Dipendenti strapagati ma fa tutto la Bce

mercoledì 12 novembre 2014


Bisogna immettere liquidità in Europa. La Banca centrale europea deve imitare il quantitative easing, ossia l'immissione di liquidità nel sistema finanziario, della Federal reserve americana o della Bank of Japan, in maniera massiccia tanto quanto è stato fatto lì, ovvero rispettivamente 800 miliardi di dollari e 600 miliardi, mica i mai visti investimenti di Junker l’evasore europeo di 300 miliardi in tre anni. I governi miopi come quello di Renzi hanno messo mano ai conti dei propri Paesi aumentando le tasse e tagliando gli investimenti, ma la crescita è da sempre stimolata tagliando gli sprechi della spesa improduttiva al fine di creare margini di bilancio per ridurre il carico fiscale e soprattutto aumentare gli investimenti pubblici.

E per fare funzionare con un maggiore attivismo le iniziative della Banca centrale europea ci vuole in Italia la tanto desiderata riforma della giustizia civile, in grado di velocizzare le ristrutturazioni dei debiti delle imprese, liberando così capitale e dunque credito. E soprattutto investimenti al fine di rafforzare il capitale delle imprese sane ma iper indebitate e spesso poco aperte a nuovi investitori per non perdere il controllo e per comprare i prestiti ristrutturati togliendoli dai bilanci delle banche – con la maggioranza degli investitori ormai terrorizzati dall’esporsi verso l’Italia -.

In Italia, il private equity, vale appena lo 0,2 per cento del pil. Dopo le obbligazioni garantite per circa 4,8 miliardi, la Banca centrale europea è pronta adesso a comprare i prestiti cartolarizzati, liberando un po' degli asset problematici delle banche; si tratta di un insieme di misure, assieme ai prestiti Targeted long term refinancing operation, che pone in essere un’operazione di rifinanziamento mirata a lungo termine che dovrebbe sortire un impatto sul bilancio della Bce che si vorrebbe riportare a tremila miliardi del 2011 e che, attualmente, si aggira intorno ai duemila.

Tra le riforme strutturali da fare in Italia vi è quella relativa alla Banca d’Italia, dato che, oggi, la vigilanza sui maggiori gruppi bancari europei è passata in blocco alla Banca centrale europea. La Banca d’Italia è un organismo pesante per le casse dello Stato italiano, avendo spese di amministrazione per 441 milioni, e pagando pensioni per 293 milioni, oltre che, ai suoi vertici, non si applica il tetto dei 240 mila euro di stipendio. Si avvale ancora di qualcosa come 7.027 dipendenti, di cui 4.431 presso l’amministrazione centrale e 2.596 nelle filiali territoriali, e il costo complessivo degli stipendi, sulla base dell’ultimo bilancio 2013, è di 599 milioni di euro. Si tratta di una retribuzione media lorda pro capite di oltre 80 mila euro l’anno.

Il conto però sale a 801 milioni se si comprendono i contributi previdenziali e le altre spese per il personale, incluse diarie e missioni per trasferimenti. E questi sono solo una parte degli 1,8 miliardi di spese e oneri diversi che ogni anno la Banca d’Italia sottrae allo Stato. La Banca d’Italia sostiene “tecnicamente” di non rientrare nel perimetro delle pubbliche amministrazioni, in modo tale da sfuggire alla applicazione della norma che vieta a chi già riceve la pensione di ottenere incarichi direttivi. Visco e Rossi, ad esempio, cumulano il trattamento previdenziale al già ricco stipendio.

In realtà la Banca d’Italia pesa tanto e tanto più come una pubblica amministrazione e non si capisce cosa debba essere se non un’amministrazione pubblica dato che lo è già dal nome e vi si entra per concorso pubblico. Ma oltre a ciò, sarebbe opportuno oggi domandarsi, alla luce del depauperamento delle sue funzioni, a cosa serva esattamente la Banca d’Italia oggi governata da Ignazio Visco (495 mila euro lordi l’anno, seguito dal direttore generale Salvatore Rossi 450 mila euro e dai tre vicedirettori Fabio Panetta, Luigi Federico Signorini e Valeria Sannucci 315 mila euro ciascuno)? Le 58 filiali, servono tutte? E’ necessario razionalizzare, considerato anche come, sempre in tema di stipendi, eroghi 31.710 euro lordi l’anno anche a ciascuno dei 13 membri del consiglio superiore, tra cui vi sono anche ex presidenti della Corte costituzionale.

Vi sono poi oltre ai 599 milioni di compensi, 441 milioni di spese di amministrazione, di cui 36 milioni di costi per l’assistenza sistemistica, 37 milioni per il noleggio e la manutenzione dei software, 36 milioni per gli oneri per materie prime e materiali per la produzione di banconote, 74 milioni per servizi di sicurezza e scorta valori, 58 milioni per la manutenzione degli immobili, 29 milioni per le utenze eccetera. Ora che la Banca centrale europea sta pretendendo informazioni dagli istituti che non appartengono ai grandi gruppi bancari per ottenere la vigilanza anche sugli istituti minori - istituti cosiddetti less significant, cioè quelli di 30 miliardi di euro e/o il 20% del pil, non inferiori ai 5 miliardi - , e che l’intera attività di vigilanza si sta quindi spostando dalle autorità nazionali alla Banca centrale europea, ci si dovrebbe chiedere se lo Stato italiano debba continuare a sopportarne i costi.

Ma la tendenza non sembra essere affatto in tal senso, dato che è di ieri la denuncia del centro studi di Unimpresa, che, dopo aver analizzato le misure contenute nella Legge di stabilità per il 2015, ha segnalato l’aiuto dato dall’attuale governo Renzi alle banche - italiane ed estere - che comprano titoli di Stato e che, in virtù dei bassi tassi di interesse, possono subire perdite legate ai contratti derivati sottoscritti in relazione all'acquisto delle obbligazioni del nostro Paese, ad esempio bot, btp, ctz. Il Tesoro darà agli istituti di credito garanzie speciali, formate soprattutto da liquidità congelata o da altri bond pubblici, in modo da proteggerli da eventuali ricadute negative derivanti dall'andamento del mercato delle obbligazioni pubbliche. Si autorizza il ministero dell'economia in sostanza a sottoscrivere con le banche garanzie bilaterali per la gestione dei derivati – è tutto scritto nell’art.33 della Legge di stabilità -.


di Francesca Romana Fantetti