“Simone Veil”: il viaggio del secolo

martedì 28 gennaio 2025


Quanto è lungo un secolo? A volte, quanto l’attimo fuggente o fatale, per alcuni come per molti. Un tempo sempre relativo però, che si contrae quando la velocità aumenta, come il tempo storico che rende la vita media di ognuno di noi un fatto irrilevante dell’universo. Ma, se il tuo nome è Simone Veil, la gaullista convinta che ha cambiato la fisionomia della politica europea come prima donna presidente del Parlamento europeo, allora il discorso si fa serio, ponderale come il granello di una nana bianca, che pesa molte tonnellate anziché pochi grammi. Sì, perché nel destino di Simone ci sono tutti i cieli e i gironi danteschi descritti nella Divina Commedia, in una sorta di piramide rovesciata. La sua storia è raccontata con grande maestria dal regista Olivier Dahan nel biopic a lei dedicato, in cui si ripercorrono la vita e le vicende personali e politiche di Simone Veil – La donna del secolo (in uscita nelle sale italiane dal 30 gennaio), magistralmente interpretata da Elsa Zylberstein nel ruolo della protagonista. Negli anni felici dell’infanzia e dell’adolescenza della Francia dei primi anni Trenta, Simone cresce e manifesta precocemente il suo carattere solido, determinato e volitivo, che trova spazio e accoglienza all’interno di una famiglia ebrea, numerosa e agnostica. Simone vive il suo momento di grazia in una confortevole casa in riva al mare sulla Costa Azzurra, tra l’affetto di sorelle, fratelli e genitori. E sarà proprio la figura della madre, colta, bella e affettuosa, a passare alla figlia piccola la passione per le lettere e a farle i discorsi sulla libertà e l’indipendenza femminile, per cui la donna ha diritto a studiare e lavorare, anche se il marito non è d’accordo! Lì, in quello spazio felice e protetto, Simone sperimenta l’agrodolce di una leadership acerba che, però, deve piegarsi alle condizioni dettate dai suoi pari più grandi d’età.

Una famiglia ebrea quella dei Veil, orgogliosa della propria francesità che, come riteneva erroneamente il padre, l’architetto André Jacob, li avrebbe messi al riparo dall’antisemitismo di Stato, moneta corrente dopo il 1933, nella Germania del Terzo Reich. Così, in una cronologia rovesciata, negli anni Quaranta della Francia occupata, il regime collaborazionista di Vichy produce l’atto più vile che si possa immaginare concentrando nel famigerato Velodrome 70mila ebrei francesi, destinati ai campi di sterminio polacchi e tedeschi. Nel 1944, Simone, appena diplomata, e sua sorella Milou sono deportate sono deportate ad Auschwitz ed entrambe sopravviveranno miracolosamente ai campi, mentre il padre e il fratello scompariranno per sempre durante un trasporto, ingannati dai nazisti che li avevano convinti a lavorare a Drancy, per l’organizzazione filoebraica Todt. Così il destino di Simone, come quello di milioni di persone “andate (letteralmente) in fumo”, è tutto nel numero 78651 che come häftlinge (prigioniera del Lager) portava inciso nell’avambraccio. Nel film sono attentamente ricostruite le orribili condizioni di vita nei lager, testimoniate in prima persona da una Simone che trova il coraggio molti anni dopo di parlarne pubblicamente in una lunga intervista. Nonostante il lavoro massacrante, la fame e le condizioni insopportabili delle baracche del campo, la sedicenne Simone, che su suggerimento di un internato si era dichiarata 18enne per evitare la camera a gas, insieme alla madre e la sorella Milou, conserva un’aria luminosa e viene notata da una kapò polacca che le dice: “Sei troppo carina per morire qui”, facendola trasferire nella fabbrica del campo “meno duro” di Bobrek e poi a Bergen-Belsen, dove la madre Yvonne morirà di tifo. Sopravvissute alla “Marcia della morte”, Simone e Milou saranno liberate dagli inglesi, e ritroveranno l’altra sorella Denise passata alla Resistenza.

Bellissimo e intenso è il rapporto tra le due häftlinge sopravvissute ad Auschwitz, che terminerà drammaticamente, al colmo della felicità di entrambe, quando nel 1952 Milou e il figlio di un anno moriranno per un incidente stradale, di ritorno a Parigi, dopo aver fatto visita a Stoccarda, in Germania, alla sorella e ai nipoti. Tornata in Francia, nel 1947 Simone sposa con Antoine Veil, dal quale prenderà il cognome e con cui avrà tre figli. Due anni dopo, mentre il marito prepara il suo concorso all’École nationale d’administration (Ena), una determinatissima Simone si laurea in giurisprudenza e viene assunta al Ministero della Giustizia alla fine degli anni Cinquanta come magistrato addetto alle carceri. Ruolo che la Veil eserciterà con passione, riuscendo a migliorare le condizioni di vita delle persone recluse. Molto interessanti sono in merito i passaggi “istituzionali”, in cui un maschile ottuso si trova costretto a fare i conti con un determinato e competente protagonismo dell’autorità al femminile. Qualche anno più tardi la Veil diverrà segretario generale del Consiglio superiore della magistratura e, successivamente, pur non aderendo ad alcun partito politico, sarà nominata da Valéry Giscard d’Estaing ministro della Sanità, carica che ricoprirà fino al 1979.

Nel film, a partire dai documenti e dai processi verbali del Parlamento francese, sono messi nel giusto risalto i passaggi parlamentari delle sue battaglie per i diritti civili e l’aborto, che riuscirà a fare approvare dopo un dibattito senza esclusione di colpi, in cui subirà l’assalto e gli insulti feroci, anche sotto il profilo personale, da parte dell’opposizione. Al culmine della sua carriera, coronando il suo sogno di un’Europa sempre più unita e determinante nelle relazioni internazionali, la Veil diviene nel 1979 la prima donna presidente del Parlamento europeo direttamente eletto, e poi portavoce del gruppo liberale a Bruxelles. Negli anni Novanta sarà nominata per la seconda volta ministro della Sanità, divenendo successivamente presidente effettivo e poi onorario della Fondation pour la Mémoire de la Shoah, che intende fare della memoria storica uno strumento di progresso sociale. L’epilogo della sua brillante carriera avviene con la nomina a membro dell’Accademia di Francia e del Consiglio costituzionale. Oggi, Simone Veil, come riconoscimento eccezionale alla sua figura e alla sua opera, riposa con suo marito nel Pantheon francese, dove sono sepolti gli altri grandi nomi di Francia, tra cui Voltaire ed Émile Zola.

Voto: 8


di Maurizio Bonanni