La virtuosa Anagrafe delle opere incompiute

giovedì 14 novembre 2013


In Italia c’è un tesoretto di un miliardo di euro, utilissimo in tempi di crisi, che potrebbe essere immediatamente disponibile per finanziare opere pubbliche. Soldi destinati a interventi per l’economia e mai spesi perché quelle opere previste non sono iniziate. Del resto che l’Italia sia il Paese delle opere incompiute è noto a ogni cittadino. Chiunque, in qualsiasi parte d’Italia, sarebbe in grado di indicarne qualcuna. Qualche anno fa una apposita commissione del Senato individuò numerose strutture sanitarie realizzate e mai utilizzate.

Ma l’elenco potrebbe essere lunghissimo, si potrebbero individuare, edifici, strade, viadotti, strutture sportive e parcheggi. Accanto a scheletri simbolo di buone intenzioni rimaste solo tali ci sono le opere fantasma, sono le più difficili da individuare perché appunto sono invisibili. Mai realizzate eppure costano, almeno nel senso che bloccano delle risorse e le rendono indisponibili per altri usi. Un lusso che un Paese in crisi, con un Pil in caduta e affamato di posti di lavoro non può permettersi. Sprechi, spese gonfiate sono ormai quasi una ovvietà. Innumerevoli sono le denunce giornalistiche a tal proposito. Più difficile, per chi non ha accesso alle segrete carte custodite gelosamente da una burocrazia conservatrice, individuare anche questa forma di spreco.

Eppure per una volta vale la pena segnalare che esiste anche una burocrazia buona, efficiente, rappresentata da dirigenti, soprattutto giovani, che non vogliono rassegnarsi a interpretare il ruolo di custodi dell’incapacità pubblica. Così è stato avviato un severo e incalzante monitoraggio di tutte le stazioni appaltanti pubbliche che ha portato alla definizione dell’Anagrafe sulle opere incompiute. È stato sollecitato l’esame di centinaia di investimenti pubblici, verificati i progetti in tutte le regioni italiane. La mappa delle incapacità coinvolge l’intero Paese ed è frutto del lavoro paziente della direzione generale per la regolazione ed i contratti del ministero delle Infrastrutture e trasporti che ha individuato 381 (53 soltanto nel Lazio) opere finanziate e incompiute. E all’appello mancano ancora alcune regioni come Liguria, Friuli, Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna.

Per cui è pensabile che il numero delle opere potrebbe essere ancora di molto superiore. Eppure la realizzazione di questa anagrafe, che ora è salutata con soddisfazione dalle associazioni degli imprenditori impegnati nelle costruzioni, non è stata cosa semplice. Per arrivare alla definizione di questo elenco ci sono voluti mesi di lavoro sotto la guida di un giovane e tenace direttore generale, l’avvocato Bernadette Veca. Proprio grazie all’anagrafe delle opere incompiute è stato possibile individuare il tesoretto nascosto che adesso potrebbe essere facilmente recuperato e destinato ad altro e più produttivo uso.

L’inchiesta è stata portata a termine con successo e con il solo impiego di professionalità interne alla Pubblica Amministrazione, quindi senza costi aggiuntivi per lo Stato. Adesso la decisione è politica. Sul tavolo del governo è stato portato virtualmente – ma non troppo – un plico con un miliardo di euro. Ora si tratta di utilizzarlo al meglio. Con scelte mirate, pensando che l’immissione di una tale quantità di finanziamenti potrebbe fare da volano per l’avvio di opere che potrebbero attirare altri capitali e contribuire a far ripartire l’economia.

A tal fine sarebbe logico coinvolgere i tecnici pubblici che hanno dimostrato di saper far bene il proprio mestiere. L’importante è non sprecare l’occasione, di non perdere tempo. Se nulla accadrà sarà lecito chiederci come cittadini che fine abbia fatto quel miliardo. Speriamo non sia un’altra occasione mancata.


di Giuseppe Sanzotta