giovedì 29 agosto 2024
Decenni passati, Lucio Caracciolo presenta il mio testo “Il padre di Dio”, riteneva che gli argomenti da me tracciati ed il modo in cui li vagliavo erano inconsueti. Il ricordo è obbligato. Stavamo al Caffè Letterio, e lo reggevano Carlo Jovine e Massimo Nardi. Per stagioni e stagioni insieme attivammo incontri, un sodalizio.
Il mio libro si fondava su di una constatazione elementare, presso che non considerata. Dichiarare che non sappiamo alcunché dell’esistere dell’esistente (ne ho scritto recentemente: nulla sapere su come mai esiste l’essere, ciò che esiste), giusto, ma similmente vale su Dio: come mai esisterebbe Dio?
Nel mio libro, ironicamente, dichiaravo che il Padre di Dio è il mistero. Avviene che Carlo Jovine, avendo quale collaboratore eterno Massimo Nardi, è autore di un volume: Testimone di miracoli- Tra Scienza e Fede, Orbisphera edizioni, che si immedesima tra i labirinti della metafisica in maniera opposta al mio scritto, che Jovine ben conosce e ne ha detto in una sua intervista in video nazionale.
Carlo Jovine è medico, fu primario dell’Ospedale dell’Ordine di Malta, è specialista in neurologia, componente della Consulta Medica Vaticana, in questa funzione ha verificato guarigioni inspiegabili che hanno portato al riconoscimento dei miracoli da Karol Wojtyla, Albino Luciani, Madre Teresa di Calcutta. Ne viene la proclamazione della santità delle personalità nominate.
Al dunque, se la scienza, Jovine, riconosce che una guarigione non proviene dall’intervento umano e perfino contrasta con la fenomenologia riconosciuta dalla scienza significa che vi è un intervento estraneo, supremo, e questo intervento è da parte di santi o futuri santi, santificati proprio dai loro interventi.
La narrazione che ne rappresenta Jovine si fa leggere come narrazione, appunto, le guarigioni portentose associate alle preghiere, alla devozione per Wojtyla, Luciani, Madre Teresa da specifici soggetti che la scienza non sanava e la preghiera e la fede sanano incomprensibilmente, per la scienza, sovrumanamente, anzi, attraggono come narrazione, ribadisco. Che vi sia fondamento dimostrativo, neanche a pensarci. L’accostamento tra devozione e guarigione non prova un nesso causale. Tutto ciò che accade su questa terra accade su questa terra, non abbiamo la microbica possibilità di concepire un mondo esterno al mondo, trascendente. il trascendente o è nell’universo, dunque non è trascendente, o non è. Questo vale soprattutto con riguardo all’esistenza di dio. Se Dio è l’essere totale noi siamo in Dio, se non è l’essere totale non è Dio. Ripeto, non esiste che questo mondo, questo universo, la Trascendenza è inconcepibile. Che significa qualcosa che esiste oltre l’universo? Impensabile. Del resto, se è fuori dell’universo non ci riguarda.
Torno al punto iniziale: se l’esistenza dell’essere è un enigma, l’esistenza di Dio è un enigma duplice, l’essere almeno lo vediamo, ciò che esiste. Ma Dio non lo vediamo e supporre il suo intervento perché non ci spieghiamo certi eventi e li crediamo miracoli è una deduzione non accertabile. Non comprendiamo, basta. fermi. Del resto, perché ritenere che sappiamo come agisce la natura?
Ma il testo è articolato e pone il rapporto scienza-fede, coscienza, aldilà, antimaterialismo, speranza. L’idea che la scienza si occupa del mondo, la religione dell’oltremondo sarà valida per chi intende occuparsi dell’altro mondo (ipotetico) ma non può costituire obbligo quasi che saremmo incompleti se non coniugassimo scienza e fede. Né vale dire che la fede stabilisce speranza laddove la mancanza di fede apre all’eternità della morte. Possiamo, chi può, vivere felicemente anche sapendo di morire. E non farei della spiritualità, della coscienza dell’io un qualcosa non avvinto al corpo. Se io fossi credente affermerei soltanto che “sento” la fede, evitando ogni dimostrazione. Come si può dimostrare ciò che non conosciamo?. Fede e nient’altro.
Carlo Jovine è figlio di un poeta, Giuseppe Jovine, se ne scorge nella scrittura l’ascendenza. Massimo Nardi è un umanista. Siamo amici da sempre e finché vivremo, e se Carlo Jovine mi augura di restare amici anche dopo questa vita, allora nell’aldilà gli dirò che avevo torto. Ma intanto viviamo in questo mondo. E in questo mondo, paradossalmente, Carlo Jovine in molte pagine è talmente spontaneo, pulito d’animo (anima, direbbe), slanciato di fede che scavalca le argomentazioni e perviene a quel che rende viva la religione, l’arte!
L’incontro con Wojtyla, l’ascolto di Benedetto XVI, gli eventi dei malati prodigiosamente guariti sono così ardenti di fede che oltrepassano le argomentazioni. Vi è l’io sento. Io sono vero nel mio sentire. Il mio sentire è la mia verità.
di Antonio Saccà