Il dialogo immaginario tra Seneca e Faust nel libro di Andrea Carandini

mercoledì 27 agosto 2025


È sorprendente leggere il libro di cui è autore il grande studioso di archeologia Andrea Carandini, intitolato Seneca e Faust. Dialoghi sulla morale tra origini e decadenza, edito dalla casa editrice Rubettino. Nella prima parte del dialogo, immaginando l’incontro tra questi due personaggi – Seneca che simboleggia la saggezza del mondo antico, e Faust l’inquietudine dei tempi moderni – Faust confessa di essere felice di conversare con un uomo dall’animo tranquillo e sereno. Ricorda Seneca che, durante i primi anni del regno di Tiberio, la sorella di sua madre lo accompagnò a Roma perché potesse seguire i maestri della filosofia, quali Metronotte, Attalo, Sozione di Alessandria, Papirio Fabiano. Sestio, uno dei suoi maestri, non si recava né era ricevuto nel palazzo di Augusto sul colle Palatino. Sotto Caligola, il principato di Augusto si era trasformato in una monarchia universale, simile a una tirannide persiana. Nel 41 vi fu la congiura per eliminare Caligola e restaurare la libertà.

In quegli anni, Seneca compose il suo testo intitolato la Consolatio ad Marciam, che aveva perduto il figlio. Marcia non riusciva a superare il dolore provocato dalla morte di suo figlio. Per consolarla, Seneca osserva che nascendo approdiamo al mondo, e siamo in balia della fortuna che infligge a piacere i suoi maltrattamenti, sicché la vita è un pianto. Solo nella morte, che elimina l’arbitrio della fortuna, siamo esenti dalle insidie della vita. Sotto il regno di Claudio, nei suoi dialoghi con Faust, Seneca ricorda di avere scritto il suo trattato sullira (De Ira). L’ira è la reazione causata da una offesa ricevuta oppure da un torto subito. La ragione, da cui dipende la nostra sorte, ha potere solo fino a quando è separata dalle passioni. Se si confonde con esse, la ragione non riesce a moderarle e arginarle. Il rimedio contro l’ira è l’indugio iniziale, che permette al giudizio di intervenire. Seneca ricorda che Messalina, moglie di Claudio, lo accusò di adulterio con Giulia Livilla, sicché venne relegato in Corsica. In questi anni vissuti nel tormento sull’isola, Seneca ha scritto opere di grande profondità come La fermezza del saggio, la Consolazione alla madre Elvia, il De tranquillitate animi e Lozio.

Se i potenti possono controllare il corpo, l’animo non sono in grado di sottometterlo alla loro volontà, poiché con l’esercizio del pensiero si esplorano le cose divine, oltre a poter contenere lo spazio infinito e il tempo passato e futuro. Per consolare Polibio, Seneca in Corsica ha scritto Ad Polybium de consolatione, un liberto scrittore divenuto segretario di Claudio, a cui la cattiva sorte aveva sottratto il fratello, morto giovane. A Polibio, ricorda Seneca nel suo dialogo con Faust, ha fatto notare che i morti erano immuni al male, poiché non dovevano più patire le offese, il dolore, la malasorte, la malattia e la paura. Gli anni più difficili in Corsica per Seneca sono stati quelli tra il 41 ed il 47. Agrippina convinse Claudio a sposarla, sicché la sua eminente posizione nella corte ha consentito la riabilitazione di sua sorella Giulia Livilla.

In seguito a questo fatto, Seneca è ritornato a Roma, nel dialogo con Faust definita una città dissoluta. A Seneca, Agrippina aveva presentato il figlio Domizio, il futuro imperatore Nerone, a cui Seneca insegnò la retorica per farlo diventare un grande oratore, visto che la madre voleva che fosse il successore di Claudio a capo dell’Impero romano. In questi anni, Seneca compose il suo celebre testo Sulla vita breve. La vita, oltre che breve, è insicura perché dipende dall’arbitrio del destino, visto che solo il passato è sicuro, non essendo possibile modificarlo. La vita si rivela alla fine un vano inganno, per chi passa da un desiderio all’altro. Dopo la congiura contro Claudio, ordita da Agrippina per eliminarlo, assurge alla carica di imperatore Nerone, che all’inizio sembrava promettere, ricorda Seneca, l’inizio della età delloro a Roma.

In questo periodo, Seneca compose il libro intitolato La clemenza, che trasse origine dalle conversazioni avute con l’imperatore Nerone tra il 54 e il 55. In questo testo, Seneca si dichiara favorevole alla monarchia, visto che, a causa delle dimensioni raggiunte dall’impero, era impossibile ritornare alla repubblica. Nerone si era dedicato al governo della cosa pubblica, sicché non era possibile separare l’Impero dal principe. La clemenza è un atteggiamento che appartiene ai grandi politici che guardano dall’alto e con distacco alle offese e ai torti subiti. Ricorda Seneca le lettere che, anche se oggi sono considerate apocrife dagli studiosi, pare che abbia scambiato con Paolo di Tarso, il vero fondatore del cristianesimo. Nel suo dialogo con Faust, Seneca coglie gli elementi capaci di minare l’ordine imperiale, presenti  sia nello stoicismo sia nel cristianesimo.

Dopo la morte di Agrippina, favorita e pianificata da Nerone, sono iniziati i processi politici per lesa maestà contro Nerone, dovuti alla azione sconsiderata di Sofonio Tigellino. Nell’anno 62 un liberto lo aveva accusato di alto tradimento contro Nerone. Per questa ragione Seneca rinuncia a parte della sua fortuna e si ritira a vivere in tranquillità, dedicandosi alla riflessione intellettuale. In questi anni, scrisse il celebre libro Ricerche sulla natura. Grazie alla virtù, l’animo si eleva tra le stelle, da dove può osservare le bassezze umane. L’animo, che proviene da Dio, è la nostra parte migliore. L’universo non è il prodotto del caso, ma è il risultato di un disegno prestabilito da Dio, che non possiamo vedere ma solo immaginare con la forza della immaginazione. Le Lettere a Lucilio, l’opera capolavoro di Seneca, deriva dalle lettere che scambiò con il governatore della provincia di Sicilia, appunto Lucilio. Perché la vita del saggio sia moralmente esente dalla stoltezza, bisogna accrescere le forze spirituali, agendo in modo da rispettare la volontà di Dio. Gli studi umanistici, come la filosofia, ci consentono di penetrare nella profondità dellanimo, di riconoscere il bene che deriva dalla virtù, e di contrastare il male che discende dalla malvagità.

Nella parte finale di questo straordinario libro di Andrea Carandini, Faust, che personifica la inquietudine moderna, parla del rapporto esistente secondo Antonio Damasio, grande studioso, tra l’emozione, il sentimento e il pensiero alla base del sé. Inoltre, molto spazio viene data alla teoria dell’evoluzione della specie di Charles Darwin, e al rapporto tra il conscio e l’inconscio, secondo la psicanalisi di Sigmund Freud. L’edonismo esagerato del nostro tempo, per il Faust di Carandini, nell’età della tecnica rischia di annientare la idea del bene e quella della virtù. Un libro di grande valore culturale e filosofico.

(*) Andrea Carandini, Seneca e Faust. Dialoghi sulla morale tra origini e decadenza, Rubettino, 2025, 344 pagine, 24 euro


di Giuseppe Talarico