Abel Ferrara: “Padre Pio è un Cristo italiano”

mercoledì 17 luglio 2024


Abel Ferrara racconta il suo Padre Pio. Il film presentato a Venezia alle Giornate degli autori, viene mostrato al 70° Taormina Film Festival e da domani arriva in sala grazie alla distribuzione di Rs. “Mi ha colpito il fatto che Padre Pio – sottolinea Ferrara – sia un secondo Cristo, un Cristo italiano. E poi è un santo, un eroe popolare che spesso viene rappresentato come un Dio, ma allo stesso tempo è così contemporaneo. Abbiamo cominciato a fare ricerche entrando nel personaggio come avevamo già fatto con Pier Paolo Pasolini. Così abbiamo letto i suoi libri, le sue bellissime lettere, siamo insomma entrati nella sua vita e colto tutto il suo grande carisma”. Era inevitabile che il regista de Il cattivo tenente e della trilogia del peccato (e della redenzione), da sempre affascinato da chi vive ai margini, facesse alla fine un film non solo sulla santità, ma su una santità difficile perché piena di ostacoli e sospetti come quella di Padre Pio. Un personaggio problematico, cupo quello del santo delle stigmate interpretato da un attore altrettanto problematico e in piena crisi mistica come Shia LaBeouf, che proprio grazie a questo ruolo si è convertito al cattolicesimo lui cresciuto sia come ebreo dalla madre che come cristiano dal padre.

Il film prende il via nel 1920. In parallelo alla storia del Santo, Abel Ferrara racconta anche i fatti sanguinosi e poco noti avvenuti a San Giovanni Rotondo nell’ottobre dello stesso anno. Questo paesino dominato da preti e proprietari terrieri, fu teatro di una strage: morirono tredici persone, una sorta di anticipazione del fascismo a venire. E ancora sulla sua fascinazione per il santo, ha detto il regista cresciuto nel Bronx, da sempre cattolico e ora passato al buddismo: “Mi ha sempre affascinato la sua umanità, la sua semplicità”, sostiene Ferrara. “In fondo era un monaco, anzi se gli si chiedeva chi fosse ci teneva a dire che era solo un semplice religioso anche scarsamente istruito, cosa in realtà non vera. Ho amato poi il suo travaglio interiore, questa sua battaglia che non gli ha impedito di portare avanti la sua missione come ad esempio costruire gli ospedali”.

Perché unire la storia di Padre Pio alle lotte sociali e all’eccidio di San Giovanni Rotondo? “Perché non puoi parlare dell’uno senza l’altro”, sottolinea Ferrara. Questo film è una sorta di documentario e si vede chiaramente l’inizio di quella che sarà la Seconda guerra mondiale. Le stigmate vengono fuori infatti nel momento stesso in cui sta succedendo tutto questo. Una sorta di avvertimento, di monito di quello che stava per accadere come la crisi finanziaria e l’olocausto”. Il suo rapporto con la tentazione? “È una battaglia che dura tutta la vita – aveva detto a Venezia – momento per momento.  Il problema è avere la consapevolezza di fare la cosa giusta, di avere gli strumenti per scegliere”. Da buddhista cosa si aspetta dal futuro? “Non so rispondere. Non siamo sulla Terra per soffrire, ma quello che vedo in giro è tanta sofferenza”.

Il film è dedicato non solo alle vittime dell’eccidio narrato, ma anche al popolo ucraino. Infatti dopo averlo completato Ferrara è partito per Kiev, dove ha realizzato il documentario Turn in the Wound, presentato alla scorsa Berlinale. Infine, una curiosità sulla conversione del turbolento Shia LaBoeuf, avvenuta proprio durante le riprese di Padre Pio nel 2021, e che ora vuole diventare addirittura diacono. L’attore era da tempo attratto dal cattolicesimo mentre affrontava non solo l’alcolismo, ma anche una causa intentata dall’ex fidanzata Fka Twigs, che lo aveva accusato di incessanti abusi, violenza sessuale, aggressioni e stress emotivo. Il processo è previsto per il 14 ottobre. L’attore si è poi davvero convertito al cattolicesimo dopo aver girato Padre Pio e sembra che Mel Gibson in persona lo abbia introdotto alla Messa in latino e al Libro dei maccabei. Nel cast anche: Marco Leonardi, Luca Lionello, Brando Pacitto, Cristina Chiriac, Asia Argento, Vincenzo Crea, Stella Mastrantonio, Roberta Mattei, Martina Gatti e Anna Ferrara.


di Eugenio De Bartolis