Veneto, nel mirino Marchi (Save/Finint)

venerdì 28 marzo 2014


La vicenda Perissinotto/Generali tocca - seppur in maniera periferica - Enrico Marchi, presidente della Save (società che gestisce l’aeroporto di Venezia), numero uno della finanziaria Finint, nonché socio di altre importanti iniziative. I mass media, gli stessi che da tempo fanno da sponda per attacchi alla vecchia gestione Generali del duo Perissinotto-Agrusti, rispettivamente amministratore delegato e direttore generale, ai quali l’attuale Consiglio di Amministrazione ha mosso un’azione di responsabilità.

Marchi è socio di Generali ed è uno strenuo difensore dell’operato di Perissinotto. Lo ha fatto spesso, rilasciando dichiarazioni nelle quali plaude a diverse iniziative, fra le quali Banca Generali (costata 20 milioni di euro e che oggi vale 2,7 miliardi) e siccome alcune delle operazioni finanziarie condotte da Perissinotto oggetto dell’azione di responsabilità evidenziano una sorta di “conflitto di interesse”, tutto questo ha portato a criticare in maniera “distruttiva” l’operato di Marchi quale presidente della Save e di altre iniziative che, dati alla mano, sono invece in grande spolvero. Fra queste troviamo quelle del presidente del Fondo Amber, Joseph Oughourlian, che attacca la gestione di Enrico Marchi: “Sono molto preoccupato, perché non si vedono investimenti ma anzi le gravi tensioni finanziarie della filiera di controllo di Marchi generano il più totale immobilismo”, osserva il numero uno del fondo che detiene il 20% della Save, comprato in gran parte dal Comune di Venezia” (dichiarazione rilasciata a “Il Gazzettino” il 4/03/14). Certamente Marchi come amministratore operativo avrà dei difetti, non potrà farle tutte giuste, ma è indubbio che sotto la sua gestione lo scalo veneziano ha raggiunto livelli di qualità che lo hanno catapultato ai vertici degli aeroporti nazionali e fra i primi in Europa. Lo stato di avanzamento degli investimenti realizzati da Save sull’aeroporto di Venezia sono in linea con quanto previsto dal contratto di programma per lo scalo veneto. È quanto risultato al termine dell’incontro tra il presidente dell’Enac Vito Riggio e il direttore generale Alessio Quaranta con una delegazione di Save. L’Enac “ha verificato con soddisfazione un sostanziale allineamento delle attività in corso d’opera da parte della società di gestione con quelle oggetto dal contratto. L’Enac ha riscontrato un leggero scostamento con il programma previsto che si è determinato nella fase iniziale a causa della necessità di definire alcuni passaggi burocratici che non dipendono né dall’Enac né dalla Save. L’Enac si augura che questi aspetti procedurali vengano resi più fluidi”. Il mancato rispetto degli obblighi potrebbe comportare misure afflittive nei confronti della società di gestione.

Fra le dichiarazioni al veleno del presidente di Amber: “Marchi dovrebbe pensare ai debiti che ha la Save, cominciando dai 180 milioni contratti con Veneto Banca”; normale attività finanziaria diciamo noi. Inoltre l’istituto di Montebelluna ha garanzie per 3 volte l’esposizione verso Save, e anche Vincenzo Consoli (Ad di Veneto Banca) è stato infilato nel calderone Generali perché socio come banca di Ferak, a sua volta socia di Generali. Tutti normali intrecci finanziari determinati anche da una vicinanza territoriale del Veneto, dove gli attori di cui sopra sono sempre in prima fila nelle operazioni strategico-finanziarie-industriali. Non va dimenticato infatti che il miracolo Nord-Est, oggi un po’ appannato per la crisi in atto ma pur sempre un faro, si è affermato come modello vincente per la lungimirante determinazione e voglia di fare che è propria del sistema industriale (ma anche bancario), con una crescita affiancata di banche e aziende del territorio, figlie anche di appoggi di sistema che non hanno nulla da nascondere, anzi hanno da ostentare visti i risultati. Tutto questo nella coerenza e nell’evidenza, ma siamo in Italia, lo abbiamo scritto e lo ripetiamo, il Paese delle dietrologie, dei dossier a scoppio ritardato, spesso deflagranti, veri e propri calderoni nei quali mescolare di tutto ma sempre con lo scopo di spargere fango, creare ombre. Tenere sulla graticola manager, imprenditori e banchieri, a volte per distrarre l’attenzione su altre operazioni e iniziative che passano così inosservate.

Sulla questione Perissinotto/Generali vorremo ricordare che l’allora Ad rispondeva delle proprie azioni ad un Consiglio di Amministrazione che avallava il suo operato e i suoi programmi, come quando quello stesso Cda decise di cacciare Cesare Geronzi (allora presidente di Generali) in un modo poco consono alle diplomazie dei salotti “buoni” dell’alta finanza. Fu mandato proprio Perissinotto a liquidare, seppur in maniera munifica, Geronzi, il quale come è noto anche nell’intervista/libro “Confiteor. Potere, banche e affari. La storia mai raccontata” (di Massimo Mucchetti, edizioni Feltrinelli) ha una memoria elefantiaca. Ci chiediamo: qualcuno vuole fare le scarpe a Marchi? Chi sta speculando sulle azioni Save? Il Fondo Amber che minaccia sul nulla: “Il prossimo anno saremo nel Cda di Save e allora chiederemo conto a Marchi del suo operato”.

Enrico Marchi dovrebbe, secondo noi, essere difeso dal suo Cda, a partire dai soci forti come il Cav. Giovanni Zonin, presidente della Popolare di Vicenza, che a differenza di Veneto Banca non presta soldi a Save ma entra nel capitale di rischio con l’8,5%, condividendo quindi le strategie del management veneziano e ritenendo di fare un buon affare non avrebbe altrimenti esposto i soci della Vicenza ad un rischio d’impresa. Ancora oggi non si leva una sola voce in difesa di Perissinotto, se si esclude quella di Marchi di cui riportiamo le dichiarazioni (da un’intervista di Adriano Bonafede uscita su “La Repubblica” del 17 febbraio scorso). “Come azionista di Generali non posso dire di essere particolarmente soddisfatto, fino a questo momento, dell’attuale gestione. In fondo, cos’è stato fatto in questo anno e mezzo? Sono state vendute alcune partecipazioni frutto della precedente gestione: una quota di Banca Generali, gli asset in Messico e in Usa, i Btp, ecc. Ma, ecco il punto, queste vendite non sembrano essere sempre avvenute nel momento giusto”. Non è tenero con l’Ad Mario Greco, Enrico Marchi, presidente di Save e fondatore con Andrea de Vido di Finint. E non soltanto per questo motivo. Dottor Marchi, si spieghi meglio. “Semplice. Di Banca Generali, che è stata fuor di ogni dubbio un ottimo investimento del precedente Ad di Generali, Giovanni Perissinotto, è stato venduto il 20 per cento quando valeva 13 euro. Oggi ne vale 24. Se fosse stata venduta oggi, quella quota avrebbe fruttato 250 milioni in più. E che dire dei Btp? Ne sono stati venduti 10 miliardi quando lo spread era a 400 punti base, mentre oggi è a meno di 200. Duecento punti base per una duration di 5 anni media: a quanti soldi abbiamo rinunciato?”.

Però lei fa i conti con il senno di poi. Quando furono venduti i 10 miliardi di Btp, il rischio Italia era ancora molto forte, mentre per Banca Generali è stata realizzata una buona plusvalenza.

“Se per Banca Generali è stata realizzata una buona plusvalenza lo si deve all’intuizione di Perissinotto, che investì 20 milioni di euro per crearla, mentre ora vale 2,7 miliardi. Ma detto questo - che non è poco - non è che voglia fare i conti con il senno di poi. Il punto, però, è che io mi aspetterei da un Ad di Generali l’abilità di capire quale sia il miglior timing per fare certe operazioni. Per esempio, sui Btp si poteva capire che forse per il rischio Italia il peggio era ormai alle spalle e che sarebbe stato meglio attendere un po’. La stessa cosa, mutatis mutandis, la potrei dire per Banca Generali. Inoltre, Generali ha ricomprato le quote di Kellner nella controllata Ppf in anticipo rispetto ai tempi massimi. Segno che non era proprio un cattivo affare quello iniziato da Perissinotto. Eppure sull’ex Ad si continua a gettare fango con questa storia infinita di un’eventuale azione di responsabilità nei suoi confronti”.

Da quel che si è capito finora, il precedente management potrebbe aver violato alcune norme di governance.

“Guardi, io posso capire che in una certa misura sia normale e faccia parte del gioco che chi viene dopo tenda a mettere in cattiva luce chi c’era prima. Lo facevano anche gli antichi romani e la chiamavano damnatio memoriae. Ma queste sono cose che si fanno subito e poi si volta pagina. Qui non si volta mai pagina. E i danni per Generali sono evidenti”.

Ma i danni che giustificherebbero un’eventuale azione di responsabilità non sono altrettanto evidenti?

“Intanto, diciamo che le questioni interne di Generali dovrebbero rimanere all’interno. Invece dal Cda escono continuamente notizie riservate. Prima il rapporto di Kmpg che si ritrovò spiattellato un anno fa sul Corriere della Sera. Poi i pareri legali dello studio Bonelli Erede Pappalardo e di altri avvocati. La tradizione di Generali è sempre stata quella di un’estrema riservatezza. Ora, invece, il Cda sembra simile a quello di una municipalizzata o dell’ultima finanziaria regionale, dove si utilizzano le riunioni più ai fini della lotta politica che della governance. Si sta agitando da un anno e mezzo un enorme polverone per scopi che ancora non si comprendono. Tanto da costringere la Consob a smentire ufficialmente le voci fatte circolare su presunte pressioni dell’Autorità per l’avvio dell’azione di responsabilità”.

Lei parla di “polverone”, ma con chi ce l’ha esattamente?

“Non lo so ancora. Ma di certo posso dirle che è inverosimile che il target possa essere solo l’operato di Perissinotto. Penso invece che uno degli obiettivi collaterali di questo polverone fosse il cambio di proprietà di Save”.

Perché Save?

“Mettiamo i fatti in fila uno per uno. A marzo 2012 fu improvvisamente revocato a Finint un fido di 30 milioni da Banca Generali, tanto per crearci qualche difficoltà. A dicembre 2012, con un bando aperto solo 10 giorni (dal 10 al 20 dicembre), il sindaco di Venezia Orsoni vendette la partecipazione Save al Fondo Amber a 6,4 euro per azione quando ora il titolo è a 13 euro (più 2 ricevuti come dividendi): Orsoni ha regalato a chi ha acquistato 70 milioni di euro. Ma non è tutto”.

E cioè ?

“Secondo fonti di stampa non smentite c’era un piano per l’ingresso in Save della tedesca Fraport. Per fortuna, però, tutto questo castello è caduto: noi abbiamo difeso con le unghie e con i denti l’italianità dell’aeroporto di Venezia; un caso di eccellenza, grazie anche a tutto il “sistema Veneto” e fino al presidente Letta. Infine: quando il progetto di mettere le mani su Save è tramontato, Generali ha venduto il 10 per cento che aveva. Che senso ha vendere Save per poi puntare 50 milioni su un hedge fund inglese (Algebris di Davide Serra, ndr), che aveva magari il merito di aver contrastato la gestione Perissinotto? Save avrebbe dovuto essere un investimento ideale per Generali: ha un contratto di programma decennale e ha ricavi e utili in crescita”.

In tutti questi mesi molto si è parlato delle operazioni con parti correlate realizzate da Generali con Finint (che controlla Save) e con Palladio: i “veneti”, in una parola. Lei che dice?

“Io posso parlare per Finint, e diciamo intanto che questo modo di descrivere i rapporti tra le due società come se si fosse in presenza di una gang tra amici è estremamente scorretto e inaccettabile. Finint ha più di 500 dipendenti, che ha continuato ad incrementare anche durante la crisi, ha una proiezione internazionale e una valutazione, come operatore nelle cartolarizzazioni, “strong” di Standard & Poor’s (che equivale a una tripla A) e 230 operazioni di securitization per 280 miliardi in gestione. Generali ha il 10% di Finint: il nostro patrimonio netto è di 220 milioni, quindi Trieste ne ha di fatto 22, dopo aver investito 6 milioni e averne incassati 5 di dividendi. I nostri fondi di private equity hanno tutti un ottimo rendimento. Per Generali c’è stata una perdita solo sul fondo Abs, ma è perché è uscita nel 2008-2009: ora invece il fondo si è ripreso e guadagna. Non mi sembra ci sia di che lamentarsi!” (La Repubblica, 17/02/14).

Nessuno del vecchio Cda di Generali in difesa dell’ ex Ad, tutti componenti che negli anni ne hanno avallato l’operato, come per la cacciata di Geronzi “Vai avanti tu che a noi scappa da ridere”.


di Federico Tassinari