Paolo Longobardi: “Imprese stremate"

martedì 25 febbraio 2014


“La situazione è da allarme rosso. L’emorragia di posti di lavoro si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento è inevitabile”.

È l’amaro commento del presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi (nella foto), che al nuovo Governo di Matteo Renzi ha posto l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione dando alle aziende la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, si deve dare impulso al credito e tagliare le tasse.

Secondo Longobardi, “senza la liquidità delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale, il nostro Paese non ha futuro. In questo quadro drammatico, abbiamo assistito finora purtroppo a una grande irresponsabilità dei partiti, specie quelli della maggioranza, chiamati a sostenere il vecchio Esecutivo – prosegue Longobardi – che si sono divisi su questioni minori invece di pensare a salvare il Paese. Un ragionamento e forse qualche ripensamento va fatto anche in chiave europea – conclude Longobardi – visto che la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta economia tedesca pagherà il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i Paesi più deboli”.

In cinque anni di crisi in Italia è andato perso quasi un milione di posti di lavoro, si legge in un comunicato di Unimpresa. Dal 2008 al 2013 nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,2 milioni a 24,3 milioni, con un calo di 96mila unità (-3,8%). Nell’area euro, l’occupazione è risultata in caduta del 3,4% (-5,1 milioni), da 150,8 milioni a 145,7 milioni. L’unica eccezione risulta la Germania (+3,7%), che ha dato impiego a 1,5 milioni di persone in più (da 40,5 milioni a 42 milioni). Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi Unimpresa che ha analizzato l’andamento del mercato del lavoro in Italia e nell’area euro dal terzo trimestre 2008 al terzo trimestre 2013.

L’analisi di Unimpresa, basata sui dati della Banca d’Italia, di Eurostat e di Istat, mette in luce che nell’area euro (Unione europea con 17 Paesi) l’occupazione è calata complessivamente da 150,8 milioni a 145,7 milioni di unità. Pertanto i posti di lavoro in meno sono 5,1 milioni (-3,4%). Dentro i nostri confini, in media si sono persi 200mila posti di lavoro l’anno. Gli occupati erano 25,2 milioni a settembre 2008, mentre già nel 2009 (terzo trimestre) erano calati a quota 24,7 milioni. Ancora una diminuzione nel 2010 (terzo trimestre) a 24 milioni e 550mila unità, poi una lieve ripresa a settembre 2011 a 24 milioni e 714mila unità e ancora dopo altri dodici mesi (settembre 2012) con 24 milioni e 851mila unità occupate.

L’ultima istantanea però, al terzo trimestre 2013, restituisce una fotografia a tinte fosche. I posti di lavoro sono 24,3 milioni e rispetto all’inizio della crisi (terzo trimestre 2008) sono andati persi 961mila posti di lavoro, con un calo percentuale pari al 3,8%. Non solo l’Italia, comunque, vede diminuire l’area dell’occupazione. Fra i principali Paesi che adottano la moneta unica, il quadro è negativo anche in Francia e Spagna. Nel dettaglio, in Francia nel terzo trimestre 2008 gli occupati erano 27,2 milioni mentre a settembre 2013 risultavano 27 milioni e quindi i posti di lavoro persi sono stati 230mila (-0,84%). In caduta libera è l’occupazione anche in Spagna, che ha assistito ad un crollo della forza lavoro da 20,7 milioni a 17,2 milioni con 3,4 milioni (-16,5%) di occupati in meno. In controtendenza va solo la Germania. L’occupazione tedesca, nonostante la crisi finanziaria internazionale e la recessione che ha colpito l’Europa e il resto del mondo, è aumentata del 3,7% da 40,5 milioni a 42 milioni con una crescita di 1,5 milioni di posti di lavoro.


di Vito Piepoli