Aspettando la ripresa: parole, parole, parole...

martedì 22 luglio 2014


Due giorni fa Bankitalia ha affermato che nel 2014 il Pil crescerà di un +0,2%, ma mette le mani avanti affermando che potrebbe essere peggio. Il governo Renzi ha annunciato un +0,8% ma nessun analista serio crede più raggiungibile questa soglia.

L’Istat, infatti, certifica che nel secondo trimestre 2014 il Prodotto interno lordo italiano è fermo, dopo il nuovo segno negativo risultato nei primi tre mesi dell’anno. Per inciso, secondo tutti gli organismi internazionali (Fmi, Banca Mondiale etc.), nel 2014 il Pil della Spagna dovrebbe crescere dell’1,2% e anche la disastrata Grecia ci supera perché torna a crescere con un + 0,5%.

Il debito pubblico italiano è ad un nuovo record: a maggio è salito di 20 miliardi a quota 2.166. Anche qui il governo è stato sonoramente smentito. Cosa più grave per noi cittadini, il massacro fiscale e i tagli (che pure ci sono stati) non sono serviti a nulla, perché è evidente che senza crescita si alimenta una spirale fatta di cassa integrazione e di aziende-contribuenti che saltano per effetto delle troppe tasse.

L’Istat ci informa che oramai in Italia ci sono 10 milioni di poveri relativi e 6 milioni di poveri assoluti di cui la metà al Sud. La produzione industriale continua a calare; nel mese di maggio il segno meno è dell’1,2%, mentre su base annua il segno negativo tocca l’1,8%. Per l’Italia è tragico perché siamo un paese industriale e la Cisl stima che siano a rischio nei prossimi mesi al 140mila posti. Del resto, nei primi sei mesi del 2014 in Italia sono già fallite 8.101 imprese, il 10% in più rispetto allo scorso anno, 63 fallimenti al giorno, un’impresa ogni ora.

Tutta colpa di Renzi? Assolutamente no, i problemi si sono stratificati negli anni ma il direttore del Sole24Ore qualche giorno fa ha titolato il suo editoriale «Il coraggio della verità» perché il giovane premier rischia di scivolare negli annunci che poi si riveleranno fallaci. Mentre un dato è certo, inequivocabile, il bonus sugli 80 euro, a parte l’iniquità (pensionati e famiglie monoreddito che non hanno avuto nulla), non ha prodotto gli effetti annunciati, perché non ha riattivato i consumi e stimolato la domanda. Lo chiarisce bene il dato sull’inflazione che resta freddo. Ha reso solo voti, come le scarpe di Achille Lauro che, ai prezzi dei tempi di oggi, valgono più di 80 euro.

Dunque, l’Italia è ferma, immobile. Solo le parole non scarseggiano, ce ne sono troppe, gonfie di retorica e di annunci. Se si potessero trasformare in euro saremmo di gran lunga i più ricchi al mondo.

Era il 19 agosto del 2012 quando Mario Monti intervenendo al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, affermava solennemente: «Vedo luce in fondo al tunnel, la fine della crisi non potrebbe essere così lontana». I media italiani, la gran parte proni al potente di turno, titolarono: «Vedo luce».

Sempre l’incomparabile professore, senatore a vita per meriti che ancora ci sfuggono, il 16 dicembre del 2011 aveva vergato di suo pugno la relazione presentata dal Tesoro al Parlamento (così riferisce l’Ansa delle 9,41) dove si certificava che nel 2011 il Pil avrebbe chiuso a un + 0,6% (ultimo anno di governo Berlusconi) per perdere poco, – 0,4% nel 2012, e tornare alla crescita nel 2013 con un +0,3.

Come è andata lo sappiamo: nel 2012 il Pil italiano è crollato di un -2,4%, mentre nel 2013 ha perso un altro – 1,9%. Rileggere le agenzie di stampa fa una certa impressione, sono pietre. Da Monti ci saremmo aspettati il rigore dell’economista, invece, il “senatore a vita”, il 4 febbraio del 2012, come riferisce l’Ansa, da Monaco dichiara: «Non siamo nel mezzo, ma verso la soluzione della crisi». Se l’amministratore di una società privata avesse riferito con una tale leggerezza numeri del bilancio, sarebbe stato rimosso immediatamente.

Berlusconi è stato assolto nel processo di appello del caso Ruby. Chi ha un minimo di buonsenso e chi conosce i fondamenti dello Stato di diritto (che è diverso dalla shari’a) sa che in quei fatti non c’era nulla di penalmente rilevante. Il tema era tutto politico, al limite etico: c’era un problema di stile, di accettabilità di certi comportamenti con la sobrietà e il rigore che si impone a un capo di governo. Angela Merkel, di recente, ha trascorso quattro ore nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli (che molti napoletani neanche conoscono), ha prenotato e pagato online due posti al teatro San Carlo e ha rifiutato il palco reale che gli era stato offerto.

L’errore storico di Berlusconi è nell’aver tradito il grande progetto riformista per cui tanti italiani lo avevano votato, il non essere riuscito a fare la “rivoluzione liberale” che doveva trascinare l’Italia fuori dalla palude cattocomunista. L’essere passato da Lucio Colletti, Antonio Martino, Raffaele Della Valle, Marcello Pera, a personaggi abborracciati degli ultimi anni che alimentano, a giusta ragione, il tema dell’impresentabilità del centrodestra.

Tuttavia, Berlusconi rischia di diventare come i Piemontesi al Sud. Dopo oltre 150 anni di unità nazionale e un fiume di denaro sprecato i meridionali continuano ad invocare la rapina al Meridione (che storicamente ci fu) per invocare i fallimenti degli ultimi decenni. Italia, Grecia e Spagna hanno cambiato i loro governi nello stesso periodo, ora Spagna e Grecia tornano a crescere l’Italia arranca.

La politica del colpo mediatico – ad usum del solo politicamente corretto – trova in Renzi un maestro. Si insiste per mandare la Mogherini (che in gioventù si era precipitata a farsi fotografare con Arafat) a fare il rappresentante europeo per la politica estera, ruolo quasi onorario, privo di consistenza e poteri reali. L’Italia, invece, rinuncia a ruoli pesanti e sostanziali, come il commissario all’Agricoltura (per il quale era tagliato il competentissimo Paolo De Castro) o quello all’Industria, luoghi dove si decidono stanziamenti e finanziamenti.

Monti ci aveva abituato ai nomi roboanti, “salva-Italia”, “cresci-Italia”, scatole vuote dell’inconsistenza, a Renzi mancano 428 decreti attuativi (fonte Sole24Ore) senza i quali le decisioni del governo sono solo parole. La verità è che la dittatura del politicamente corretto è salda e che il giovane premier ha subito abbandonato quel barlume di diversità che aveva fatto sperare in qualcosa di nuovo. Diceva l’intramontabile Giuseppe Prezzolini: «Il furbo è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere di averle».

Tratto da Notapolitica


di Gennaro Sangiuliano