martedì 23 luglio 2024
Il testo avrà diffusione certamente nella sfera religiosa, è una elaborazione dei Gesuiti, ma si divulghi anche altrove, scritto cognitivamente, stile conciso, ogni rigo accrescimento, realistico, veritiero. Certo, lo si può discutere: ciascuno crede di avere la verità dalla sua parte, ma taluni eventi sono incontrovertibili. Israele si è ampliato nel territorio e questa espansione è paradossale, dovuta al tentativo altrui, musulmano, di espellere, restringere il territorio degli ebrei, limitare, scacciare gli ebrei. E nasce l’antitesi che regge al presente: gli ebrei si ritengono assediati, circondati, in condizioni di sopravvivenza; i mussulmani si ritengono predati i loro luoghi.
Giovanni Sale e David Neuhaus evidenziano l’andamento delle guerre antiebraiche pressoché concluse con allargamenti ebraici, fino a pervenire alla diaspora palestinese, ardua anche all’interno dei mussulmani, ed alla Striscia di Gaza, affollatissima, non sovrana, non Stato, esposta al potere ebraico, con mano d’opera a minimo costo.
Insorge l’interrogativo: perché non fare della Striscia di Gaza uno Stato sovrano? Perché non sarebbe controllabile da Israele e coltiverebbe terrorismo liberamente, è la tesi israeliana. No, coltiva terrorismo perché non ha sovranità, riconosciuta come Stato, si normalizzerebbe, replicano da parte della Striscia o i loro fautori. Ma non vi è fiducia. Gli Autori insistono sulla necessità del rischio della fiducia, del mettersi alla prova di coesistenza. In fondo una guerra radicale tra paesi musulmani e Israele non vi è, perché non giungere a provare anche con la Striscia di Gaza, e togliere l’argomento che il terrorismo deriva dalla mancanza di autonomia dei palestinesi? Ma non c’è fiducia, e forse anche qualche speranza occulta: che Israele verrà stretto in una morsa demografica, e, da parte ebraica, la certezza della superiorità. E persino il diritto provvidenziale di avere le terre destinate da Yahweh. In tal modo è ardua la soluzione. Che forse non sarebbe impossibile dato che Israele convive non drammaticamente con molti paesi mussulmani, dicevo.
Ma vi è un retaggio che Sale e Neuhaus serpeggiano, il retaggio coloniale, il crollo del multietnico Impero Ottomano, i “Mandati” che assegnarono a Francia ed Inghilterra un colonialismo mascherato, la frantumazione del Medioriente in Stati rielaborati dall’Occidente, il risentimento contro l’Occidente di popoli ormai padroni di sé e ricchissimi. La questione si dilata, siamo nella insorgenza di paesi che credevamo di dominare. Non pare possibile. Un testo che si deposita nella memoria.
Giovanni Sale-David Neuhaus, “Israele e Palestina. Un conflitto senza fine?”, edizioni Il Pellegrino, 2024, 432 pagine, 19 euro.
di Antonio Saccà