I conti non tornano (mai) nel Bel paese

mercoledì 16 luglio 2014


Perché non c’è la certezza sui conti dell’Italia? Cosa hanno fatto sinora intere classi di politici, ragioneria dello Stato e Corte dei conti? Che conti controlla la Corte? E la ragioneria? E il Governo? E il Parlamento? Perché non si sanno e non si dispone della cifra certa delle entrate e delle uscite dello Stato italiano? Se ancora oggi nessuno è in grado di riportare oggettivamente i nostri conti, come si fa a governare? Che stanno facendo al Governo? Cosa hanno fatto i precedenti? E il monumentale apparato burocratico strapagato che vive a ridosso dallo Stato, in teoria lì per i conti, nella pratica che fa?

In una qualsiasi casa si fanno i conti, perché in Italia a nessuno è venuto sinora in mente? Ogni casa italiana, ogni famiglia, non ha il debito pubblico su cui “scaricare”, accrescendolo, il peso? Davvero da quando esiste lo Stato italiano, dobbiamo credere che siamo stati nelle mani di soggetti inutili e dannosi che, per rimanere a riempirsi la pancia dove si trovavano, aggravavano e caricavano il debito di tutti? Ad esempio, i famosi costi della politica, quelli delle organizzazioni sindacali sono certi? Si conoscono? La risposta è no, a quanto pare. Si tratta di pozzi senza fondo, mal gestiti se non a proprio vantaggio e soprattutto senza utilità alcuna per la collettività. Qualche cosina esce di tanto in tanto dalla Corte dei conti (che in ogni caso recupera essa stessa meno di quanto spende e costa), che si affretta a dire che non esiste né la definizione univoca dei conti pubblici né una loro quantificazione condivisa. E allora come si fa a tagliare? Come si fa a rivedere la spesa pubblica e ad abbassare le tasse? Non si può fare.

Ecco perché i Governi, come anche l’attuale, sanno solo aumentare le tasse. L’Italia è come un aereo, che procede solo in avanti, in una direzione, quella dell’aggravio delle tasse: non ha la retromarcia, forse neanche il freno. Che si sappia, a grandi linee e per approssimazione, si sa solo che il costo degli apparati centrali dello Stato – Camera, Senato, Quirinale, Palazzo Chigi – si aggirano intorno ai tre miliardi di euro l'anno e che si raggiungono i sei miliardi di euro con il mantenimento delle strutture politiche locali, cioè quelle di Regioni, Province e Comuni. Altri Stati in Europa – la Germania o la Gran Bretagna – spendono meno.

Di sicuro si sa che, nonostante le numerosissime promesse di Renzi – il miracolato dagli italiani, che parla tanto ma non fa – i costi nazionali, lungi dal decrescere come promesso ai creduloni, stanno crescendo a vista d’occhio. La Corte dei conti ci fa sapere, infatti, che sono quattrocentoquarantasette i milioni che nel 2013 sono stati elargiti quali compensi e rimborsi a deputati e senatori. La somma è in aumento di ben otto milioni di euro con il 2014 e i vitalizi degli ex eletti che assorbono metà dell’intera cifra. Tra Camera e Senato sono ben duecentoventi milioni di euro.

Ma in un Paese messo come il nostro, in cui i giovani non hanno lavoro né occupazione, si può ancora parlare di diritti acquisiti? Non v’è alcuna certezza su quanto paghiamo gli utili eletti, un vero e proprio esercito, ovvero ben 145.591, di cui 1.041 deputati, senatori ed europarlamentari, 1.270 nelle Regioni, 3.446 nelle Province e 138.834 nei Comuni. Gli apparati politici dei Comuni – le loro unioni e le Comunità montane – si avvalgono di quasi centoquarantamila eletti e costano 1,7 miliardi, mentre per le Regioni, con 1.270 fra presidenti, consiglieri e assessori si spende più di un miliardo di euro, cifra superiore a quella necessaria al mantenimento di tutta la Camera dei deputati.

In base a dati della Corte dei conti, al 2013 le spese della presidenza del Consiglio sono aumentate e hanno raggiunto i 458 milioni, Camera e Senato arrivano a 943 e 505 milioni.

Finora si è tagliato molto poco e la macchina obesa dello Stato, che dovrà assottigliarsi, ha ridotto solo un po’ i rimborsi elettorali destinati ai partiti politici (tutti in rosso), mentre rimane scandaloso il peso economico politico dei ministeri che comprende i costi di funzionamento dei centri di responsabilità amministrativa quali gli uffici di gabinetto e gli uffici di diretta collaborazione del ministro – i famosi staff – con la spesa impressionante che supera i 200 milioni. Altro che misure contenitive coerenti, qui ci vuole l’accetta.

(*) Avvocato


di Francesca Romana Fantetti (*)