martedì 23 luglio 2024
Non tutti sanno che le orchestre sono generalmente formate da bravi professionisti, gente che ha studiato tanti, tanti anni, ed è in grado di esprimere – a seconda delle situazioni – un’arte eccellente oppure un compito semplice. Le differenze tra “bande” stanno in molti aspetti. In testa, la levatura del direttore d’orchestra. Seguono, fra gli altri, il programma del concerto, il livello generale dell’organizzazione, la consistenza e la composizione della platea. Caprarola, provincia di Viterbo. L’idea è quella di stupire il pubblico proponendo le note di Ennio Morricone nel magnifico piazzale di palazzo Farnese. Progetto eccellente, orchestrali di spessore, voce solista, violino di spalla, viola e tromba in grado di far sognare.
Peccato che il direttore abbia avuto l’ardire di modificare gli arrangiamenti scritti dall’autore per orchestra sinfonica, dovendoli adattare a una formazione meno numerosa. Nel fare questo, ha a dir poco snaturato la musica, spesso diminuendo o rallentando la velocità, omologando tutti gli strumenti sulle stesse note, minimizzando l’importante coro e banalizzando i passaggi più emozionanti. Sulle chiuse è bene stendere un velo pietoso: quel che è certo è l’annientamento di ogni emozione.
I musicisti, quasi sempre incolpevoli, sono costretti ad apparire mediocri pur non essendolo, o, in casi estremi, a lanciarsi occhiate complici per smettere di seguire un direttore del tutto incapace. Come è capitato, per esempio, a Roma, magari proprio sulle note di Morricone. Paesini dove un tempo si esibivano gruppetti musicali di eccellente accatto, ora pretendono di celebrare miti mondiali spendendo soldi veri, coinvolgendo enti pubblici, ma non riuscendo o non volendo, fra l’altro, a curare particolari come la conduzione della serata, in mano a dilettanti che annaspano nel leggere testi da scuola elementare.
L’importante è sentirsi nell’epoca dei grandi progetti con soldi pubblici, in cui la parola cultura è inflazionata oltre il senso del ridicolo. Fatece largo che passamo noi è una storia di cui ci si vergogna: ora si è tutti dotti e sapienti, anche quelli che affogano le frasi in un mare di aggettivi generici, pensando che le lodi si misurino con la quantità. Musica a peso.
di Gian Stefano Spoto