Ottorino Respighi: un viaggio poetico attraverso i suoni

martedì 18 novembre 2025


Fra i compositori del Novecento, Ottorino Respighi è forse quello che più di tutti ha saputo trasformare Roma in musica. Non una Roma immaginata e lontana, ma la Roma reale: fatta di pietra, di luce, di acqua, di storia. Nei suoi celebri poemi sinfonici dedicati alla città eterna. Respighi osserva i suoi luoghi con una sensibilità speciale, lasciando che la loro atmosfera diventi suono, ritmo, colore.

Le “Fontane di Roma”, il primo dei suoi capolavori romani, è un viaggio attraverso la città nell’arco di una giornata intera. Ogni fontana è raccontata non come un semplice monumento, ma come un piccolo mondo vivo, con il suo carattere, le sue luci, il suo respiro. La musica guida l’ascoltatore come un narratore gentile, rivelando ciò che spesso sfugge: la poesia dei momenti, la forza delle forme, l’emozione della luce che cambia.

Il primo movimento “La Fontana di Valle Giulia all’alba”: la musica comincia piano, come se ancora si avesse sonno. Gli archi suonano morbidi, come un respiro lento. I legni, flauti e oboi, fanno piccoli movimenti, come gocce d’acqua che brillano appena alla luce del primo sole. Non succede niente di improvviso: è un momento di calma totale. La musica sembra dire: “Roma si sveglia, ma ancora non vuole aprire del tutto gli occhi”. Le armonie sono dolci, leggere, quasi trasparenti. È la promessa di un nuovo giorno.

Il secondo movimento “La Fontana del Tritone al mattino”: ora il sole è alto e la città si anima. La musica entra con energia: gli ottoni chiamano a raccolta, come se la figura del Tritone, mezzo uomo e mezzo pesce, soffiasse davvero nella sua conchiglia. I ritmi diventano vivi, quasi saltellanti. I flauti disegnano fruscii veloci, come spruzzi d’acqua che saltano in aria. La musica danza, si muove, ride. Sembra dire: “Sveglia! È mattino a Roma, e tutto prende vita!”. È un brano brillante, pieno di movimento, come una piazza che si riempie di gente.

Il terzo movimento “La Fontana di Trevi al meriggio”: adesso il sole è al suo massimo. Tutto brilla. Respighi dipinge la Fontana di Trevi come un monumento grandioso: la musica si fa ampia, piena, quasi eroica. Gli archi suonano frasi che scendono come un’enorme cascata. Gli ottoni danno un senso di potenza, come il marmo bianco che risplende nella luce. Le percussioni, timpani e piatti, aggiungono forza, come se si sentisse il rumore dell’acqua che scroscia. La musica cresce, cresce, cresce… Finché non sembra davvero di essere davanti a quell’acqua enorme che cade senza sosta. È un momento solenne: Roma si mostra in tutta la sua magnificenza.

Il quatto movimento “La Fontana di Villa Medici al tramonto”: tutto lentamente si quieta. Respighi ci porta nel giardino di Villa Medici quando il sole sta per sparire. La musica diventa delicata: l’arpa pizzica note come stelle appena accese, la celesta brilla come piccole lucciole. I violini suonano con sordina, più morbidi, più lontani, come se avessero paura di spezzare la magia del tramonto. La melodia è malinconica, ma dolce. Sembra dire: “Il giorno finisce, ma non svanisce davvero. Rimane un ricordo, un riflesso nell’acqua”. Alla fine, la musica si spegne piano piano, come il cielo che passa dal rosso all’azzurro scuro della sera.

Perché questa musica affascina tanto? Perché Respighi non descrive solo delle fontane: racconta la città attraverso il suono. L’alba è una musica lenta e morbida. Il mattino è vivace. Il meriggio è pieno e potente. Il tramonto è quieto e sognante. È come se l’orchestra fosse un pittore che, invece dei colori, usa i timbri: il flauto per le gocce d’acqua, gli ottoni per il sole, l’arpa per la luce del tramonto. È un’opera ideale per imparare a “vedere” la musica. Ogni strumento ha un ruolo, ogni timbro un’immagine, ogni tema un’emozione.                        


di Stella Camelia Enescu