Addio a Claudia Cardinale, la musa di Fellini e Visconti

mercoledì 24 settembre 2025


Claudia Cardinale è morta all’età di 87 anni. L’attrice era circondata dai suoi figli a Nemours, vicino a Parigi, dove viveva. Era malata da tempo. È stata la musa di due maestri del cinema: Federico Fellini e Luchino Visconti. Nel 1993 riceve il Leone d’oro alla carriera della Mostra del cinema di Venezia. Viene premiata anche alla Festival di Berlino e omaggiata da cinque David di Donatello e altrettanti Nastri d’argento. “Il ballo è finito. Tancredi è salito a ballare con le stelle... per sempre tua, Angelica”. Così, rivivendo per l’ultima volta la sequenza che li vide indimenticabili protagonisti de Il Gattopardo, Claudia Cardinale aveva pianto, ad agosto 2024, la morte di Alain Delon. Quel valzer, consegnato per sempre alla storia del cinema, perde anche lei. Claudia Cardinale, pseudonimo di Claude Joséphine Rose Cardinale, nasce a Tunisi il 15 aprile 1938, figlia di siciliani che avevano trasferito oltre mare le loro piccole attività commerciali, Claudia Cardinale sarebbe diventata forse maestra elementare se la sorte non le avesse offerto, quasi per gioco, un’apparizione nella coproduzione I giorni dell’amore con la star egiziana Omar Sharif sullo stesso set.

Era nel 1956 e l’anno dopo quella ragazzina dallo sguardo corrucciato, il corpo da donna e l’animo da bambina, gli occhi ardenti e curiosi si sarebbe ritrovata suo malgrado eletta reginetta di bellezza a un concorso promosso dall’agenzia di promozione del cinema italiano in Tunisia. Diventare una donna copertina non piacque però per nulla all’adolescente Claudia che, sbarcata a Roma per frequentare la Scuola nazionale di cinema dopo un viaggio premio alla Mostra di Venezia, lasciò tutto dopo tre mesi. Tornò a Tunisi ma si scoprì incinta dopo un drammatico stupro che tenne segreto a tutti. A salvarla dallo scandalo fu il produttore Franco Cristaldi che, al corrente del segreto, le offrì un contratto con la casa di produzione Vides e la riportò in Italia facendola debuttare ne I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958), al fianco di Marcello Mastroianni e Vittorio Gassman. Il travolgente successo del film la impose su tutti i rotocalchi e, benché doppiata, si trovò a incarnare in pochi mesi una nuova generazione di bellezza divistica dopo la grande stagione delle “maggiorate” anni Cinquanta. L’incontro con Cristaldi e il successo inatteso sembrarono l’inizio di una bella favola, ma il rovescio della medaglia fu un contratto capestro che ne fece proprietà esclusiva di Cristaldi. Diede alla luce il figlio Patrick a Londra in gran segreto, girò piccoli e incisivi ruoli con molti dei migliori maestri del cinema (da Pietro Germi a Mauro Bolognini), ma non fu mai padrona della sua vita e si ritrovò perfino sposa “americana” (matrimonio celebrato ad Atlanta) del suo tirannico pigmalione. Per fortuna trovò proprio in Germi, Bolognini e poi Valerio Zurlini (La ragazza con la valigia, 1960) dei veri padri putativi che pian piano la portarono ad amare un mestiere scelto controvoglia.

La svolta arrivò con il primo incontro con Visconti (Rocco e i suoi fratelli) e il primo successo con Bolognini (Il bell’Antonio) entrambi del 1960, anno in cui Cardinale apparve in ben 5 titoli per poi imporsi come la nuova, vera diva del cinema italiano con due capolavori assoluti: Il Gattopardo e 8 1/2, entrambi accolti da un trionfale successo al Festival di Cannes nel 1963. Sulla Costa Azzurra l’attrice italiana che i francesi avevano già designato come la risposta a Brigitte Bardot era già di casa dopo la rivelazione con La viaccia e La ragazza con la valigia due anni prima.  Ma intanto il destino portò Cardinale a Hollywood. Forte della controversa esperienza con la Vides di Cristaldi, l’attrice visse a Los Angeles sei mesi l’anno, mise a frutto il bel successo de La pantera rosa in coppia con David Niven e Peter Sellers (sempre del ‘63), recitò con John Wayne, Rita Hayworth, Burt Lancaster, Rock Hudson (uno dei suoi migliori amici), ma era poco convinta di questo destino nomade. Preferì ancora una volta l’Italia dove l’attendeva Visconti (Vaghe stelle dell’orsa), dove illuminò Il giorno della civetta di Damiano Damiani e soprattutto dove Sergio Leone le offrì uno dei più riusciti caratteri femminili nella storia del western con C’era una volta il West (1968).

Intanto l’intesa con Cristaldi si avviava alla fine (divorzio sui due fronti alla metà degli anni Settanta) e crescevano le partecipazioni a film francesi come quando nel 1971 avvenne infine l’atteso faccia a faccia con il mito Brigitte Bardot in Le pistolere di Christian-Jacque. Furono poi ancora Bolognini (Libera amore mi) e Visconti (Gruppo di famiglia in un interno) a ridarle il piacere di “tornare a casa”.  Mentre Cristaldi le fece il vuoto intorno negli anni del divorzio, con Pasquale Squitieri Cardinale girò nel 1974 I guappi ed avviò, tra mille difficoltà, un lungo sodalizio che divenne anche una grande storia d’amore e d’amicizia. Squitieri le diede anche la gioia di una seconda maternità, l’amatissima Claudia junior. Ormai diva internazionale, si prese la rivincita per l’isolamento in patria vestendo i panni di Maria Maddalena nel Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli (1977), incarnò la Napoli visionaria e realistica di Liliana Cavani ne La pelle (1981) e poi seguì Werner Herzog in Fitzcarraldo (1982).

Due anni dopo diede scandalo a fianco di Squitieri presentando a Venezia Claretta in cui offriva la sua passionale umanità alla figura controversa di Claretta Petacci, recitò nell’Enrico IV di Marco Bellocchio e soprattutto fu la straziata e formidabile protagonista de La storia di Luigi Comencini dal bestseller di Elsa Morante. La vita artistica di Claudia Cardinale ha scoperto nuovi orizzonti dalla fine degli anni Novanta: il teatro (in particolare con La venexiana di Maurizio Scaparro), il sostegno ad autori giovani e produzioni indipendenti. “Ho vissuto il mestiere del cinema, non per scappare dalla vita – raccontava – ma per viverla meglio di come ho vissuto la vita vera, se non altro con più sincerità e consapevolezza”. Donna libera, impegnata nelle cause civili, dotata di autoironia, quella che David Niven definì “la più bella invenzione degli italiani dopo... gli spaghetti” scoprì lontano dall’Italia una dimensione umana e un’arte della vita senza i riflettori che sarebbe andata di pari passo con la sua riservatezza e sete di novità.


di Eugenio De Bartolis