Cremonini, la scalata partita da Modena

giovedì 14 novembre 2013


Il Gruppo Cremonini rappresenta una delle più importanti aziende dell’agroalimentare a livello europeo. Per conoscere il mondo Cremonini abbiamo intervistato il cavaliere Luigi Cremonini.

Quali le tappe salienti di un percorso costellato di grandi successi?

Non è facile rispondere sinteticamente a questa domanda. Nel 2012 il Gruppo Cremonini ha realizzato ricavi totali per oltre 3,4 miliardi di Euro, con un incremento del 3,8%, confermando il trend di crescita che dura da vari anni, nonostante la congiuntura economica nazionale e internazionale. Adesso non siamo più soltanto nell’industria della carne con l’Inalca, ma anche in altri settori, perché abbiamo sempre cercato di valorizzare il nostro prodotto e di avere in mano anche ciò che sta a valle. Siamo entrati in settori che sono sinergici, quali la distribuzione alimentare per alberghi e ristoranti, con Marr che oggi è la prima azienda nazionale, e la ristorazione, che è un altro mondo ancora più a valle e dove vantiamo leadership assoluta nel mondo ferroviario. Nel nostro percorso abbiamo capito che l’impresa per crescere bene deve fare due cose che sembrano contraddittorie: concentrarsi sul core business e sapersi differenziare. Non soltanto è chiarissimo il ruolo che hanno i tre settori (produzione, distribuzione e ristorazione), ma ormai è evidente che cooperano fra loro in maniere che trent’anni fa, quando è cominciata la differenziazione, non si potevano nemmeno immaginare. Questo è il modello di oggi. E tra le tappe salienti metterei anche i momenti difficili, come l’evento di “mucca pazza”, che ha rischiato di affossare un lavoro di quarant’anni, o la fase di riassetto azionario alla fine degli anni ’90, quando ho riacquistato il 66,66% del capitale sociale del gruppo da due soci, tra cui mio fratello Giuseppe, ripartendo da capo. Già negli anni ‘70 Cremonini inizia uno straordinario processo di diversificazione in ambiti diversi, seppur collegati al core business, (vedi Marr e Chef Express)”.

Come si raggiunge una crescita così rapida che ha portato oggi alla costruzione di un gruppo molto articolato?

Questi traguardi non si improvvisano: per il loro conseguimento sono necessarie la visione imprenditoriale, la capacità di investire e l’apporto dei dipendenti e collaboratori. Le persone dell’azienda nel 1963, quando è nata l’Inalca, si contavano sulle dita di due mani e oggi sono oltre 12.200 in Italia e all’estero. Tutte le imprese di successo sono frutto del gioco di squadra, dell’affiatamento, della condivisione dei valori che sono alla base della missione dell’impresa stessa. È doveroso segnalare che i risultati raggiunti sono stati resi possibili grazie all’impegno personale di migliaia e migliaia di collaboratori che in questi anni hanno creduto nella nostra missione imprenditoriale. Va poi sottolineata la crescita delle attività internazionali, che nella produzione hanno ormai superato il 50% del fatturato e stanno dando un contributo decisivo anche in termini di marginalità, oltre che di volumi. Le nostre modalità d’internazionalizzazione in questo mezzo secolo non si sono mai limitate a semplici attività di esportazione o a delocalizzazione produttive. Siamo entrati in mercati difficili, come la Russia o vari paesi africani, con investimenti importanti, creando società operative, strutture di distribuzione e di produzione: abbiamo messo solide basi che ci permetteranno un forte sviluppo anche per i prossimi decenni.

In materia di sicurezza alimentare esistono regole molto severe? Sarebbe impossibile sfuggire alle stesse sia in ambito nazionale che internazionale, quale, allora, l’impegno adottato dal gruppo?

Nella sicurezza alimentare le regole sono giustamente severissime, perché si tratta della salute delle persone: non solo non si può sfuggire, ma le norme sono una guida certa per il nostro lavoro, seppur comportino oneri molto pesanti. Noi siamo sottoposti alla normativa europea, ma per svilupparci all’estero ci siamo attrezzati anche per quelle del mondo ex sovietico e per quelle nordamericane. Siamo pertanto allineati alle best practice mondiali e spesso le abbiamo anticipate con i nostri investimenti.

Russia e Africa, i Paesi su cui avete puntato e state crescendo ancora oggi attraverso molti investimenti? Produzione e distribuzione, quali i vantaggi? Quanto conta per un’ azienda internazionalizzare?

Abbiamo appena aperto una piattaforma distributiva in Costa d’Avorio, che diventa il sesto stato africano dove siamo presenti con centri distributivi e produttivi, dopo Angola, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Algeria e Mozambico. Inoltre abbiamo delle ottime opportunità per avviare un’altra sede in Kazakistan, replicando in quell’immenso e ricco paese il modello che abbiamo sviluppato in Russia da oltre 20 anni. Questo sviluppo si basa sulla convinzione che, in un mercato nuovo, sia proprio la fase di distribuzione quella da cui partire. Non si può diventare parte integrante di un nuovo mercato se non si inizia con il realizzare in esso piattaforme logistico distributive proprie e soprattutto – trattandosi di alimenti – una catena del freddo che rappresenta la spina dorsale della distribuzione dei nostri prodotti. Una sorta di filiera integrata al rovescio, in cui le fasi di produzione e trasformazione arrivano in un secondo tempo: dopo, cioè, che siamo riusciti a garantire attraverso una nostra capacità distributiva completa la massima valorizzazione possibile dei prodotti che commercializziamo. È questa la strategia che abbiamo perseguito da oltre un ventennio in Russia e in Africa, e che ci accingiamo a realizzare nei nuovi mercati come il Middle e il Far East. A sua volta questo modello ci consente di valorizzare non soltanto i nostri prodotti ma quelli di migliaia di piccole e medie aziende italiane in grado di produrre le migliori eccellenze alimentari al mondo, ma la cui dimensione inadeguata impedisce qualsiasi distribuzione autonoma al di fuori dei confini del nostro Paese. Il “modello Inalca”, quindi, unisce, aggrega e distribuisce sul mercato mondiale anche il meglio dell’Italian food and beverage. È un modello ideale di internazionalizzazione senza delocalizzazione che oggi sembra non avere limiti nella possibilità di replicarsi in tantissimi altri mercati mondiali. Un’espansione continua, quindi, che oggi vediamo programmabile per molti anni a venire grazie soprattutto alla professionalità e dedizione di tutti quanti in Inalca l’hanno resa e la rendono possibile ogni giorno. A conferma di tutto questo, direi che il macello che stiamo per inaugurare a Orenburg – il primo in Russia – è l’esempio concreto del percorso che vogliamo applicare ovunque andiamo: contribuire a costruire all’interno dei Paesi stranieri una filiera della carne completa. Così in Russia, così sarà anche in Africa.

Il Gruppo Cremonini festeggia quest’anno 50 anni di attività. In che modo può essere degnamente onorato un traguardo del genere?

In effetti quest’anno segna una tappa significativa perché stiamo celebrando il 50° anniversario della nascita dell’Inalca, il nucleo fondante delle attività nel settore della produzione e la radice dalla quale negli anni si sarebbero poi sviluppate le iniziative negli altri settori della distribuzione e della ristorazione. Chi conosce la nostra storia imprenditoriale sa che non siamo avvezzi alla retorica o all’autocelebrazione, ma è innegabile che in cinquant’anni abbiamo costruito in Italia l’industria della carne bovina che non esisteva. Abbiamo voluto onorare l’anniversario innanzitutto pensando ai dipendenti e collaboratori, con un importante evento a Modena dove sono stati premiati quasi cento dipendenti per la loro fedeltà ultraventicinquennale. E poi abbiamo incontrato nel corso di un altro meeting a Roma tutti i nostri clienti provenienti da 20 nazioni di 5 continenti, ai quali abbiamo spiegato gli obiettivi di sviluppo futuro, dando significato concreto al claim di questo cinquantesimo anniversario: “Uno sguardo al passato per costruire il futuro”.

Per il Gruppo Cremonini quali sono i fondamentali rami di attività?

Cremonini, opera in tre aree di business: produzione, distribuzione e ristorazione. Queste sono le tre colonne portanti del gruppo sulle quali continueremo a sviluppare le nostre attività in Italia e soprattutto all’estero.


di Federico Tassinari