Firenze celebra Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena

lunedì 1 dicembre 2025


Un’intera giornata di studi è stata dedicata a Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena. Nella cornice del salone “Ezio De Vecchi” dell’Istituto geografico militare di Firenze, è stato celebrato il Granduca di Toscana, che abolì, per primo, la pena di morte il 30 novembre 1786. Il seminario è stato promosso dall’Associazione Amici del Museo Stibbert e dal Centro sociologico italiano della Regione Toscana. Grazie a Pietro I Leopoldo, la Toscana divenne un modello avanzato di riforme illuministe, collocandosi al centro dell’Europa moderna. Ne hanno parlato Giovanni Cipriani, professore emerito di Storia della Toscana moderna e la giurista Maurizia Trapuzzano. Negli interventi è stato posto l’accento sul valore del codice leopoldino. Un codice che portò alla conseguente abolizione della pena di morte, della tortura e delle pene corporali. Un codice all’avanguardia, che divenne modello di pensiero, destinato a incidere in maniera profonda sugli equilibri futuri dell’intera Europa. Secondo Enrico Fantini, vicepresidente nazionale di Conflavoro, si tratta di un insieme di riforme considerate “ante litteram, tese alla liberalizzazione dell’economia e che portarono alla nascita della Camera di commercio di Firenze”.

Il Settecento è il tempo dell’Illuminismo e di quelle riforme generate dal dispotismo illuminato. È il sistema di Governo di alcuni sovrani europei e non solo, che seppero coniugare assolutismo monarchico, filosofia e ragione: da Pietro I Leopoldo in Toscana a Federico II di Prussia per finire con Caterina II, “la Grande” imperatrice di Russia. E, rimanendo in Italia, dalla Toscana di Pietro Leopoldo alla Sicilia del viceré Domenico Caracciolo che, nel 1782, riuscì sotto il regno di re Ferdinando di Borbone ma con la complicità politica della consorte regina Maria Carolina, anche lei Asburgo Lorena, a fare abolire il Tribunale della santa inquisizione. Un anniversario da ricordare, quello dell’abolizione della pena di morte in Toscana che segna l’evolversi di una serie di riforme collocabili lungo un tracciato anticipato dall’ultimo Granduca di casa Medici, Gian Gastone I. Lo ha precisato Marco Passeri, collezionista e studioso della famiglia medicea, il quale nell’esporre il quadro generale di analisi storica ha sostenuto che già dagli inizi del Settecento la Toscana fosse leader dal punto di vista sociale e culturale.

Si sono susseguiti altri interventi come quello di Fulvio Conti, docente di storia contemporanea all’Università di Firenze, che ha cercato di considerare gli aspetti ancora vivi nella contemporaneità di una cultura espressione del riformismo illuminato del Settecento. Storia di fortuna o di sfortuna? È la domanda posta da Conti all’uditorio. “Il tutto dipende dal punto di vista adottato – ha precisato Conti – dalla visione pragmatica che l’approccio riformista ha avuto dall’Unità d’ Italia ai nostri giorni”. Tommaso Esposito, presidente del Centro sociologico italiano, ha dato luce all’impronta del libero pensiero che incarnò gli ideali illuministi di ragione, tolleranza e progresso. Ideali e valori pienamente raccolti dalla riforme leopoldine, quelle riforme che ancora oggi la Toscana celebra, grazie alle quali divenne modello per altri Stati e simbolo di progresso nell’ambito dei diritti sociali e nella più ampia visione della cultura universale del diritto.


di Salvatore La Lota Di Blasi