A San Bevignate la storia del “santo” mancato ai Templari

venerdì 1 agosto 2025


Immaginate un frate eremita del 1246 col saio di lana grezza grigio scuro, che vive alle pendici di Perugia, oggi frazione Monteluco, pregando e compiendo opere. Annuncia la gloria divina e chiede il lavacro. Molti i seguaci: malati, poveri, sofferenti, ma anche benestanti che in quel monaco solitario e sfuggente vedono la sconfitta del male. Nell’area i Cavalieri Templari, provenienti dalle Gallie, possiedono una piccola chiesa dedicata a San Gerolamo. L’Ordine dei monaci cavallereschi difensori del Tempio di Gerusalemme e dei Cristiani in Palestina è molto attivo. L’eremita li attrae, gli danno il nome di San Bevignate. Egli alza la sua orazione a San Michele, implora il perdono, combatte le epidemie. La regola della povertà e delle indulgenze di San Francesco influenza la spiritualità del tempo e, anche se non ci sono prove di contatti diretti tra le due figure, San Bevignate si impone come l’anonimo predicatore spogliato del potere. In quell’area di Perugia l’Ordine cavalleresco possiede svariati fondi agricoli e attirato dal seguito decide di innalzare una chiesa: all’inizio, nel 1256, è solo una piccola commanderia, ma già nel 1280 diventa un importante snodo amministrativo nell’Italia centrale dei terreni e dei beni templari nell’alto Lazio e nella Toscana. E oggi, che ne è di questo monumento architettonico depositario di storia e testimonianza? Secondo lo storico Pietro Scarpellini “San Bevignate è il più ampio complesso pittorico, il più ricco di immagini esistente sui Templari”.

Chiesa sconsacrata nei pressi del cimitero di Monteluco, la si riconosce a distanza: complesso possente, solenne, ma al tempo stesso austero, passato dall’abbandono conseguente alla messa all’indice dell’Ordine prima a deposito di legname, poi perfino canile, quindi caserma dei Vigili del Fuoco, dopodiché magazzino. Luogo dimenticato e caduto nella disgrazia dei Cavalieri del Tempio di Salomone, finché dal 2003, sull’onda degli interventi post terremoto, il Comune di Perugia ha pianificato susseguenti restauri con un obiettivo ambizioso: farne uno dei luoghi più importanti d’Europa per la storia dei Templari, un centro di studi e di ricerca, oltre che la testimonianza diretta di dipinti, affreschi, simboli e chiavi di lettura, l’antico codice dei Soldati di Cristo. “Non sembra che sia stato rintracciato in nessun’altra chiesa – ha osservato lo storico dell’arte Scarpellini – un affresco con un gruppo di Templari che indossano gli abiti bianchi dei monaci, anziché i soliti indumenti militari”.

È con questa consapevolezza che si varca il portone d’ingresso, per essere accolti nella navata unica con due campate coperte da volte a crociera. L’abside quadrata, al di sopra di una cripta leggermente rialzata, è introdotta da un grandioso arco trionfale. Ciò che affascina e cattura sono i cicli iconografici, testimonianze dense di scene: la Processione di flagellanti, la splendida Battaglia fra templari e musulmani e la breve Legenda di San Bevignate, sul cui mantello molti pellegrini e devoti incisero i propri graffiti nel corso del Quattrocento e Cinquecento. Le croci cosmologiche, cioè le croci sovrapposte a cosmi rappresentati come cerchi, e le stelle si susseguono nei dipinti, così come i temi floreali e le simboliche croci inscritte nei medaglioni richiamano quelle di Sainte-Chapelle di Parigi, dimostrando che anche nella lontana Perugia per i Templari la Francia era il modello culturale.

Il destino di San Bevignate non è meno misterioso di quello dei Cavalieri medioevali. Visto che erano divenuti titolari di fortune a causa di debiti di Filippo IV di Francia con l’Ordine, nel 1307, “ il Bello” ne ordinò la soppressione. Accusati di eresia e altri crimini furono arrestati e giustiziati, tra cui l’ultimo Gran Maestro Jacques de Molay, e ufficialmente sciolti nel 1312. Similmente, San Bevignate non ebbe mai una canonizzazione ufficiale. Il frate cavaliere Bonvicino, tra il 1256 e il 1262, completò il progetto dei Templari e a più riprese la cittadinanza chiese il riconoscimento del santo. In particolare, quando si diffusero nel perugino le orazioni particolari della Lezenda bolognese di Fra’ Raniero Fasani e cioè le processioni penitenziali, generalis devotio, dei flagellanti e dei disciplinati, movimenti da cui presero l’oscuro cammino anche sette religiose che vedevano nella flagellazione e autoflagellazione il metodo. Ecco che arriviamo al crocevia più interessante per quella storia sprofondata nell’occulto Medioevo. La purificazione francescana dal potere e dalla ricchezza incontra le missioni templari per salvaguardare il messaggio e la testimonianza di Cristo, intreccio tra amore e dolore come esperienza salvifica, a cui però la Chiesa ufficiale non aderisce. San Bevignate ebbe solo una canonizzazione laica, a furor di popolo, nel 1453, ma non pontificia. Come ha scritto Chiara Frugoni: “Probabilmente ai Templari mancò il riconoscimento del proprio santo”.

Il monastero perugino passò prima ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e nel 1324 a un mercante di Perugia, Ricco di Corbolo, che prima vi insediò una comunità monastica per la moglie e 23 monache, poi dovette ricedere all’ordine di Gerusalemme il complesso per problemi economici. Fino al 1860 la chiesa perse di interesse, finché divenuta proprietà del Comune di Perugia entrò nel progetto di recupero. Durante i lavori di restauro fu scoperto un interessante tratto di pavimentazione in cotto e a quota inferiore una pavimentazione in mosaico, oltre a una moneta databile tra il III e II secolo avanti Cristo. Gli scavi hanno portato alla luce una sorprendente lavanderia-tintoria, un impianto artigianale per il trattamento dei tessuti. Così che ora è di rara suggestione camminare sulle lastre di pietra tra vasconi avvolti dall’odore del tufo. Anche questo un contatto tra Francesco, figlio di Pietro di Bernardone, il ricco mercante di tessuti nonché tintore, e il complesso archeologico, sapendo che dove vi fosse una presenza romana, i Templari edificavano luoghi di culto cristiano.

Una pioggia incessante si abbatte sulla visita, la luce si spegne, forse un fulmine, un cane ulula in lontananza, uno strano grido squarcia la solitudine. Fasci di luce illuminano le croci cosmologiche, le nove stelle s’accendono, il Giudizio Universale emerge nel suo monito e si fa visibile l’affresco in cui figurano San Francesco, Gesù al centro e Maria Maddalena. I due leoni, firma della forza custode, sono a indicare il confine. San Bevignate occasione di esperienza templare iconografica e testimoniale.


di Donatella Papi