Numeri Istat: l'Italia dei record negativi

venerdì 1 novembre 2013


Italia da record. Un esercito di disperati grande quanto un’intera regione: 6 milioni di italiani senza lavoro, quasi 5 milioni di persone in condizione di povertà assoluta. E fra i giovani è un disastro: il tasso di disoccupazione giovanile è al 40,4%, ma gli occupati sono solo il 16,1%. Contando disoccupati e inoccupati, dunque, possiamo dire che meno di 2 giovani su dieci lavorano. Sono i dati presentati dall’Istat, riferiti al mese di settembre. La loro pubblicazione, ieri, completa il quadro che già conoscevamo dall’audizione al Senato di Antonio Golini, presidente facente funzione dell’istituto statistico.

La disoccupazione giovanile, una delle cause delle Primavere Arabe, è un fenomeno che in Italia non era mai stato così alto. Nelle notizia possiamo leggere che si tratta del dato peggiore dal 1977. Ci si dimentica di dire che il 1977 è l’anno del primo rilevamento. Dunque è il dato peggiore di sempre, per quanto è dato sapere. Prima del 1977 c’erano decisamente più giovani occupati rispetto ad oggi. Il peggioramento è molto rapido: il tasso di disoccupazione è salito di 4,4 punti percentuali dall’inizio dell’anno. Anche il tasso di occupazione cala molto rapidamente: 2,1 punti percentuali in meno dall’inizio del 2013. Complessivamente, il tasso di disoccupazione è arrivato al 12,5%. Anche questo è il peggior dato dal 1977, un altro record assoluto.

I disoccupati propriamente detti sono 3 milioni e 194mila. In tutto il 2013 sono 391mila in più rispetto al 2012. Ma se aggiungiamo anche gli “inoccupati”, cioè coloro che non lavorano, non sono iscritti alle liste di disoccupazione e non cercano attivamente il lavoro, constatiamo come ci siano circa 6 milioni di italiani a spasso. Fa particolarmente impressione il dato sugli “scoraggiati”, cioè coloro che non cercano perché ritengono sia inutile farlo, perché tanto, un posto che è un posto, non lo si troverà mai. Sono stimati, da Istat, a circa 1 milione e 300mila persone. L’equivalente di una città grande come Milano. I “choosy”, gli schizzinosi disprezzati dall’ex ministro Fornero, coloro che non sono immediatamente disponibili ad accettare immediatamente un’offerta di lavoro, sono invece appena 99mila.

Un’inezia nel mare dei 6 milioni di senza lavoro. Il problema, stando a questi dati, non sembra affatto temporaneo, né dovuto alla pigrizia degli italiani “che rifiutano di fare certi lavori”, né dalla presenza di immigrati che “fanno i lavori che gli italiani rifiutano”. Il problema dell’Italia è sistemico: il mondo del lavoro, nel nostro Paese, non riesce più ad assorbire forza lavoro giovane. Sul perché si sia arrivati fino a questo punto, partiti e cosiddette “parti sociali” fanno a gara a chi ha più responsabilità. Fatto sta che un Paese dove meno di 2 giovani su 10 lavorano è potenzialmente esplosivo. E non molti se ne rendono conto. Se finora si è detto che gli italiani non si ribelleranno, perché tanto stanno ancora bene e hanno ancora il pane in tavola tre volte al giorno, il quadro dipinto dall’Istat in questa settimana smentisce anche questo rassicurante luogo comune.

Il numero di italiani che non ha letteralmente più il pane in tavola, dunque versa in una condizione di povertà assoluta, è raddoppiato rispetto al 2007. In cinque anni, da poco più di 2 milioni, i nuovi poveri sono diventati 4,8 milioni. L’equivalente della popolazione di una regione medio-grande italiana. Di questi, un milione sono minorenni. Un immenso esercito di persone che non hanno più nulla da perdere.


di Giorgio Bastiani