Dio, l’infinito e l’anima

martedì 5 novembre 2024


La ragione come mito di scoperta assoluta del reale è una posizione tutta da verificare. Hegel aveva torto nella sua pretesa del sapere umano assoluto. Tutta l’impalcatura della modernità e della falsa autoreferenzialità della ragione, capace di andare a scoprire i fondamenti ultimi della realtà è un falso mito.

La ragione umana dovrebbe tornare con i piedi per terra e recuperare lo spirito kantiano della Critica, di non totalità del suo operare, o quello di David Hume secondo cui al massimo la ragione può operare dei collegamenti tra fatti esperiti sensibilmente. Su questo punto, in Introduzione alla metafisica, anche Heidegger faceva notare che ragione viene da ratio che vuol dire appunto mettere insieme degli elementi che si assomigliano, o sono legati ‒ come direbbe Hume ‒ da una continuità spazio-temporale.

In particolare tre concetti sono stati banditi all’attuale sistema di pensiero a matrice razionale scientista, e sono Dio, l’infinito e l’anima. Esattamente le tre idee cruciali che aveva esaminato Kant nella Critica della ragion pura, mostrando che intelletto e ragione umana non potevano arrivare a conoscere questi tre concetti perché andavano al di là delle facoltà razionali e non avevano una base sicura nelle informazioni provenienti dai sensi che costruiscono, per Kant, l’impalcatura della conoscenza intellettuale.

Nemmeno però si può dire che solo perché la ragione umana è una facoltà mancante e non perfetta, perché non può arrivare a conoscere ogni cosa, alcuni concetti come l’anima o Dio non esistono. Un pensiero senza pregiudizi dovrebbe saper riconoscere che poiché le facoltà razionali umane sono limitate non può andare ad affermare con sicurezza che l’anima non esiste solo perché non riesce ad esperirla o non riesce a spiegarla. Se per secoli o, meglio, millenni l’umanità ha creduto nell’anima come nocciolo più riposto della vita umana qualche spiegazione deve pur esserci. Se non altro ciò rappresenta un dato di fatto contro cui nessuna scienza o psicologia moderna può inerire.

La consuetudine, l’abitudine, come diceva Hume è l’unico faro, insieme all’esperienza sensibile, su cui la ragione, nei suoi esercizi cataloganti, può costruire il suo edificio del sapere. Ma allora dobbiamo domandarci quale energia o intelligenza o potere ha fatto sì che questo mondo sia retto da un principio di consuetudine.

E il fatto che le leggi della natura siano simili le une alle altre, nelle ripetute osservazioni di fatti empirici simili, è già un elemento incoraggiante che testimonia il fatto che questo mondo è retto da un’intelligenza o un sapere o un’energia che permette il dispiegarsi di regole razionali umani che permettono il costituirsi del mondo a misura d’uomo, evidentemente però su basi che vanno al di là della comprensione della ragione umana proprio perché questa, al momento, non è ancora riuscita a scoprirle.


di Mario Sammarone