Maturità 2025: Meloni-Valditara, la risposta esatta

venerdì 20 giugno 2025


“Lo so oggi è il giorno: l’esame di maturità”. Esordisce così, nel videomessaggio, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per la prova 2025 targata Meloni-Valditara. “Avete dormito poco, avete mille pensieri, siete pronti – prosegue la Premier -. Perché dietro di voi ci sono anni di studio, di impegno, fatica e anche tanti sogni. Fate un bel respiro, arrivate a testa alta, date il massimo. Siate fieri di voi stessi, vi mando un grande in bocca al lupo. Forza ragazzi, siete il nostro orgoglio”.

Il messaggio del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara incita gli studenti: Siate fedeli a voi stessi. Mettete in gioco quello che voi siete. E voi siete tanto, valete tanto. Quando dico che la personalizzazione dell’istruzione è la stella polare del ministero non è un esercizio retorico. Penso ad ognuno di voi. Giuseppe Valditara per molti studenti è “il ministro Pcto” perché ha introdotto la pratica accanto alla teoria, ma per alcuni è “l’antipatico che sequestra i telefonini”. Mettere tutti voi nella condizione di esprimere i vostri talenti è il nostro compito” sembra reagire lui nel video. “Talenti plurali, diversissimi, personalissimi. Il mio auspicio profondo è che gli esami rappresentino il compimento dei vostri talenti”, incalza. E conclude con una frase slogan: “Trovate voi stessi, trovate il futuro”. Sono giornate cruciali di politica internazionale, in Italia il dibattito su scuola e giovani riguarda il ruolo dello studio nell’educazione di fronte ai dilemmi sociali e ai buchi neri della cronaca. Un borbottio lontano scuote la concentrazione con la provocazione “aboliamo gli esami”, ma l’antico leitmotiv ha sempre la voce di Antonello Venditti e le note di “notte prima degli esami”, più per addolcire i boomer che non per emozionare la generazione Z. Figurarsi, a dodici anni sono già fidanzati e a quattordici dannatamente devono vedersela con i femminicidi, si capisce perché chiedono se ha ancora un senso fare la maturità.

Per questo i videomessaggi di Giorgia Meloni e del ministro dell’Istruzione e del Merito ispirati al “voi cercate i vostri talenti, noi cerchiamo i vostri talenti”. Ed ecco dunque che le tracce di italiano propongono una gamma di analisi e riflessioni per mettere in luce conoscenza, comprensione e opinioni. Le agenzie di stampa hanno già battuto la preferita. Ha vinto “il rispetto” dal brano dell’articolo dello scorso anno del caporedattore di “Avvenire”, Riccardo Maccioni: “Il rispetto è relazione”, dice. Per l’analisi del testo si poteva scegliere tra la poesia “Dal diario” di Pierpaolo Pasolini e il brano de “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa su Angelica. Per il testo argomentativo, tra una riflessione su “Gli anni Trenta. Il decennio che sconvolse il mondo” di Piers Brendon (Carocci Editore) e l’assunto del filosofo evoluzionista Telmo Pievani “un quarto d’era (geologica) di celebrità”. Oppure, l’argomentazione dell’articolo del supplemento del Corriere della Sera, 7-Sette, “L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa?” delle giornaliste Anna Meldolesi e Chiara Lalli. Infine, la prova di attualità sulla legalità contro le mafie ispirata all’intervento, pubblicato su Epoca nel 1992, del giudice Paolo Borsellino dal titolo “I giovani, la mia speranza”.

Sarà interessante sapere quale prova hanno svolto i giovani 2025 dei licei, dei vari percorsi, italiani e stranieri, nord e sud, sinistra e destra, antifascisti e fascisti dell’ultima ora, woke e chi più ne ha più ne metta. E sarebbe virtuoso pubblicare i migliori componimenti, a cura del Ministero Valditara, per corrispondere gli auspici della Premier (“siete il nostro orgoglio”) e per credere alla ricerca di talenti.

Quanti hanno scelto di svolgere la traccia sul capolavoro dell’autore erede del Principe, Duca, Barone don Fabrizio Corbera di Salina, nato nel 1896 a Palermo, che combatté nella Prima Guerra Mondiale e visse la disfatta di Caporetto, il quale ebbe l’idea di scrivere il Gattopardo, simbolo araldico della sua famiglia, nel 1954 per raccontare il Risorgimento? I bookmakers la davano tra le più scontate dopo la serie Netflix, le sei puntate dirette da Tom Shankland con la collaborazione di Laura Luchetti e Giuseppe Capotondi interpretata da Kim Rossi Stuart a sfidare il mito di Burt Lancaster, a 67 anni dalla pubblicazione del manoscritto lasciato da Giuseppe Tomasi nel ‘57 (Premio Strega nel 1959) e a 62 anni dall’uscita della mastodontica produzione del film di Luchino Visconti, costato alla Titanus di Goffredo Lombardo 3 miliardi di lire. Quale prova hanno dovuto affrontare gli studenti? Angelica, il perno narrativo?

Ecco la traccia: “Lei è la figlia di don Calogero Sedara, sindaco di Donnafugata, piccolo borghese improvvisamente arricchito con metodi che l’autore ci fa elegantemente solo intuire nelle pagine precedenti, ansioso di una scalata sociale che cancelli le sue povere radici. Angelica è irresistibile, attira subito il cuore di Tancredi Falconeri, nipote del principe Fabrizio Salina, ovvero il Gattopardo. Tomasi di Lampedusa parla di una preventiva “regìa impeccabile”, di un “contegno perfetto” nella prima visita alla famiglia dei principi Salina. Come in tutte le battaglie sociali tra diverse classi, qui tra l’aristocrazia storica e la nascente borghesia imprenditoriale (guerra combattuta in salotto, ma poco importa), ci si prepara con estrema cura. Ora è il momento del fidanzamento ufficiale. Angelica (attenzione!)  entrando nel salone “pianta” il padre sulla porta, non ha più bisogno di lui, vuole dominare da sola non solo la scena ma l’avventura stessa della definitiva conquista non solo di Tancredi ma soprattutto dello zio Principe, senza il consenso del quale nulla potrebbe avere senso. Don Calogero appare sempre di più il motore iniziale che diventa inutile nel momento in cui Angelica si impossessa della cabina di regia. Don Calogero, per rispondere al quesito posto dal tema, mente spudoratamente sulle condizioni di salute di sua moglie che le avrebbero impedito di venire al ricevimento. Il perfido Principe si offre di andarla a trovare e, per evitare un catastrofico incidente don Calogero, inventa una seconda scusa aggiuntiva (l’emicrania più la caviglia distorta). Tomasi di Lampedusa ci aveva già spiegato prima che don Calogero tiene la moglie chiusa in casa perché ne è gelosissimo.
In più Angelica bacia il Principe sui basettoni, perno della sua identità estetica. Lui sente “l’aroma di gardenia” che lei emana e alla fine, splendide parole dell'Autore, “si aggioga definitivamente alla bella figliola”. Ed è chiarissimo a quel punto che lo “zione” diventa il più solido alleato nella battaglia di Angelica per l’approdo al cuore di Tancredi e nel salotto buono dell’aristocrazia siciliana. Tutti i personaggi si muovono con una sapienza irripetibile. È un pezzo di storia nazionale letteraria, sociale e politica sintetizzata magistralmente in poche formidabili righe.

Vorremmo leggere su qualche giornale almeno qualche tema. Io, ad esempio, c’ero sul set di Luchino Visconti, ma non su quello di Netflix. Ho nella mia libreria l’edizione conforme al manoscritto del 1957 pubblicata nel 1999. L’immagine di copertina è inequivocabile. Più fedele Netflix? Aristocrazia, Ottocento, il tramonto borbonico, le abitudini di Donnafugata, il mondo nuovo, la fine del bisnonno dell’autore, Tomasi che scrive un solo libro tradotto in tutte le lingue? O Luchino dei Visconti di Modrone, chi è insuperabile? Insomma, Angelica o Concetta? Oppure Claudia Cardinale-Angelica contro Benedetta Porcaroli-Concetta? O lo scomparso Alain Delon contro il nuovo Tancredi Saul Nanni? Non commetto l’errore di paragonare Burt Lancaster all’ottimo Kim Rossi Stuart e sto alla traccia che chiedeva una riflessione relativa ai contraddittori rapporti tra aristocrazia e borghesia sulle inquietudini che vengono a determinarsi nei periodi di cambiamenti. Il libro, il film o la serie?  O Deva Cassel su tutti, l’Angelica come una Rossella O’ Hara lasciva e perduta? O l’incantevole Concetta-Benedetta segretamente innamorata del cugino Alain-Saul? O “lo zione” che va in visibilio per la figlia di Don Calogero? La nobiltà e gli arrampicatori, il pericoloso ceto sociale che da Giuseppe Garibaldi arriva a Bonanni&Fratoianni? O la disputa è per un colore: il rosa Schiaparelli originale Netflix o “la vecchia organza di Dior, di bianco opalino” di Piero Tosi? Un secolo, una storia, una cultura per un abito da ballo nella Sicilia del 1860, quando Giuseppe Garibaldi è sbarcato a Marsala con le promesse dei suoi Mille, mentre la nobiltà locale assiste al proprio declino?
Quante domande in un testo d’esame. “Tutto cambi affinchè nulla cambi”, come recita la frase epitaffio? Oppure “Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene”?


di Donatella Papi