venerdì 19 dicembre 2014
Ci sono tasse in forma di tasse, tasse in forma di obblighi e tasse in forma di regolamentazioni. Il governo ne sta introducendo una nuova fattispecie: le tasse in forma di transazioni tra aziende controllate dallo Stato. Un emendamento del Ministero dell’Economia alla legge di stabilità qualifica tutti gli 8.000 km di rete elettrica di proprietà delle Ferrovie dello Stato come Rete di Trasmissione Nazionale “senza dedurre il valore dei contributi pubblici in conto impianti utilizzati per investimenti”. Può apparire una questione tecnica ma nasconde un tributo di circa 100 milioni di euro all’anno, o poco meno, sulla bolletta elettrica.
Ecco i passaggi. Le Ferrovie, negli anni, hanno costruito una vasta rete elettrica di proprietà. Da tempo si discute sull’opportunità di trasferirne alcune parti – circa 800 km – a Terna, operatore della rete elettrica nazionale, perché potrebbero effettivamente integrarsi e fornire utilità al sistema. I restanti più di 7.000 km, però, non portano alcun beneficio e, anzi, sono in parte fonte di costi o comunque richiedono interventi di bonifica. Logica, dunque, vorrebbe che Terna acquisisse la parte utile della rete, a un prezzo ragionevole, ed eventualmente si facesse carico anche della rimanente parte, sottraendo i costi di bonifica dal prezzo di cessione.
Invece, che accade? Il governo obbliga l’Autorità per l’energia e Terna a fingere che tutti gli 8.000 km siano “buoni”. In più, nella valutazione del prezzo, precisa che i contributi pubblici ottenuti dalle Ferrovie non devono essere dedotti, e informalmente fa sapere che il prezzo di cessione deve aggirarsi attorno a un miliardo di euro. Tale corrispettivo sarebbe ricuperato da Terna (che non pare essere entusiasta dell’operazione) attraverso un incremento delle tariffe di rete pagate da consumatori elettrici.
Traduzione: il governo obbliga una sua partecipata (Terna) a comprare un asset pagandolo a un prezzo multiplo del suo valore da un’altra sua partecipata (Ferrovie dello Stato). I soldi arriveranno dalle bollette future dei consumatori elettrici, che oltre tutto si troveranno non solo a strapagare l’opera, ma a strapagarla due volte, perché in buona parte l’hanno già finanziata con le loro tasse attraverso i trasferimenti alle Ferrovie. Traduzione ancora più terra-terra: il governo garantisce alle Ferrovie un sussidio attraverso una tassa occulta sul consumatore elettrico.
A chi si oppone alle politiche di privatizzazione e liberalizzazione una domanda: riuscite anche solo a immaginare una manovra del genere tra due imprese private?
Tratto da Istituto Bruno Leoni
di Giorgio Alfieri