“I giorni di vetro”: un testo raffinato per una storia avvincente

lunedì 22 settembre 2025


L’interesse che ha suscitato il libro di cui è autrice Nicoletta Verna, a cui è stato attribuito il Premio Sila, intitolato I giorni di vetro, edito dalla Einaudi Stile libero, è dovuto alla grande capacità di raccontare gli anni in cui si ebbe l’avvento del fascismo, il ventennio, e la guerra civile, che divise gli italiani dopo l’8 settembre 1943. Le voci narranti nel libro, un vasto affresco storico scritto con una lingua raffinata e sofisticata, sono due donne, Redenta ed Ires. Redenta venne al mondo il 10 giugno del 1924, proprio mentre Giacomo Matteotti era stato sequestrato. Il padre Primo, a cui erano morti alcuni figli appena la moglie Adalgisa li aveva messi al mondo, nell’osteria di Castrocaro, vicino Forlì, rintuzzava da fervente fascista quanti sostenevano che le elezioni erano state vinte da Benito Mussolini con il manganello, la legge Acerbo e i brogli elettorali. Redenta i primi anni di vita era immersa nel silenzio, né piangeva né parlava. Primo, che aveva conosciuto Adalgisa in una sala da ballo, salvandola dopo che era crollato il pavimento, era stato accoltellato dalla futura moglie Adalgisa.

I primi anni di vita Redenta li trascorre con la nonna Fafina, che aveva salvato un piccolo trovato per caso in una sera fredda di gennaio, il cui nome era Bruno. Bruno appare a Redenta come il bambino che ha una naturale inclinazione per ciò che è giusto, visto che disdegna le convenienze. Il padre di Redenta nel 1935 si arruola e partecipa alla conquista della Eritrea con cui nacque l’Impero e Mussolini raggiunse il vertice del consenso popolare. Redenta, mentre Bruno tenta di svegliarla una mattina, avverte un dolore alla gamba e viene colpita dalla polio, con la febbre alta. Guarisce grazie alle cure che riceve all’ospedale di Forlì, ma rimane con una menomazione permanente alla gamba. Castrocaro, durante il regime fascista, per le terme e il grande albergo che Mussolini vi fece costruire, diventa la meta preferita dai signori e dagli aristocratici. È bella la descrizione di come Forlì e Castrocaro cambiano e si modernizzano per le attenzioni che vi dedica Benito Mussolini, frequentatore delle terme. Ires è nata a Tavolicci, un piccolo borgo dove la madre, una maestra, è riuscita a strappare alla condizione dell’analfabetismo i bambini che vivevano in questa piccola località. Ires, divenuta adulta, si reca a Forlì per lavorare nella dimora sontuosa dei Marchesi, due intellettuali, il marito medico famoso e la moglie donna di cultura. Diaz, un giovane affascinante, in preda allo sconcerto, scopre che Ires non sa nulla di chi sia Benito Mussolini e le mostra il monumento ai caduti di terra, di mari e di monti, che si trova nel centro di Forlì.

Ires, a casa dei marchesi, dopo avere letto dei libri, sullo stato etico, il socialismo, la lotta di classe, il nazionalismo, matura la scelta di partecipare alle riunioni tenute dal Marchese, a cui, oltre a Diaz, sono presenti i giovani universitari antifascisti. Redenta viene indotta dal padre a sposare Vetro, un gerarca fascista, che aveva preso parte alla guerra in Eritrea con Primo, ed aveva perso un occhio, quando il viceré Rodolfo Graziani subì un attentato. Fu Primo a salvargli la vita. Redenta, una donna con la menomazione alla gamba, subisce le prevaricazioni e gli atti di crudeltà da suo marito, Vetro, un uomo sadico e violento, che incarna l’aspetto mefistofelico della natura umana. Primo, proprio quando è imminente il proclama di Mussolini, con piena convinzione, lui che aveva preso parte alla prima guerra mondiale, è convinto che ci sarà un’altra guerra, e questa volta sarà senza Caporetto, senza la vittoria mutilata, e senza l’onta di Fiume. Bruno, arruolato a Cuneo, viene mandato a combattere in Russia, da cui spedisce lettere che appaiono a Redenta prive della sua visione della giustizia umana.

L’8 settembre, con la caduta del fascismo, e senza che si abbiamo più notizie di Mussolini, a Castrocaro si nota un cambiamento profondo, poiché il regime viene considerato la fonte di ogni ingiustizia e nequizia. Il 18 settembre, quando Mussolini invitò i suoi seguaci a riprendere a combattere a fianco dei tedeschi, Vetro indossa di nuovo la divisa fascista e va subito dentro la sede del fascio. In seguito si seppe che era stata bombardata Firenze, le case, le strade e i palazzi erano sventrati, e i morti innumerevoli. Il battaglione nazista M IX arrivò a Castrocaro al principio di luglio. La paura aveva sfigurato il volto dei cittadini di Castrocaro, facendoli regredire ad una condizione animalesca, per cui agivano obbedendo ciecamente all’istinto, della fame, della sete, della sicurezza personale. Rientrato dalla Russia, in modo fortunato, e dopo che i Marchesi si erano rifugiati in campagna, da dove, durante la guerra civile del 1943-45 dirigevano una radio clandestina, Diaz e Ires, con altri giovani antifascisti, iniziano a muoversi, come una forza di opposizione invisibile sulle montagne, per compiere gli attentati contro i nazi-fascisti.

Queste sono le pagine più intense e belle del libro, che incantano il lettore per la loro forza poetica e descrittiva. Ires, prima di entrare in clandestinità con i suoi compagni partigiani, legge i manifesti sparsi per Castrocaro, che contengono il proclama di Kesselring, in base al quale l’Italia è territorio di guerra e per questo motivo vigono le leggi marziale tedesche. Diaz, il partigiano divenuto simbolo di libertà e giustizia, riceve dal Marchese la indicazione che vi sarà un vertice con i maggiori gerarchi nel grande Hotel di Castrocaro, con Mussolini in collegamento telefonico da Rocca delle Caminate, riunione politica durante la quale venne riorganizzato il partito fascista e nacque la Repubblica di Salò. Trovandosi al cospetto del gerarca Graziani, Ires, che ha la pistola nella borsetta, non riesce a sparare contro di lui. In un’altra occasione Ires con il mitra ucciderà un giovane tedesco. La causa e la lotta spingono i partigiani a mettere da parte, tra dubbi ed esitazioni, le remore di ordine morale. Queste nel libro sono pagine di grande letteratura. Sul monte Colombo, dove i partigiani attendono di ricevere gli aiuti dagli alleati con il lancio dagli aerei, viene perpetrato un attentato che provoca la morte di oltre cento tedeschi.

È bello il modo in cui viene ingannato Vetro, che ha ridotto sua moglie Redenta in condizione di grande vulnerabilità, da Ires, che finge si innamorarsi di lui. Ires, dopo la fine della guerra, visita il cimitero di Castrocaro. Alza i suoi occhi e scorge il campanone che si staglia nel cielo azzurro, e nota l’armonico dispiegarsi delle tombe bianche. Pensa che quando tutto termina, le persone ricevono il perdono definitivo da Dio e cessano le sofferenze umane. Conversando con Vittoria, nel cimitero di Castrocaro, Ires osserva che questa guerra maledetta ha ammazzato tutti, anche i vivi. Perché i vivi, dopo la fine della guerra non sono più vivi, ma sopravvissuti devastati dai sensi di colpa provocati dalle violenze dovute alla ferocia della guerra civile. Un libro bello, profondo e scritto benissimo.

(*) I giorni di Vetro di Nicoletta Verna, Einaudi Stile libero 2024, 448 pagine, 20 euro


di Giuseppe Talarico