giovedì 17 luglio 2025
C’è la Arriflex, la macchina a spalla con cui amava girare Pier Paolo Pasolini e con cui Stanley Kubrick nel 1971 girò le scene mobili di Arancia meccanica. C’è un pezzo raro ante Prima guerra mondiale della Krupp-Ernemann, la ditta che fabbricava bombe e si specializzò nei proiettori cinematografici 35 millimetri. Ci sono le lanterne magiche, la scatola chiusa con una candela su cui si alternano le immagini disegnate sui vetrini inventata nel 1659 dal matematico astronomo olandese Christiaan Huygens e quindi antesignana nel Settecento dei proiettori. E si può assistere alla proiezione manuale di spezzoni dei film di Charlie Chaplin oltre che passare in rassegna le più storiche macchine da presa, i fari, i primi magnetofoni. Ma ci sono anche decine di manifesti e locandine storiche, che dagli albori del cinema ai mitici anni del Neorealismo e della Dolce vita arrivano ai film dei nostri giorni. Da Riso amaro del 1949 per la regia di Giuseppe De Santis, che lanciò Silvana Mangano con Vittorio Gassman e Raf Vallone, a Il sorpasso diretto nel 1962 da Dino Risi con Jean-Louis Trintignant e ancora Vittorio Gassman, mattatore di quel tempo, fino a Dario Argento, Pupi Avati e Panni sporchi di Mario Monicelli che nel 1999 inserì nel cast Michele Placido, Mariangela Melato, Ornella Muti, Alessandro Haber, Paolo Bonacelli.
Questa carrellata rara e storica è la proposta di una suggestiva mostra allestita nel Palazzo comunale di Velletri, Sala Garibaldi e Sala delle Lapidi, nell’ambito del primo Festival del cinema e dell’audiovisivo (in programma dal 15 al 22 luglio), voluto dalla Giunta e dall’Assessorato allo Spettacolo di Paolo Felci, con il contributo della Cineteca Lucana di Gaetano Martino e la collaborazione di Graziano Marraffa, presidente dell’Archivio storico del cinema italiano. “I manifesti – ci tiene a sottolineare Marraffa – non sono riproduzioni, sono tutti autentici e mostrano il cambiamento: dai cineromanzi quando si usavano 10-15 foto busta, una specie di fotoromanzo della trama, alle immagini della pellicola che erano il patrimonio dei fotografi di scena. Il film non solo si fruiva in sala ma circolava in foto che si fissano nella memoria e per cui la fotografia ha una grande parte che andrebbe valorizzata e meglio riconosciuta”. Cosa dimostra, infatti, questa esposizione di soggetti e reperti? “Dimostra che il cinema italiano era un’industria fiorente e sana e che si lavorava spesso in coproduzione, i nostri film avevano cast internazionali”, prosegue il presidente dell’Archivio storico. “In Guerra e pace del 1956, con Mel Ferrer, Vittorio Gassman e Annamaria Ferrero ci sono Audrey Hepburn ed Henry Fonda, per la regia di King Vidor. Intendo dire che il cinema era arte cinematografica su scala mondiale”.
Gaetano Martino è figlio d’arte, nel senso che a Oppido Lucano, in provincia di Potenza in Basilicata, suo padre aveva una sala, la prima, e da lì è iniziata la sua avventura. Arrivato a Roma, nel 1978, si è iscritto a Fisica e ha preso la laurea, ma nel frattempo ha frequentato i vecchi cinema e tutti i luoghi in cui l’evoluzione digitale e tecnica ha comportato la dismissione delle apparecchiature. Gaetano ha cominciato a collezionarle, ancora oggi lo chiamano e lui pazientemente si accolla cimeli, antichi proiettori che sembrano destinati all’estinzione. Invece, lui li risana, li restaura e soprattutto li rimette in funzione. “Mi vengono a cercare”, racconta. “Sei tu che prendi le vecchie macchine? E mi regalano questi ferri che hanno anima e vita”.
Decine, anzi, centinaia fino a migliaia. A Oppido Lucano Gaetano Martino ha allestito nel 1997 insieme alla moglie Delia la fondazione Cineteca Lucana, che si estende per circa 10mila metri di materiale: un migliaio tra proiettori e macchina da presa, 10mila film lungometraggi in 35 millimetri dal muto a oggi, 18mila documentari, 150mila manifesti, 12mila libri di interesse cinematografico e la sezione pre-cinema con 180 tra lanterne magiche e visori. E tutta la filmografia di Roberto Rossellini e Pietro Germi oltre che le quattro versioni della sceneggiatura di Amarcord di Federico Fellini. Al Palazzo Comunale di Velletri è in mostra una sintesi curatissima delle preziose testimonianze della settima arte. Le macchine si possono vedere, sfiorare, gustare all’opera. Il maestro Martino le accarezza: “Oggi – spiega – la tecnologia ha sconvolto la produzione ma non è un caso che grandi case stiano tornando alla pellicola, la quale garantisce un’alta definizione ineguagliabile. E anche sul piano della conservazione, la pellicola se mantenuta, può dare risultati diversi dai supporti digitali. Dalla storia della proiezione abbiamo ancora da imparare”.
di Donatella Papi