Il drone su ruote, irresponsabile libertà

sabato 18 gennaio 2014


“Guarda che non si guida da sola”. “E invece sì!”. Potremo dare questa esaltante risposta, a proposito della nostra nuova auto, fra appena una quindicina di anni. L’auto che si guida da sola esiste già, la Google Driverless Car (nella foto). La stanno iniziando a testare anche sulle peggiori stradine di montagne, col brutto tempo, in modo da affinare la sua tecnica di guida. La cosa è nota e risaputa, i quotidiani e i periodici (soprattutto quelli specializzati) le hanno dedicato pagine e pagine. Ma un conto è l’invenzione, tutt’altro è il suo impatto, a cui nessuno pensa mai. Prima di tutto, occorre capire quali tempi occorrono.

Non sono lunghi: circa 7 anni per la sua messa in commercio con prezzi d’élite e dai 5 agli 8 anni per vederle commercializzate ai prezzi del mercato di massa. Prima considerazione: chi oggi investe in una licenza di tassista faccia i suoi conti. Tutti i mestieri legati all’autotrasporto hanno dunque una quindicina di anni di vita, prima di entrare in un inesorabile declino. E già questo provocherà un cambiamento sociale mica da ridere, perché se noi pensiamo, non solo ai tassisti, ma anche agli auto-ferro-tranvieri, ai camionisti, agli autisti privati, a quelli dei pullman, insomma a tutte quelle attività commerciali che viaggiano su ruote, scorgiamo la prossima estinzione di un’intera categoria professionale. Iniziamo ad allacciare le cinture per le lotte sindacali che inizieranno a scoppiare.

Ma è veramente questo l’unico impatto? Riviste statunitensi specializzate nel mercato assicurativo, come Insurance Business, stanno iniziando a dipingere gli scenari futuri già da quest’anno. Perché proprio le assicurazioni se ne interessano? Perché cambierà interamente la distribuzione delle responsabilità. Nel mondo di oggi, quasi ogni cittadino è un conducente. Il grosso della sua responsabilità (quella coperta dalle assicurazioni) risiede nella sua capacità di non arrecare danni a terzi, che vanno dalla semplice ammaccatura alla strage. Questo tipo di responsabilità, in futuro, non esisterà più, perché sarà interamente trasferita verso l’alto, verso un ente impersonale: la compagnia di costruzione dell’auto.

Al massimo sarà responsabile il venditore o noleggiatore, ma non più il conducente. Non essendoci più un conducente, ci sarà la possibilità anche per un bambino di età pre-scolare, di prendersi la sua auto e di andare dove vuole: chiunque, fra i nativi digitali nati fra quindici anni, saprà impostare un navigatore. Il possesso e l’uso dell’auto, dunque, sarà completamente slegato dall’età. Cosa cambia nella società, a parte la scomparsa (non trascurabile di una serie di mestieri? Verrà immensamente ridotta la responsabilità individuale. Se oggi siamo tutti autisti responsabili, fra una ventina di anni inizieremo ad essere tutti passeggeri irresponsabili.

Se la nostra vettura ucciderà una scolaresca, la colpa sarà da attribuire al computer di bordo e a chi lo ha costruito, non certo a chi è a bordo. Succede così anche con i passeggeri dei treni. Dovremo attendere ancora molti anni in più per osservare se questa metamorfosi avrà un impatto anche sulla mentalità. L’automobile, in sé, l’ha avuta eccome. Il treno richiedeva necessariamente gerarchia e grandi organizzazioni, l’automobile ha introdotto molto più individualismo. Chiunque è libero di spostarsi dove vuole, quando vuole, con chi vuole.

E ne è responsabile. Non a caso la patria dell’auto è l’America del Nord: grandi spazi e grandi libertà individuali. Il drone su ruote ci lascerà piena libertà, ci libererà anche dalla fatica di guidare (trasformandola in una passione, per chi la intende come sport: tuttora ci sono quelli che guidano carrozze, ci saranno anche quelli che vorranno guidare una Ferrari negli appositi circuiti) ed estenderà questa capacità di viaggiare anche ai bambini. Ma ci priverà della responsabilità individuale, per lo meno quando viaggiamo. Quel che verrà introdotto sarà un calcolo collettivo, utilitaristico: computer più precisi ridurranno il numero degli incidenti, rispetto a quelli provocati oggi dagli autisti umani. Ma chi rimarrà ancora vittima di un incidente? Ehm, si rivolga alla casa produttrice… Non è la stessa cosa.


di Giorgio Bastiani