Non possiamo non dirci crociani

martedì 4 novembre 2025


A cento anni dal Manifesto degli intellettuali antifascisti, la figura e il pensiero di Benedetto Croce tornano al centro del dibattito filosofico e civile grazie al Convegno internazionale di studi Benedetto Croce: materialismo storico, socialismo e fascismo, che si terrà il 5 e 6 novembre tra Pescara (Fondazione Pescarabruzzo) e Chieti (Campus universitario, Aula Magna di Lettere).
Promosso dallIstituto nazionale di studi crociani, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze giuridiche e Sociali dellUniversità “Gabriele DAnnunzio” di Chieti-Pescara, l’incontro vedrà la partecipazione di studiosi italiani e stranieri per una riflessione a più voci sul ruolo di Croce nel confronto con le grandi correnti del Novecento: il marxismo, il socialismo e il fascismo. Come ricordato dai promotori dell’iniziativa, Claudio Tuozzolo, Piergiorgio Della Pelle e Marco Presutti, il convegno rappresenta la seconda e conclusiva tappa delle celebrazioni dedicate al centenario del Manifesto – dopo la sessione di maggio, La libertà oggi. “Si tratta – spiega Presutti – di un momento che unisce la memoria storica alla vitalità del pensiero crociano, inteso non come monumento, ma come strumento per leggere il presente”.

Levento culminerà con la presentazione ufficiale del primo numero della nuova serie della Rassegna di studi crociani, organo scientifico dellIstituto, che tornerà a essere luogo di dialogo tra filosofi, storici e critici della cultura. Il programma prevede interventi di Paolo DAngelo, Giuseppe Gembillo, Stefano Petrucciani, Rosalia Peluso, Giuseppe Giordano e altri studiosi che approfondiranno il rapporto di Croce con Karl Marx, la crisi del liberalismo, la lotta al fascismo e il significato della libertà come valore etico e storico. Unoccasione per misurare, ancora una volta, la capacità del pensatore napoletano di porre domande che non cessano di interrogarci. Eppure, parlare oggi di Croce significa attraversare il punto in cui la filosofia moderna ha toccato il proprio limite: il momento in cui la verità viene interamente affidata alla libertà dello spirito. Croce aveva intuito che la storia non è un semplice svolgersi di fatti, ma il luogo stesso in cui lo spirito si conosce e si giudica. “Ogni vera storia è giudizio, e il giudizio è atto del presente”(Teoria e storia della storiografia, 1917): in questa frase vibra la convinzione che luomo non riceve la verità, ma la genera nel suo stesso agire. È una posizione di coraggio estremo. Nulla, in Croce, si dà come eterno o immobile: la verità non è un possesso, ma un processo; non un cielo, ma un cammino. La libertà diventa così il nome stesso dellessere, la sua manifestazione concreta nella storia. Ed è questa libertà, compresa come forza creatrice e critica, che gli consentì di opporsi al fascismo e ad ogni forma di immobilismo ideologico-politico, di difendere la dignità dello spirito contro ogni potere che pretende di farsi destino.

Ma proprio qui sorge la domanda che il pensiero crociano consegna a chi lo eredita. Se la libertà è tutto, se ogni verità è storia e divenire, dove trova dimora ciò che non muta? Esiste ancora una verità che possa orientare l’agire dell’uomo, o la libertà, nel suo stesso trionfo, dissolve la possibilità di un fondamento? Non possiamo non dirci crociani – questo è certo – perché non possiamo non riconoscerci nella storia della libertà che egli, insieme ad altri grandi del pensiero italiano ed europeo del Novecento, ha dischiuso: la libertà come creazione, come responsabilità, come incessante riscatto del pensiero. Ma possiamo e dobbiamo domandarci se il cammino della verità coincida con quello della libertà, o se oltre Croce resti ancora da pensare un luogo dove la libertà non sia solo il moto del divenire, ma anche il custode dell’essere. È in questa domanda che l’eredità crociana rimane viva: non come dottrina, ma come inquietudine.


di Claudio Amicantonio