Ciacci Piccolomini, in Brunello veritas

venerdì 8 novembre 2013


La Ciacci Piccolomini d’Aragona produce il Brunello di Montalcino e altri vini tipici toscani, la grappa di Brunello e l’olio extravergine d’oliva. Si trova a pochi chilometri dal centro di Montalcino in Toscana e guarda dritta all’Abbazia di Sant’Antimo. Parliamo con Paolo Ciacci Piccolomini, rappresentante di questa importante realtà italiana, fiore all’occhiello del nostro vino e del nostro Paese all’estero. È frutto di tenacia, creatività e capacità imprenditoriale: tutti sinonimi del nostro stile di vita. I Ciacci Piccolomini sono indissolubilmente legati al loro territorio e alla crescita del settore del vino italiano. Le conferme ci giungono da come sia tutt’oggi uno dei settori trainanti della nostra economia. La tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona affonda le proprie origini nel XVII secolo. Paolo e Lucia hanno ereditato la tenuta dal padre Giuseppe, alla cui memoria hanno dedicato il “Brunello Riserva Santa Caterina d’Oro”: prodotto d’eccellenza e solo delle migliori annate.

C’è l’orgoglio e la responsabilità di portare avanti il progetto. Quale insegnamento ha lasciato vostro padre?

Il premio S. Caterina d’Oro è stato l’ultimo di tanti riconoscimenti ricevuti da nostro padre, purtroppo lui è venuto a mancare solo pochi giorni prima di poterlo ritirare. È stato pertanto naturale per me e mia sorella Lucia onorare la sua memoria legando questo premio con il vino di massima espressione da noi prodotto. Nostro padre ci ha principalmente insegnato ad amare e rispettare quello che facciamo. Sentiamo l’onere e l’onore di portare avanti l’azienda come avevano desiderato sia la contessa Elda, che con il suo gesto ha permesso alla nostra famiglia di realizzare un sogno, che nostro padre.

Come si articola la vostra produzione?

Oggi contiamo su 40 ettari di vigneto all’interno del comune di Montalcino e 12 ettari a Montenero d’Orcia in provincia di Grosseto. Il vitigno che maggiormente coltiviamo è il sangiovese grosso, utilizzato in purezza per il Brunello di Montalcino docg e il Rosso di Montalcino doc, con una piccola parte di Merlot, Syrah e Cabernet Sauvignon impiegati nei vini che produciamo nella doc S. Antimo. In totale la produzione si attesta sulle 200mila bottiglie all’anno.

Qual è la situazione attuale del mercato e quali le aree estere nelle quali il vostro prodotto è particolarmente apprezzato?

La nostra azienda ed i vini che produciamo sono conosciuti e affermati in tutto il mondo e questo ci permette di affrontare questi momenti di difficoltà con maggiore serenità. Il mercato estero si conferma essere senza dubbio di particolare importanza. Il Nord America, il Nord Europa, la Russia e il Giappone sono mercati storici e consolidati. La prossima sfida è far conoscere e apprezzare le nostre eccellenze ai Paesi Asiatici.

Oggi per competere sui mercati internazionali quali sono le best practices che occorre seguire?

Proporre prodotti legati indissolubilmente al territorio da cui provengono, che raccontano la storia, la cultura e le tradizioni del luogo in cui nascono. Qualcosa che è assolutamente irriproducibile da qualsiasi altra parte del mondo. Il tutto con un riconoscibile rapporto qualità/prezzo.

A proposito di eccellenza nell’eccellenza. Wine Spectator, la bibbia dell’enologia mondiale, nel 2012 ha stilato una classifica dei “top 10” e il Brunello 2007 Ciacci Piccolomini d’Aragona è stato eletto primo vino del nostro Paese e nono nel mondo...

È stato un bellissimo riconoscimento che siamo stati orgogliosi di condividere con tutte le persone coinvolte: dalla produzione, alla vendita e alla distribuzione. Non va infatti dimenticato che la classifica, oltre a giudicare la qualità del vino, premia anche la reperibilità del prodotto sul mercato.

Un Brunello che tende alla perfezione dunque. Se lo dovesse descrivere quali parole gli dedicherebbe?

È un vino elegante, questo è certamente l’aggettivo che meglio riassume l’essenza di quel vino e anche la nostra filosofia produttiva. Raccoglie in sé complessità, carattere, finezza, struttura, capacità di essere apprezzato sia dai neofiti che dai più esperti.

La cultura dell’eccellenza conquista sempre più spazio nel nostro Paese, anche nel vostro settore. Credete possa essere implementata e come? E qual è il target a cui vi rivolgete?

Occorre rispettare tutti quei valori che fanno parte del territorio, investire sullo stesso e comunicare al consumatore finale, sia attraverso canali tradizionali che innovativi, tutto ciò che ruota attorno ad una bottiglia di vino.

Quali sono le prospettive di sviluppo dell’azienda e cosa che vi sta più a cuore?

Essendo agricoltori siamo soggetti a rapportarci alle cose in modo ciclico. Non appena pensiamo di aver raggiunto un piccolo o grande traguardo, subito se ne ripresenta un altro e poi un altro ancora. Stiamo ultimando la ristrutturazione di un casolare che diventerà il nuovo centro di accoglienza per eno-turisti. Lanceremo a breve la nostra “app”, abbiamo inserito il codice QR nelle nostre bottiglie, oltre che proteggerle con un ologramma anticontraffazione sulla capsula. La grande sfida è produrre vini sempre di migliore qualità.


di Simonetta Alfaro