martedì 16 settembre 2025
Robert Redford è morto nel sonno a 89 anni, nella sua casa di Provo, nello Utah. Il leggendario attore-regista indipendente di Hollywood ha attraversato la storia del cinema, vincendo due Oscar e fondando il Sundance Film Festival. La sua ultima apparizione sul grande schermo è stata in Avengers Endgame (2019) di Anthony e Joe Russo, in un cameo. Ma alle scene aveva già dato addio l’anno prima, con il film The Old Man & The Gun di David Lowery. Il padre appena nato, secondo un’usanza Sioux, lo avrebbe portato a bagnarsi nell’acqua dell’oceano, senza provocare in lui alcun pianto. Ottimo segno per la cultura pellerossa. “Pare che mi sia messo addirittura a ridere”, raccontava Redford. Un talento premiato da due Academy Award: nel 1981, come regista per Gente comune (Ordinary People); nel 2002 con una statuetta alla carriera. Le caratteristiche di Redford sono state indubbiamente uno straordinario fascino unito alla passione politica, umanitaria e per l’ambiente e al sostegno del cinema indipendente, con il suo Sundance Festival, creato insieme all’amico regista Sidney Pollack. Diventa la più importante vetrina mondiale del cinema indipendente. Nato il 18 agosto 1936 a Santa Monica (California) dalla casalinga Marta W. Hart casalinga e dal lattaio di origine irlandese, Charles Robert, Redford vede morire la madre a soli 41 anni. Decide di abbandonare gli studi nel 1956 e parte per l’Italia e la Francia, per misurarsi con la vita d’artista. “Erano gli anni della depressione, c’erano pochi soldi, i miei avevano perso tutto. Si erano trasferiti a vivere su una roulotte, emigrando da Chicago in California. Un paio di amici dei miei genitori, impietositi per via del pancione di mia madre, avevano accettato di ospitarci nel bungalow”. Redford è perfetto in tutti i ruoli (tranne forse in quelli da cattivo). Incarna meglio infatti l’eroe positivo, romantico, quello che ogni mamma americana vorrebbe come genero.
Nel 1958, dopo alcuni ruoli in serie tivù (Gli intoccabili, Perry Mason, Alfred Hitchcock presenta e Ai confini della realtà), esordisce sul grande schermo con (War Hunt) di Denis Sanders, nel cui cast figura anche Sydney Pollack che poi, da regista, ne fa il suo attore feticcio. È miglior attore emergente ai Golden Globe nel 1966, per il ruolo del produttore bisessuale sposato con Natalie Wood nel film Lo strano mondo di Daisy Clover (Inside Daisy Clover) di Robert Mulligan. Arriva poi il western La caccia (The Chase) di Arthur Penn, con Jane Fonda e Marlon Brando e, nel 1969, con Paul Newman è ancora in un western di culto firmato da George Roy Hill, Butch Cassidy (Butch Cassidy and the Sundance Kid). Sempre Hill e la stessa coppia poi nel 1973 lavoreranno a La stangata (The Sting), film di culto premiato con 7 Oscar. Per molti Redford è il romantico Hubbell con il suo amore tormentato per Katie Molosky (Barbara Streisand), militante comunista totalmente diversa da lui in Come eravamo (The Way We Were) di Pollack, o Il Grande Gatsby (The Great Gatsby) del 1974 di Jack Clayton, tratto dall’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald, in cui è il romantico Jay. Con Pollack arrivano poi il western Corvo rosso non avrai il mio scalpo! (Jeremiah Johnson), e la spy-story I tre giorni del condor (Three Days of the Condor). Con un altro attore eccezionale come Dustin Hoffman recita in Tutti gli uomini del presidente (All the President’s Men), nel ruolo di Bob Woodward, uno dei due cronisti politici che scoprirono lo scandalo Watergate che portò all’impeachment di Richard Nixon. Ancora Pollack lo dirige in La mia Africa (Out of Africa), con Meryl Streep, ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen.
Recita anche ne Il migliore (The Natural) di Barry Levinson, dove approfondisce la propria passione per il baseball. Sul fronte della regia, arrivano poi Milagro e il melò con Brad Pitt, In mezzo scorre il fiume (A River Runs Through It). È ancora dietro la macchina da presa per Quiz Show e per L’uomo che sussurrava ai cavalli (The Horse Whisperer) dal bestseller di Nicholas Evans. Nel 2007 dirige di nuovo Meryl Streep in Leoni per agnelli (Lions for Lambs), due anni dopo produce I diari della motocicletta di Walter Salles, sulle avventure del giovane Ernesto “Che” Guevara. Sul suo impegno politico e la sua anima pasionaria basti solo la frase detta dall’attore e regista nel 2012 al Lido di Venezia dove aveva presentato fuori concorso La regola del silenzio (The Company You Keep), thriller tra politica e impegno: “Ogni generazione ha la possibilità di diventare guida del proprio tempo. Mi rattrista vedere che la mia sia così corrotta da non cogliere questa opportunità che poi è anche un dovere che abbiamo rispetto ai giovani di oggi: dovremmo lasciare in eredità qualcosa di buono piuttosto che un mondo che sta marcendo”.
di Eugenio De Bartolis