giovedì 15 maggio 2025
Il titolo del suo libro è in esperanto: Virinoj, angeloj e leoninoj. Donne, angeli e leonesse. “Perché è una lingua universale senza confini e senza interessi”, spiega Isabel Russinova, poliedrica attrice, scrittrice, illustratrice e attivista, presentando la sua ultima opera (Armando Curcio) alla Società Dante Alighieri, a Roma. Il libro, introdotto da Salvatore Italia, consigliere e sovrintendente della Dante Alighieri, e illustrata con passione da Incoronata Boccia, vicedirettore del Tg1, è una singolare raccolta di profili del passato e del contemporaneo con un filo originale. “Le donne di Isabel sono guidate dal dono dell’amore, della pace e della grazia di vita – commenta la giornalista, la quale sottolinea come le eroine non siano scontate, pressoché inedite e, come scrive nella prefazione il presidente del Teatro Stabile di Roma Francesco Siciliano, “fatte di libertà, determinazione e coraggio”.
Donne del mito e donne reali. Si parte col Canto della grande madre, perché la Russinova fonda a principio creatore “colei” a cui andò il governo del cosmo, il grande utero cosmico da cui nacquero gli dei e poi gli uomini, la quale dovette “combattere i mostri empi e invincibili se contesi con le armi, ma vulnerabili se sfidati con il sapere e la sobrietà della saggezza”. Concetto in cui l’autrice racchiude il senso di un femmineo diverso da quello storico e battagliero rispetto al suo femminile glorioso, eterno e capace di mettere ordine. Questi valori guidano le scelte della Russinova e la narrazione, in prima persona, inizia con Teuta, l’impavida regina degli ardiaei (230-228 avanti Cristo), che succedette al marito e guidò il popolo che la incoronò “regina del mare”. “Alcuni hanno sfuggito, all’inizio, il mio sguardo perché sono femmina – recita la sovrana – ma quando poi mi hanno vista in battaglia non avrebbero voluto altra guida”. Allo stesso modo, sulle “ali di Esperiade”, volano la schiava Atte (55 dopo Cristo) che amò Nerone; la giudicessa Adelasia di Torres (1207-1259); Eleonora d’Arborea (1340-1403) che promulgò la Carta de Logu, in vigore fino al 1827; per arrivare a Violante Carroz (1456-1511), la sanguinaria contessa di Quirra.
“La signora che governò l’ignoto” è Battista Sforza, figlia di Alessandro di Pesaro e moglie di Federico di Montefeltro, duca di Urbino, alla quale è affidato il messaggio della “cultura quale unica arma invincibile dell’uomo”. “Le guerre distruggono, impoveriscono, offendono e alla fine immiseriscono e basta”, dice la duchessa. “Solo il rispetto tra uomo e donna spinge al progresso. Mai mi sono sentita inferiore a mio marito, anzi i suoi sguardi, le sue parole dimostrano ogni giorno la considerazione speciale che egli nutre per me”. “I racconti sono corredati da disegni semplici e immediati – commenta il critico d’arte Giancarlo Bonomo – che testimoniano l’esigenza dell’autrice di fermare stati d’animo privatissimi, appunti del cuore, realizzati di getto senza pretese stilistiche, ideale corollario alle parole”. È la forza dell’attimo, il qui e ora di quelle vite antiche, mitiche o semplicemente moderno umano.
Le protagoniste della Russinova sono come Isabella d’Este (1474-1539), padrona del tempo, come Anna Maria Luisa de’ Medici (1667-1743), madre di bellezza, come Maria Teresa d’Austria (1717-1780), domina e dux del Sacro Romano Impero. Bisogna arrivare a Olympe de Gouges (1748-1793) per incontrare la prima rivoluzionaria: “La donna nasce libera ed è ha gli stessi diritti dell’uomo”, proclama la ribelle nel pieno della Rivoluzione francese e, rivolta a Maria Antonietta, scrive la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, perché “se la donna può salire sul patibolo può salire anche alle più alte cariche”. “Una vera antesignana – fa notare Incoronata Boccia – che si oppose alla disuguaglianza femminile e alla schiavitù, la quale prese posizione contro la decapitazione di Luigi XVI e fu critica nei confronti di Jean-Paul Marat e Maximilien de Robespierre, finendo condannata al patibolo, che affrontò con serena coscienza”.
“Un libro di costituzione storica e di testimonianza”, lo definisce la vicedirettore del Tg1, segnato da “un femminile non banale, non ideologico, non scontato”, che sviluppa anche profili contemporanei. È il caso di Rose Freedman, la giovane operaia sopravvissuta al rogo della fabbrica Triangle Shirtwaist di New York nel 1911, assurto a simbolo della Festa dell’8 marzo. “Le donne all’epoca venivano chiuse nella fabbrica, senza orario, per cui quando scoppiò l’incendio rimasero intrappolate. Rose cercò di capire dove si erano rifugiati i padroni e questa intuizione la condusse sulla via giusta. Inutile dire che i proprietari furono assolti, ma da quella tragedia si cominciò a parlare di regole e sicurezza sul lavoro, di diritti e tutele delle lavoratrici”.
Pagine emozionanti e strazianti come le pene delle spose bambine dell’Afghanistan, come le donne vittime degli Anni di piombo, come il lamento della mamma di Sara Di Pietrantonio, la ventiduenne romana strangolata e bruciata dall’ex fidanzato nel 2016: “Figlia mia, forse ho sbagliato, ti ho insegnato a fidarti e ti ho consegnato al tuo carnefice”. Come piange la madre del parà medaglia d’argento David Tobini, ucciso a 28 anni in missione di pace in Afghanistan, la quale ha voluto ripercorrere l’itinerario del figlio per bagnare di lacrime la sua via crucis. Voci di donne negate dai regimi, come quella della poetessa persiana Rabia Balkhi (856-926), che ha lasciato scritto: “Semi, ho sparso semi di parole. Le parole delle femmine sono i semi della vita”.
(*) Virinoj, angeloj e leoninoj. Donne, angeli e leonesse di Isabel Russinova, prefazione di Francesco Siciliano, 262 pagine, Curcio editore 2024, 17,10 euro
di Donatella Papi