Semestre Europeo
volano per il digitale?

venerdì 27 giugno 2014


Dopo anni in cui si è solo sentito ripetere che l’Italia si trova in una posizione di ritardo infrastrutturale rispetto allo sviluppo di Reti di nuova generazione, finalmente il nuovo Governo e la vigilia del semestre italiano di presidenza europea fanno ben sperare in un radicale cambio di passo.

Proprio nel giorno in cui il Premier Matteo Renzi ha ribadito alla Camera dei deputati le priorità chiave della presidenza italiana, innovazione tecnologica ed efficienza energetica, a poche centinaia di metri, player ed esperti di settore si sono confrontati in una lunga giornata di dibattito sullo stato dell’arte delle telecomunicazioni e del digitale. La consapevolezza che il settore delle telecomunicazioni nell’ultimo periodo abbia ricevuto un’accelerazione enorme che ne ha stravolto i confini, anche a causa della crescente convergenza, porta ad un complessivo ripensamento nella direzione di un adeguamento della regolazione consono ad affrontare le sfide presenti e future, ad un piano di investimenti che sia sostenibile per gli operatori ma consenta al Paese di tornare a livelli di competitività globale ed a ragionare sempre più in un’ottica europea che favorisca il single market.

“Il settore oggi rappresenta uno degli asset fondamentali di qualunque economia moderna”. Così Angelo Marcello Cardani, Presidente dell’Agcom, ha ribadito che al di là degli effetti moltiplicativi che il settore produce, quello che veramente conta sono gli effetti dirompenti che determina sul funzionamento del Paese. “L’Italia è ultima in Europa e una delle ultime nel mondo quanto a sviluppo delle reti di nuova generazione. Appare strano, trattandosi di una delle prime 10 potenze industriali. Qualcosa ha giocato contro - ha affermato Cardani - È altresì evidente che lo sviluppo dell’economia digitale rende inevitabilmente difficile proseguire nel “gioco di rallentamento” che è stato a lungo portato avanti. Una Pubblica amministrazione moderna, di cui si possano controllare processi e movimenti, diventa un fattore che non può più contrastare efficienza e produttività”. Il presidente Agcom ha quindi proseguito riportando i dati di uno studio recente, che evidenzia come nell’anno appena trascorso la maggior parte delle società fallite (87% in Germania, 86% in Olanda, 84% in Spagna e 83% in Italia) non era presente sul web. Questo dimostra che il fallimento si addensa laddove si continuano ad ignorare i nuovi strumenti messi a disposizione dalla Rete.

Franco Bassanini (Cassa Depositi e Prestiti) ha preferito partire dai quesiti, volti a fotografare la situazione del Paese quanto ad infrastrutture di Rete ed innovazione: “Gli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea per il 2020 sono ancora attuali o l’accelerazione dei processi tecnologici e la crescente competizione globale li rende in buona parte superati? Il raggiungimento di questi obiettivi è sufficiente per non perdere terreno nel campo della competitività globale? Perché le imprese italiane sono meno orientate alla Rete, forse per un gap culturale?”. Bassanini ritiene si tratti di carenza infrastrutturale e di una domanda ancora troppo bassa da parte delle famiglie. Ribadendo la necessità di riprendere un percorso di crescita, Bassanini ha sostenuto che la soluzione, a livello infrastrutturale, risieda in un mix di diverse architetture di Rete. Produrre crescita implica sfruttare al massimo l’innovazione tecnologica, e quindi chiamare in causa anche le politiche pubbliche affinché favoriscano incentivi e innovazione. Dal punto di vista delle proposte ha insistito su rivoluzione didattica, oggi quanto mai urgente, perché nell’Era di Internet si è perso il senso per molti ragazzi di quale sia l’utilità della scuola, attestata da un crescente tasso di abbandoni. Seguono il credito di imposta per gli investimenti infrastrutturali, le garanzie pubbliche e l’utilizzo di parte dei fondi strutturali europei, soprattutto in quelle aree a “fallimento di mercato”. In chiusura, Bassanini ha dichiarato che la Cassa Depositi e Prestiti è ben disponibile a concorrere agli investimenti nelle forme possibili e d’intesa con gli operatori.

I principali player del mercato da una parte richiedono regole certe e prevedibilità, una equivalence of input ed un effettivo level playing field. Dall’altra sono consapevoli che serva anche un intervento pubblico volto a combattere il digital divide e il gap culturale. Basti pensare, ha sostenuto Marco Patuano di Telecom, che nonostante il 67 per cento degli italiani sia raggiunto dal broadband a 20 mega, a pagarlo è solo il 12 per cento.

Antonello Giacomelli, sottosegretario con delega alle Comunicazioni, ha sostenuto come “su 28 Paesi europei l’Italia è ultima nello sviluppo della banda larga: è una situazione imbarazzante”. Giacomelli ha ribadito che questo gap debba essere colmato invitando, da una parte, gli operatori a riconsiderare i propri piani di investimento, e dall’altra dichiarandosi disponibile ad un tavolo di confronto permanente, con l’unica clausola che le risorse messe a diposizione non siano soltanto pubbliche.


di Elena D’Alessandri