Il turismo non muore se Alitalia fallisce

mercoledì 15 gennaio 2014


Davvero l’eventuale fallimento di Alitalia avrebbe pesanti ripercussioni sul turismo e sull’interesse nazionale? Ugo Arrigo e Lucia Quaglino, fellow dell’Istituto Bruno Leoni, sostengono il contrario nel briefing paper “Dopo Alitalia, la fine del mondo?” (http://www.brunoleonimedia.it/public/BP/IBL_BP_131-Alitalia.pdf). Lo studio passa in rassegna i casi più recenti, in Europa, di fallimento di compagnie di bandiera o loro acquisizione da parte di concorrenti stranieri, e analizza gli effetti di tali operazioni sui traffici aerei e sul numero di passeggeri in transito dai principali scali aeroportuali coinvolti.

L’esame dei dati suggerisce che le rotte “abbandonate” dalle compagnie fallite vengono tipicamente occupate da altri, per cui il traffico aereo nel suo complesso torna ai livelli originali in tempi relativamente rapidi. Questo è probabilmente vero a maggior ragione nel caso di Alitalia, che ha una quota di mercato solo del 21% nel nostro Paese. Scrivono Arrigo e Quaglino: “La dinamicità del mercato aereo attuale è visibile proprio dal caso Alitalia: nel 2009, la nuova Alitalia dismise 93 aerei, su una flotta di 186 (nel caso di Sabena 86 e in quello di Swissair 76), lasciando a casa 11 milioni di passeggeri rispetto al 2007 (meno 9 milioni e meno 12 rispettivamente nel casi di Sabena e Swissair, anche se minore in rapporto alle dimensioni di mercato: meno 11% in Italia, meno 50% in Belgio e meno 43% in Svizzera).

Il recupero negli anni 2009 e 2010 è stato possibile grazie alle compagnie low-cost, che registrano un incremento dei passeggeri da 30 milioni del 2007 a 42 del 2010: si tratta di un aumento di 12 milioni, superiore alla caduta di Alitalia”. Di conseguenza, “voler a tutti i costi salvare Alitalia e la sua italianità (o Fiumicino e la sua natura di Hub) non può quindi essere una scelta finalizzata a tutelare l’interesse dei consumatori. Anzi, proprio loro, in un modo o nell’altro (come passeggeri o come contribuenti) la pagheranno cara”.


di Giorgio Alfieri