Cosa bisogna fare dell’Europa unita

venerdì 9 gennaio 2015


All’Europa non è neanche pervenuta la supposta inutile richiesta di Renzi per avere flessibilità per il deficit italiano di bilancio pubblico, Renzi sbraita e proclama di avere detto ma certo nè la Commissione né il Consiglio l’hanno sentito. Mentre infatti, nello scenario europeo, la Francia ha deciso unilateralmente di violare le regole europee, l’Italia cincischia con gli pseudo fantocci alla Monti, supponenti quanto dannosi per noi tutti. Il Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi sta ormai da tempo cercando di negoziare l’ intrapresa di quantitative easing analogamente a quanto fatto negli Stati Uniti e in altri Paesi incluso il Regno Unito. Quest’ultimo infatti, pur avvantaggiandosi del mercato comune, ha una banca propria centrale libera di agire, differentemente dalla nostra Banca d’Italia bloccata dalle regole d’Europa.

E’ necessario cambiare in toto l’intera architettura europea. Il problema non sono infatti nuove politiche che, non fatte sinora, arriverebbero tardi, ma il cambiamento dell’intera architettura istituzionale su cui poggiano crescita e vita stessa dell’euro. Bisogna cambiare architettura se si vuole cambiare politica.

L’Italia non sta chiedendo ufficialmente una modifica dell’architettura europea, in Europa nessuno l’ha sentito dire, l’Italia ha solo bofonchiato malamente e unicamente di agire in violazione degli accordi europei, peraltro sottoscritti “grazie” agli sciagurati raccomandati di Napolitano. Mario Draghi non può a lungo chiedere di attuare politiche in contrasto con lo statuto attuale della Banca centrale europea perché più prima che poi rischia la paralisi tecnica della sua politica, con conseguenze gravi sull’economia europea, che, provata dalla deflazione sopravvive oggi grazie a quella. Per potere agire la Banca centrale europea deve modificare il proprio statuto rendendolo analogo o equiparandolo a quello proprio della Federal Reserve, prevedendo cioè la possibilità di allargare l’obiettivo di stabilità dei prezzi per potervi includere crescita e modi di immissione di nuovi euro, e per consentire di intervenire a difesa dei debiti degli Stati europei e del cambio estero dell’euro. Deve poter agire in maniera indipendente e pienamente responsabile. Senza tale fondamentale modifica, non solo non potrà operare, come ha già fatto, passibile di eccezione di illegittimità, ma anche, ove operi, sarà sempre irresponsabile, oltre che priva di legittimità.

Chiedere flessibilità, semmai la richiesta fosse sentita, ascoltata ed esaudita, comporterà l’accettazione di vincoli che faranno perdere all’Italia quel poco di sovranità fiscale di cui ancora dispone e il nostro Paese non sarebbe più Stato sovrano, ma una sorta di colonia economico politica. Posto che l’Europa non sta costruendo l’indispensabile Unione politica, è necessario che il nuovo presidente della Repubblica sia una personalità in grado di pretendere l’attuazione degli impegni di pace e di benessere che hanno indotto l’Italia ad accettare gli accordi europei siglati a Maastricht con la creazione dell’Unione europea, e ad Amsterdam con il Patto di stabilità e crescita, che nella sua seconda parte impone la crescita, e pone regole meramente ed essenzialmente funzionali ad essa.

Il problema europeo non è né il mercato comune, né l’euro di per sè, ma l’architettura errata su cui poggiano. Questa è ad oggi l’unica soluzione politica che il nuovo presidente della Repubblica e il nuovo governo eletto devono attuare, gestendo tale negoziato, costi quel che costi. Al contrario sarà la spaccatura irreparabile dell’Italia al suo interno, e del nostro Paese in Europa.


di Francesca Romana Fantetti