill, la democrazia è ancora il metodo meno indecente per governare, ma costringe a sviluppi lineari e non esponenziali.
Come prepararsi a un futuro esponenziale
In Inghilterra l’epoca vittoriana non aveva dubbi: l’atteggiamento razionale della scienza era il rimedio dei problemi economici, sociali e politici del paese e la macchina da stampa a vapore portò a una diffusione delle conoscenze senza precedenti con il rivolgimento del pensiero e dei costumi. Oggi occorre un’altra rivoluzione che provochi un analogo rivolgimento: di fatto un numero crescente di persone cerca di fare cose nuove anche se le pastoie di leggi, regole, vincoli delle burocrazie e delle convinzioni, delle credenze ideologiche e religiose della gente lo renda difficile se non impossibile. Un caso emblematico è Uber, il nuovo modo di offrire un servizio di trasporto automobilistico, che viene vietato, innanzitutto in Europa, ed esaltato in America a partire dalla California, perché è libero, semplice, meno costoso. Come Uber, un gran numero di attività potrebbe essere liberato dai vincoli delle regole burocratiche: gli inventori delle nuove imprese, sono i geni di oggi, persone che vedono quello che gli altri non riescono a immaginare. Nella sola Francia sono stati venduti nel 2014, per piacere o per trasportare oggetti, 100mila droni.
Mentre governi e imprenditori si dànno da fare per sostenere l’automobile anche con innovazioni (auto ibrida o elettrica ad esempio), il suo destino è di diventare autonoma, escludendo guidatori e rivoluzionando così ogni tipo di trasporto, come sta studiando Tesla. Se ne parla poco, come di un futuribile marginale, ma in California è vista come l’auto che, nel 2020, Apple metterà sul mercato, concorrente di GM e Volkswagen; in Europa solo Le Monde ne ha parlato come di una minaccia per il mondo sonnacchioso dei produttori convenzionali, non solo di auto ma di ogni mezzo che può essere gestito da sistemi robotico-informatici, che stanno esplodendo e invadendo ogni attività delle macchine e della scrivania... Ma esplodono altre attività fondamentali come medicina e salute. Nuovi farmaci stanno rendendo obsoleta la chemioterapia rivoluzionando, entro quest’anno, quasi ogni terapia dei tumori, mentre si stanno studiando e ottenendo – per o sugli animali – farmaci che rallentano drammaticamente i processi di invecchiamento e, ancora, si sono realizzate stampanti 3D che costruiscono farmaci molecolari.
I governi oggi decidono indirizzi e “governance” non solo degli stati, ma di imprese e attività delle quali non conoscono quasi nulla (si pensi in Italia alla Rai), mentre in qualche parte del mondo si inventano nuovi modi e strumenti rendendo leggi e regole non soltanto inutili, ma freni e ostacoli allo sviluppo delle nuove soluzioni. Regole e leggi vanno distrutte e comunque mai concepite senza l’aiuto di chi inventa il nuovo. C’è chi dice “addio pc” perché nel nostro destino c’è lo “smartphone”; ma se non questa ci sarà comunque un’altra nuova soluzione, distruttrice e creatrice al contempo, a sostituire le vecchie (anche di pochi anni) soluzioni. I sistemi lineari che restano in piedi rimangono “proprietà” dei vecchi capi che accumulano (o rapinano?) ricchezza a spese di lavoratori convenzionali sempre più poveri, anche perché poco utili, mentre solo gli innovatori esponenziali riescono a farsi una loro strada. La Silicon Valley non è mai stata così euforica e le sue prospettive sono di scardinare non solo l’economia, ma la politica e la burocrazia. Mentre noi stiamo riformando la costituzione pensando di sostituire l’inutile senato con l’implosione dello stato nelle regioni, quasi mezzo secolo fa il mio amico Alexander King – fondatore con Aurelio Peccei del Club di Roma – pensava a una camera ristretta di persone libere che restassero per almeno una decina di anni a raccogliere, selezionare e portare avanti le idee più promettenti sul futuro. Del resto oggi l’America consacra Internet “bene pubblico” così da garantirne la neutralità. “De minimis non curat Praetor”; stato e governo non mettano bastoni fra le ruote a imprenditori e innovatori, ma si preoccupino delle grandi linee guida dello sviluppo.
Dicono che le cose vanno meglio e che è giunta l’ora di investire.
È certamente cosi, ma lo era anche ieri, un anno fa o più, ma occorreva volerlo e saperlo fare: governo e politici, industriali e finanzieri, lavoratori e sindacati. Oggi le cose non vanno molto meglio, basta leggere la stampa, ascoltare i media, sentire gli imprenditori, soprattutto vedere cosa purtroppo fa la politica. Si può scommettere che si investirà soprattutto nelle moribonde soluzioni del passato: leggi e regole, strutture rigide e vincolanti, prodotti stranoti, e assai poco nel nuovo, nell’incognito che distrugge le concezioni superate – e il relativo lavoro – per pensare ai nuovi trasporto, comunicazione, agricoltura e biologia, all’artigianato che ripara, conserva, rinnova tutte le strutture valide, ai servizi a misura di utente: basta con le code e gli uffici frammentati, ma bancomat parlanti, uffici collegati, lavoro in collaborazione e non in gruppo. Ossia gli investimenti debbono essere sostenibili.
Questo per cominciare; poi occorre costruire una società nuova che crei e distribuisca la ricchezza senza illudere che basta investire per realizzarla perché le tradizionali attività lineari non servono ed è inutile gridare per ottenerla. Soltanto le attività esponenziali possono creare ricchezza distribuibile.
di Giuseppe Lanzavecchia