Visioni. “Dove osano le cicogne”, una commedia scorretta dagli esiti incerti

venerdì 9 maggio 2025


Da uno spunto interessante nasce una commedia deludente. Dove osano le cicogne, il 17° film girato dal prolifico Fausto Brizzi, affronta il delicato tema della maternità surrogata in chiave umoristica. Per certi versi, comica. Scritto dal regista insieme a Gianluca Belardi, Herbert Simone Paragnani e Angelo Pintus, il film è prodotto da Attilio De Razza e Nicola Picone per Tramp Limited, PiperFilm e Filippo Cipriano per Lovit, in collaborazione con Netflix. Il lungometraggio, girato tra Roma, Milano e Barcellona nel maggio 2024, è stato distribuito nelle sale all’inizio dell’anno, prima di approdare sulla piattaforma in streaming. Esprimendo un’idea politica giudicata dai più controversa, Dove osano le cicogne racconta la storia di una coppia formata dal maestro elementare Angelo (un puntuale Pintus) e dalla psicoterapeuta Marta (una bravissima Marta Zoboli), figlia di Patrizia (un’amorevole Imma Piro) e un colonnello dei Carabinieri in pensione (un sovraccarico Tullio Solenghi). Angelo e Marta, sposati da anni, cercano invano di avere un figlio. Dopo ulteriori analisi cliniche a Marta viene diagnosticata un’endometriosi incompatibile con una gravidanza. A quel punto i due seguono il consiglio dell’amico infermiere Andrea (un irresistibile Andrea Perroni) e volano a Barcellona per una visita specialistica per incontrare un luminare che pare sia riuscito a risolvere miracolosamente l’infertilità di numerose coppie. Purtroppo viene confermata la diagnosi precedente. Così il medico propone ad Angelo e Marta una soluzione sorprendente. Luce (una sensuale Beatrice Arnera), una ragazza catalana, senza richiedere alcun compenso, è disposta a ospitare nel proprio utero il seme di Angelo e l’ovaio di Marta, portando avanti la gravidanza in Italia, vicino alla coppia. Ma, com’è noto, la maternità surrogata è proibita dalla legge italiana. Anche se il vero ostacolo per la coppia è rappresentato, soprattutto, dal padre di Marta, ossessivamente pervaso da un grottesco senso del dovere.

Angelo Pintus, comico triestino di vitalistico talento, dalla stand-up comedy televisiva e teatrale approda per la prima volta al cinema, grazie alla complicità del regista romano. L’idea iniziale, traendo origine dalla biografia dell’attore, si basa sulle regole della comicità scorretta. Ma l’intento pur lodevole non si traduce in un’idea di cinema coerentemente compiuta. Per queste ragioni, l’andamento è rapsodico, legato più alla verve degli interpreti che a un chiaro approfondimento psicologico dei personaggi. Peraltro, il tema della maternità surrogata, illegale in molti Paesi, meritava certamente un trattamento più sensibile e acuto. Invece, in Dove osano le cicogne si ricorre, con colpevole superficialità, a espedienti da avanspettacolo come le pance finte, le ecografie simulate, addirittura la gestazione monitorata da un’improbabile e invasata Doula (una caricaturale Maria Amelia Monti). L’esito conclusivo assume i contorni di un’occasione sprecata. Gli snodi drammaturgici appaiono, in certi casi, persino involontariamente risibili. Manca, con tutta evidenza, la partecipazione empatica rispetto a un universo dolorosamente noto. È un vero peccato. Perché nel cast, indubbiamente eccellente emergono due attori su tutti: il preside pedante interpretato da un divertito Antonio Catania e Andrea Perroni, il cui umorismo, a tratti istintivo e per certi versi lunare, suona come un valore aggiunto in un film largamente insufficiente.


di Andrea Di Falco