martedì 17 giugno 2025
Com’è fatta la “costellazione del tradimento”? Di Tre amiche, in particolare, insegnanti nello stesso liceo come uno dei loro mariti, la cui storia è narrata nel film dal titolo omonimo (nelle sale italiane dal 19 giugno, distribuito dalla Lucky Red), per la regia di Emmanuel Mouret. In grande sintesi, la rappresentazione si avvale di due storie matrimoniali, e di una singolarità che in segreto si incrocia con le prime due, come un diaframma a lamelle di cui però una di queste risulta un po’ difettosa, intralciando la corsa delle altre componenti alla chiusura programmata, per cui passa troppa luce e le immagini (matrimoniali) fuoriescono sfocate. Coppie distopiche, insomma, in cui uno dei due o entrambi della coppia non si percepiscono più a proprio agio all’interno del relativo ménage familiare, come accade ad Alice (Camille Cottin) ed Éric (Grégoire Ludig), sposati e senza figli, e a Joan (India Hair) e Victor (Vincent Macaigne), dal cui matrimonio è nata una bambina. Mentre però Victor è un marito tenero e fedele, padre premuroso e accudente, Éric il farfallone è il suo esatto contrario e, all’apparenza, ha una storia di passione e di sensi amorosi con Rebecca (Sara Forestier), l’amica curvy e scapola delle protagoniste della storia. Le tre linee dell’universo che disegnano le loro vite non si dovrebbero mai incontrare per rigore relativistico, mentre invece nell’invenzione artistica fanno anche di peggio, attraversandosi di continuo come traiettorie ergodiche e caotiche, in cui alla fine non si arriva più a distinguere nei tanti punti di intersezione che cosa sia dell’una o dell’altra.
Perché, ci dice Mouret, a volte ciascuno di noi fa tanti giri, si allontana per provare il piacere e il brivido dell’adulterio, come accade ad Alice ed Éric, ma poi il destino e la verità che è dentro di te ti riportano al nucleo di partenza della coppia antica, che si riscopre nel mancato appagamento e funzione sostitutiva dei nuovi amanti-compagni. Il tutto nel film avviene fortunatamente prima che vi sia rottura formale dell’unione precedente, e senza incorrere in nuove sperimentazioni di convivenza che, a quel punto, si sarebbero rivelate di sicuro fallimentari. Nell’altro caso di Joan e Victor è proprio la crisi sentimentale e affettiva di lei che la spinge a operare unilateralmente la rottura del proprio bipolo, andando così incontro alla perdita definitiva del proprio marito, morto in un incidente stradale per guida in stato di ebbrezza. E sarà proprio il suo fantasma ad assistere e guidare Joan verso nuove situazioni affettive, con lei che però si farà confondere dai miraggi, non riuscendo mai a innamorarsi della persona giusta. Come lo sarebbe stato, in tal senso, l’affascinante scrittore Thomas (Damien Bonnard) collega di scuola, trasferitosi nell’appartamento accanto, e che dimostra nei riguardi di Joan un amore sincero e discreto, come fu quello di Victor per lei, lontano dai gesti eclatanti e dalle parole smielate.
Così, Thomas, divorziato e con una bambina della stessa età della figlia di Joan, che fa pensare a una configurazione perfetta di famiglia allargata, si troverà a fare da terzo incomodo. Mentre Rebecca, la ladra di mariti e appassionata di arte, incrocerà un famoso pittore con cui Alice ha intrecciato una tresca casuale e rapsodica, per poi tornare sui suoi passi. E delle tre, sarà proprio Rebecca, la più giovane, quella “senza”, ad avere più cuore delle sue due amiche messe assieme, dando prova della vera consistenza di un’amicizia muliebre autentica, sapendo rinunciare alla propria felicità per quella di un’Alice che va e viene. Ricompensata, però, lei rinunciataria da un destino non avverso, come si deve ai buoni e ai giusti (anche divertenti) di storie affettive che non tradiscono la propria ragion d’essere. Film gradevole e che scorre verso la fine scontata senza grandi turbamenti.
Voto: 7/10
di Maurizio Bonanni