lunedì 20 ottobre 2025
Sguardi liberi e riflessioni su idee, potere, società
a cura di Sandro Scoppa
n. 9/2025 Onde di libertà: I Love Radio Rock
I Love Radio Rock, film del 2009 diretto da Richard Curtis, ci porta nel cuore degli anni Sessanta, quando una nave battente bandiera della musica libera sfida il monopolio della Bbc e diventa la voce di milioni di giovani. Il regista, già sceneggiatore di successi, costruisce una commedia ironica e sentimentale, ma anche una riflessione sul potere della musica come strumento di emancipazione culturale. La vicenda trae ispirazione da fatti reali: l’esperienza di Radio Caroline, fondata nel 1964 da Ronan O’Rahilly, che trasmetteva da acque internazionali sfidando apertamente il monopolio radiotelevisivo britannico.
La trama segue la vita di un gruppo di Dj che trasmettono giorno e notte da una nave ancorata nel Mare del Nord. Non sono solo eccentrici intrattenitori: incarnano la volontà di milioni di ragazzi che vogliono scegliere cosa ascoltare senza filtri. Insieme a loro c’è Carl, un giovane mandato a bordo per “raddrizzarsi”, che troverà invece la sua educazione alla libertà. Il battello diventa così un piccolo mondo, regolato non da ordini imposti ma da fiducia, reputazione e complicità. Gli scherzi, le rivalità, gli amori passeggeri e la solidarietà nei momenti difficili mostrano come anche una comunità fragile possa funzionare senza una burocrazia a governarla.
La radio è il vero motore della storia. Ogni brano che passa nell’etere – dai Rolling Stones agli Who, dai Beach Boys ai Kinks – è un inno contro il conformismo. Le scene che mostrano gli ascoltatori a terra, studenti che ballano, lavoratori che sorridono, coppie che si stringono, danno corpo al filo invisibile che lega la nave a milioni di vite. Il Conte, interpretato da Philip Seymour Hoffman, sintetizza lo spirito con il suo stile trascinante: «Sono le 21:00 e tutti i barbogi del pianeta seduti sul sofà, sorbiscono sherry mentre quelli che amano il rock and roll sono pronti a rockare e rolleggiare ancora una volta. Siete su Radio Rock e io sono il Conte. E conto su di voi per il conto alla rovescia all’estasi e al rock all day e all the night!».
Naturalmente, non manca l’antagonista. Il ministro Dormandy, interpretato da Kenneth Branagh, è una figura glaciale che incarna la logica del potere centralizzato. In una delle battute più celebri ammette senza veli: «Il vantaggio di essere al governo è che se c’è qualcosa che non ti piace puoi sempre fare una legge che la renda illegale». È la traduzione cinematografica della tentazione di ogni monopolio politico: piegare la legge per soffocare ciò che sfugge al controllo.
Il film culmina nel naufragio della nave, momento drammatico ma anche simbolico. Quando la struttura vacilla e tutto sembra perduto, non è lo Stato a intervenire. A salvare i protagonisti è un arcipelago di barche private, mosse dalla sola volontà di non lasciare spegnere quella voce libera. È un’immagine potente di ordine spontaneo: la società civile che reagisce senza aspettare permessi. Non sentimentalismo, ma una lezione di politica in forma visiva.
I Love Radio Rock è dunque molto più che una commedia musicale. È un racconto di libertà, di comunità che si autogovernano, di giovani che scoprono che la creatività e i sogni possono resistere ai divieti. Ricorda che il potere può fare leggi per mettere a tacere, ma non può spegnere il desiderio di ascoltare e di esprimersi. Ed è per questo che, ancora oggi, le onde della radio pirata continuano a parlarci come onde di libertà.
di Redazione