mercoledì 18 dicembre 2024
La questione omerica, espressione che racchiude alcuni interrogativi sul periodo in cui fu composta l’Iliade e se fosse davvero esistito il suo autore, da sempre ha destato enorme interesse tra gli studiosi di letteratura. Robin Lane Fox, grande studioso della letteratura greca e antica, nel suo saggio, intitolato Omero e L’Iliade, edito dalla casa editrice Einaudi, ha avanzato alcune ipotesi per chiarire questi aspetti irrisolti della questione omerica. Per Fox, la tesi del pensatore Giambattista Vico, secondo cui il poema sarebbe stato recitato in periodi diversi dai vari cantori, e Omero non sia mai esistito, è smentita dalla circostanza che la narrazione si dipana in una successioni in cui gli eventi sono descritti in modo ordinato. Il poema narra l’ira di Achille, l’eroe protagonista della grande narrazione epica, al tempo dell’assedio di Troia, nel decimo anno della guerra che opponeva gli achei, i greci, ai troiani. Nel periodo in cui Omero compose e recitò oralmente il suo poema, secondo l’ipotesi avanzata da Fox in occasione di feste religiose, nessun autore aveva ancora scritto testi letterari e biografie dei contemporanei.
L’ira di Achille, provocata dalla decisione dell’altro eroe greco, Agamennone, di privarlo del premio che aveva ricevuto, portandogli via Briseide, la donna dal bel viso, fu all’origine di sofferenze e grandi dolori che gli achei dovettero sopportare. Achille, piange in riva al mare, dopo che è stato separato da Briseide. Gli dei e le divinità, nel poema, come nota l’autore di questo magistrale saggio di critica letteraria, ostacolano oppure favoriscono i disegni degli eroi. Infatti la madre di Achille, Teti, emerge dall’abisso del mare, e si reca da Zeus, perché suo figlio ottenga una riparazione per il torto subito, ed il riconoscimento della gloria eterna. In un suo saggio, il poeta Matthew Arnold ha individuato nella rapidità con cui negli esametri Omero descrive i combattimenti, una delle principale qualità stilistiche del poema epico. Nella restante parte del poema, i combattimenti hanno luogo in una ampia distesa compresa tra l’accampamento degli achei e le loro navi di legno, il Fiume Scamandro che divide in due il campo, e la città di Troia, circondata da alte mura e da torri di solida pietra. Secondo le sue personali conclusioni, l’autore ritiene che Omero compose il suo poema per un pubblico residente nella Ionia, o nei suoi dintorni, situata sulla costa egea dell’attuale Turchia. Per Fox, come Agostino d’Ippona dettò le sue confessioni a uno scriba, allo stesso modo fece Omero, che all’inizio compose la sua opera recitandola oralmente.
L’Iliade narra la guerra di Troia, giunta al suo decimo anno, in cinquanta giorni, in cui la narrazione epica è suddivisa. Per Fox questa commistione e miscela mirabile di compressione e completezza narrativa, in cui colpisce l’ordine con cui sono descritti gli avvenimenti del passato e del futuro, non è compatibile con la teoria, avanzata dallo storico Giuseppe Flavio, secondo la quale la composizione del poema sarebbe avvenuta in modo frammentario. Per Fox, il poema è il frutto di un solo poeta. Il poema è composto in esametri, una stupefacente combinazione di sillabe brevi e lunghe unite in sei misure. Nel libro viene raccontato il passaggio dalla cultura orale a quella scritta, a partire dalla invenzione delle sillabe, dovuta ai fenici, e alla scoperta dell’alfabeto, per Fox merito dei greci. Heinrich Schliemann, grande studioso di archeologia, nel 1868 aveva scoperto i vari strati di una città, che subì diverse rovine nel corso del tempo, nel sito accreditato come quello di Bournabashi. Schliemann individuò i nove strati della città distrutta più volte lungo i secoli, e li chiamò Troia I-II, e via di seguito. Non è importante stabilire se la guerra di Troia sia realmente avvenuta, poiché per l’autore del libro il valore eterno del poema risiede nella comprensione dell’anima umana. La guerra di Troia era stata causata dal rapimento di Elena, la moglie di Menelao, da parte di Paride.
Quando i troiani guidati da Ettore raggiungono le navi degli achei, per incendiarle, Agamennone si reca nella tenda di Achille, nel tentativo di convincerlo a ritornare a combattere contri i nemici. Pur promettendogli dei doni, e questo episodio è narrato nel nono libro del poema, Agamennone non riesce a persuadere Achille. Achille decide che debba essere Patroclo, che indossa la sua armatura, a prendere parte al combattimento. Patroclo perderà la vita e Achille, quando gli achei gli mostrano il corpo esanime del suo amico, si abbandona ad un pianto inconsolabile. Per vendicare Patroclo, Achille affronta in un memorabile duello Ettore, che verrà ucciso. È straordinaria la forza vendicativa con cui Achille uccide i suoi avversari troiani sul campo di battaglia. Achille, rimane stupefatto, quando Paride gli compare davanti e gli chiede la restituzione del corpo di suo figlio. Achille, dimostrando grande sensibilità gli prende la mano e gli restituisce il corpo di Ettore. Per il grande critico letterario del I secolo Dopo Cristo Longino, Omero nell’Iliade ha umanizzato le divinità e divinizzato gli eroi. Le similitudini, che influenzarono Virgilio, Dante e John Milton, mostrano che Omero sapeva scrutare il mondo interiore degli eroi e dei personaggi della sua narrazione epica. In un suo memorabile saggio sul Giappone, intitolato Il crisantemo e la spada, Ruth Benedict ha notato acutamente che i poemi eroici sono il frutto della civiltà della vergogna. La vergogna, come aspetto fondamentale della vita interiore degli eroi, descritti da Omero, è presente nell’arte drammatica greca, come attestano Aiace e Filottete di Sofocle oppure Ippolito ed Ifigenia in Aulide di Euripide.
(*) Omero e l’Iliade di Robin Lane Fox, traduzione di Valentina Palombi, Einaudi 2024, 616 pagine, 34,20 euro
di Giuseppe Talarico