Visioni. “The Perfect Couple” una miniserie che non convince

venerdì 27 settembre 2024


La nuova miniserie interpretata da Nicole Kidman s’ispira chiaramente all’universo letterario di Agatha Christie. Tuttavia, The Perfect Couple, ideata da Jenna Lamia, disponibile in streaming su Netflix dal 5 settembre e tratta dall’omonimo romanzo della scrittrice statunitense Elin Hilderbrand, delude platealmente le aspettative. Nonostante la regia sia firmata da Susanne Bier, autrice del film In un mondo migliore, nel 2011 vincitore dell’Oscar e del Golden Globe per il Miglior film straniero, il racconto televisivo lungo circa sei ore (e diviso in sei episodi) risulta ridondante, a tratti persino stucchevole. Il racconto è ambientato nel contesto di Nantucket, un’assolata isola del Massachusetts. Siamo alla vigilia di un matrimonio esclusivo, molto atteso: quello tra Benji Winbury (Billy Howle), figlio di una ricca famiglia, e Amelia Sacks (Eve Hewson), una seducente ragazza poco gradita ai futuri suoceri: il facoltoso Tag Winbury (Liev Schreiber) e Green Garrison Winbury (Nicole Kidman), scrittrice di romanzi di successo. Le nozze non vengono però celebrate a causa del tragico ritrovamento del cadavere di Merritt (Meghann Fahy), bellissima influencer e damigella d’onore della sposa.

A quel punto la miniserie assume i contorni del classico Whodunit, il giallo finalizzato a scoprire “chi è stato”. Ovviamente tutti i personaggi che gravitano intorno alla famiglia Winbury, menzogneri e rancorosi, risultano essere sospettati. L’egocentrico figlio maggiore Thomas (Jack Reynor), sposato con Abby (Dakota Fanning), incinta consorte indolente, conduce una relazione con la femme fatale Isabel (Isabelle Adjani). D’altro canto, Amelia, socialmente inferiore al promesso sposo Benji desidera pericolosamente il testimone di nozze del futuro marito, Shooter Dival (Ishaan Khatter). Il più piccolo dei Winbury, l’adolescente Will (Sam Nivola) è attratto da Merritt. La domestica Gosia (Irina Dubova) prova un malcelato disprezzo nei confronti dell’intera famiglia a eccezione del “signor Tag”, di cui è devota servitrice. Infine, nel racconto irrompe un personaggio misterioso (Tommy Flanagan) che telefona di continuo a Greer, senza ottenere risposta.

La leggera frivolezza che caratterizza i primi minuti della messa in scena, contraddistinta da una presunta quanto elementare critica sociale priva di qualsiasi intuizione narrativa, lascia presto il passo a una compiaciuta atmosfera dai contorni plumbei. Così le indagini condotte dal comprensivo capo della polizia Dan Carter (Michael Beach) e dalla trasandata detective Nikki Henry (Donna Lynne Champlin) sono utili solo a scandagliare il profilo di ciascun personaggio. Sebbene il cast di buon livello offra delle interpretazioni qua e là convincenti, a deludere è l’impianto drammaturgico. Anche se bisogna ammettere che Nicole Kidman, da qualche tempo a questa parte pare essersi specializzata nei ruoli di donna di potere dallo sguardo glaciale che nasconde inconfessabili segreti.

D’altro canto, Liev Schreiber avrebbe meritato un maggiore approfondimento del suo personaggio. Il marito, dalla personalità imprevedibile, in apparenza devoto, che coltiva allegramente una doppia vita, è indubbiamente il carattere più interessante del racconto. Così come una menzione a parte merita la bizzarra coppia composta da Abby Winbury (Dakota Fanning) e Thomas Winbury (Jack Reynor). Sinceramente i personaggi più eccentrici, nichilisti e divertenti dell’intera famiglia. Mentre Isabelle Adjani, che dà il volto a Isabel Nallet, l’amica francese accogliente e simpaticamente snob, ruba spesso la scena per le sue battute. Le migliori di un apparato dialogico fatalmente scevro della benché minima trovata. È del tutto evidente che il riferimento televisivo di The Perfect Couple sia rintracciabile nel sarcasmo iconoclasta di Desperate Housewives o nel recente beffardo The White Lotus. Tuttavia, la miniserie diretta dalla regista danese non solo non si avvicina minimamente a quegli approdi stilistico-narrativi ma, addirittura, scivola spesso, marchianamente, in situazioni involontarie da soap opera.


di Andrea Di Falco