La nuova opera letteraria firmata Nina Giordano

lunedì 10 marzo 2025


Arte è ciò che suscitando il sentimento del bello, attrae irresistibilmente a sé lo spirito, trascendendo le dimensioni dello spazio e del tempo. La narrativa in particolare, è la forma d’arte che consente al lettore di immedesimarsi nelle vicende rappresentate, condividendo passioni, emozioni, gioie e dolori dei protagonisti delle singole trame, divenendone così egli spettatore partecipe e non mero osservatore disincantato. Sicché le vicende finiscono con il coinvolgerlo tanto più intensamente, quanto più è emotivamente e psicologicamente profondo l’autore nel penetrare nei recessi dell’anima umana, singolarissima per ognuno, eppur universale nelle tensioni morali, nei chiari e negli scuri che albergano in ciascuno di noi. Il carattere enigmatico, misterioso della vita interiore, è icasticamente rappresentato nei Promessi sposi, dove osserva Alessandro Manzoni: “Così è fatto quel guazzabuglio del cuore umano”. Nel genere letterario del romanzo, del grande romanzo, viene così a rendersi universale la risposta agli interrogativi etici che si pongono innanzi a ogni persona sensibile, in quella Concordia discors che ne contraddistingue il travagliato sentire.

Queste premesse ci sembrano utili per introdurre una sommaria rappresentazione dello spirito che caratterizza l’intenso romanzo di Nina Giordano, dal titolo Una storia in chiaroscuro, per i tipi della Di Carlo Edizioni, attraverso il quale l’autrice, docente universitaria, dirigente nella Pubblica amministrazione, giornalista e scrittrice, si è allontanata dai percorsi dei suoi saggi giuridici ed economico-tributari, per incamminarsi sui sentieri – a lei altrettanto congegnali – delle opere letterarie (poesia, saggistica, narrativa), regalando al lettore una preziosa gemma. Attraverso una vera e propria “prosa d’arte”, il lettore viene idealmente preso per mano e condotto nei ricordati recessi dell’anima, dove si alternano cangianti luci e ombre, chiari e scuri, travolgenti passioni e laceranti disillusioni, granitiche certezze che si sgretolano innanzi ai colpi martellanti di un destino ingannevole e – talora – cinico. La trama è romanzescamente avvincente, ma al contempo costituisce la cronaca realisticamente impietosa di una vita prosaicamente distante dalla poesia di quella sognata.

Ma la creatura umana che sa sognare, è creatura spirituale, è creatura vivente protesa all’ascesi; mentre chi è incapace di sognare, di fantasticare, di idealizzare, di progettare, “esiste” sì, nella mera dimensione del fluire temporale, ma non “vive”, non è in grado cioè interiorizzare la vita vera: quella caratterizzata dal ricordato “guazzabuglio interiore”. “L’amore – avverte la Giordano nell’introduzione – non è soltanto un sentimento, ma è fatica e impegno per rigenerarlo. Lena, madre di Santa (la giovane protagonista), si innamora a prima vista di Giovanni, come del principe azzurro di una fiaba. La miseria è ristorata dalla religiosa fiducia nella Provvidenza e dal calore degli intensi affetti familiari. Le giornate scorrono nella serena e defatigante operosità del lavoro dei campi, fino al momento in cui Giovanni decide di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri, allontanandosi dalle rassicuranti abitudini della vita civile, senza mai recidere i forti legami per la famiglia ed, innanzi tutto, per Lena. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, viene destinato al Fronte orientale dove, gravemente ferito, consegue una medaglia al valore e viene rimpatriato. È rimasta sempre ad aspettarlo in fidente trepidazione la giovanissima Lena, come una moderna Penelope che attende il ritorno del suo Ulisse. Quando finalmente possono rivedersi, la giovane montanara e il valoroso milite possono ufficializzare il loro amore, malgrado l’opposizione della famiglia di lui, dovuta alle differenti origini geografiche (altoatesina lei, siciliano lui). Il fidanzamento tra luoghi tanto distanti, è ravvivato costantemente dallo scambio di lettere che a centinaia si indirizzano i due innamorati, con intensa tenerezza.

Arriva finalmente l’agognato giorno del matrimonio, dopo il quale Lena abbandona le amate valli per trasferirsi in Calabria dove, per la prima volta, vede il mare. Nel piccolo paese dove la coppia è andata ad abitare, nasce dopo nove mesi una figlia, Santa, e da lì segue il trasferimento in una minuscola frazione della provincia di Messina. Le giornate trascorrono serene nella dignitosa povertà della famiglia, dove la bambina cresce nel tenero affetto dei genitori; ma all’improvviso il destino si accanisce carpendo nel fiore degli anni il giovane carabiniere, freddato da tre colpi di arma da fuoco che pongono fine a una serena routine quotidiana, lasciando una giovane vedova e una bimba di soli 10 anni: “Il mondo era crollato a pezzi” nella piccola famiglia. “La morte tace. Non ha voce. Per la prima volta nella mia vita – dice la protagonista – seppi che la sofferenza, invece, riecheggia nel vuoto in un vortice che assale. Stringe, scuote e inghiotte. Come una lama tagliente ci percorre e non ci abbandona”. Era così stata drammaticamente recisa la serenità dell’infanzia, sconvolta negli affetti più cari e destinata ad altre amarezze che il destino avrebbe riservato all’orfanella.

Scansata e derisa dalle compagne di scuola, Santa trova un’ancora di salvezza nell’affetto di una sola bambina, Sara, che le appare come un raggio di luce nelle tenebre di un diffuso ed immotivato ostracismo da parte del resto della classe. Lena viene intanto assunta in una scuola del basso Lazio lontano dalla Sicilia, come desiderava, e Santa si iscrive al liceo classico nel suo stesso paesino, dove per singolare coincidenza la raggiungerà Sara, che si iscriverà al magistrale. L’amicizia tra le due giovinette viene così a consolidarsi, seppure con l’ombra dell’ostilità che di Sara serba verso Lena, perfettamente ricambiata. Santa viene assalita dal desiderio di trovare quale fosse stata la cornice degli eventi in cui era avvenuta la morte del padre, frequentando assiduamente a tal fine la locale biblioteca, alla ricerca dei libri o di altre documentazioni che potessero aiutarla a capire il contesto in cui era stato compiuto il delitto. In paese, “l’occhio della gente si manifesta particolarmente aggressivo dei confronti di Santa e della madre, perché sono due “due donne sole, moglie e figlia di un morto ammazzato, ma l’indomito occhio della gente aveva insaziabile bisogno di trarre materia prima da impiegare nella fabbrica della maldicenza”.

“Il borgo – dice Santa – non è solo un luogo geografico, ma anche un modo di pensare, uno stato dell’anima che ti annienta nel conformismo sociale. Quel deprimente contesto umano era ripugnante sotto ogni punto di vista: nella miscela esplosiva del pettegolezzo, dell’invidia, delle scalate sociali, del perbenismo di facciata. Roma appare quindi alla protagonista, come la fuga da quell’asfittica e deprimente realtà sociale”: Era il luogo dell’affermazione della libertà e dell’affrancazione dal sonnacchioso e lento vivere proprio della dimensione di un borgo in cui i ritmi rispondevano aduno scontato scandire di situazioni che si perpetuavano secondo uno stesso susseguirsi stereotipato e dove l’assenza di ricambio sociale rendeva le giornate lunghe ed asfissianti”. L’amica Sara aveva intanto maturato una sorta di tossica competitività affettiva con l’ignara madre della protagonista, creando a quest’ultima amarezze e complessi di inferiorità. Un intenso raggio di luce viene ad illuminare la semplice, onesta ed esemplare vita di Santa: l’incontro con Angelo, al quale si presenta con un bell’abito dismesso dall’amica e il maquillage curato dalla stessa.

Ha inizio la fiaba di questa sorta di “Cenerentola paesana”, con l’inaspettato principe azzurro, che sembra all’improvviso dare luce alla sua vita ordinata, abitudinaria, ispirata costantemente al senso del dovere, della correttezza, dell’autenticità, senza aver mai ancora conosciuto quella travolgente tempesta dell’anima che si chiama amore: “Sentivo che tutto il peggio era finito. Sentivo l’approssimarsi di giorni nuovi nei quali affidarmi alle ali del sogno”. A Roma si iscrive all’Università e contemporaneamente si guadagna da vivere come segretaria in uno studio di commercialisti. Ogni sabato si incontra con l’amato Angelo programmando la realizzazione del comune progetto di vita, preparando insieme la futura casa comune. Nel frattempo si laurea con il massimo dei voti e la lode, passa dal lavoro di segretaria a quello di commercialista. Ma all’improvviso l’incantesimo svanisce: il riso si tramuta in amaro pianto, la bella favola si tramuta in dramma. Angelo non è più il compagno premuroso ed affettuoso di sempre: la rimprovera per ogni nonnulla, la critica l’abbigliamento, insomma è diventato un’altra persona. Per una mera casualità, mentre sotto il buio fitto e la pioggia scrosciante che fanno da palcoscenico all’imminente dramma, un giorno Santa vede due corpi teneramente avvinghiati: forse è un incubo? No, è una tragica realtà: si tratta del suo Angelo e dell’amica più cara, Sarà. Il lavoro intenso si rivela per lei come una provvida medicina per non pensare, l’affetto immenso della mamma si rivela come un’ancora di salvezza per non disperare.

La vita riprende cancellando per sempre Sara dalla sua mente, ma non le riesce altrettanto bene cancellare Angelo dal suo cuore. Il destino le riserva un inatteso dono: la gravidanza e la nascita di un bimbo, Giovanni, frutto dell’ormai trascorso, disperato amore. “Il bambino – dice – aveva i colori di Angelo e il sorriso di mio padre”. In uno degli ultimo incontri, la madre le dice: “Ricorda, figlia mia, che se la gioia è la luce diurna con cui si vedono i colori e le forme, il dolore è il buio notturno che ci permette di vedere stelle e galassie”. L’incontro di Lena con il nipotino Giovanni è particolarmente toccante, come se si fossero ritrovati dopo un lungo viaggio: era il vento impetuoso della primavera che portava via le foglie secche della vecchiaia; ma di lì a poco anche l’albero, senza ormai più alcuna foglia, avrebbe perduto la linfa della vita.

(*) Una storia in chiaroscuro di Nina Giordano, Di Carlo Edizioni 2024, 272 pagine, 15,60 euro


di Tito Lucrezio Rizzo