Visioni. “Un altro Ferragosto”, una copia sbiadita dell’originale

venerdì 28 giugno 2024


Paolo Virzì ha firmato un film verboso e apocalittico sull’Italia contemporanea. Il regista livornese, 28 anni dopo aver girato Ferie d’agosto, torna a Ventotene, per raccontare Un altro Ferragosto. Purtroppo ha perso la grazia espressa in film come Ovosodo (1997), My Name is Tanino (2002), Caterina va in città (2003), La pazza gioia (2016). Ora ha sostituito il cinismo bonario con un compiaciuto qualunquismo. Il cineasta, considerato prematuramente l’erede di Mario Monicelli, ha provato a ricreare l’insanabile disputa che ha diviso la famiglia di destra, rappresentata dai Mazzalupi, dalla famiglia di sinistra, rappresentata dai Molino. Ma gli anni passano per tutti. Qualcuno se ne è andato (Piero Natoli ed Ennio Fantastichini). Eppure, sull’isola quasi tutti gli altri protagonisti sono tornati: il malconcio Sandro e la disillusa Cecilia Molino (Silvio Orlando e Laura Morante), col nipotino Tito (Lorenzo Nohman) e i due figli Martina (Agnese Claisse) e Altiero (Andrea Carpenzano), ciascuno con i propri compagni. Arrivano anche le due irascibili compagne Betta e Graziella (Raffaella Lebboroni e Claudia Della Seta), il giramondo Roberto (Gigio Alberti). D’altro canto, Mauro (Silvio Vannucci), ha messo su famiglia, si occupa di ospitalità, ma non disdegna di organizzare cineforum estivi in piazza.

Sul fronte opposto, ecco Sabrina Mazzalupi (interpretata da Anna Ferraioli Ravel e non dall’originale Vanessa Marini) diventata una ricca influencer, insieme al promesso sposo e “mentore” Cesare (Vinicio Marchioni). Sbarcano sull’isola anche Luciana (Paola Tiziana Cruciani) la madre di Sabrina, e la zia Marisa (Sabrina Ferilli), che non sopporta l’idea del matrimonio della nipote e spera di trovare un sostegno nel nuovo compagno, Pierluigi Nardi Masciulli (Christian De Sica). Sandro Molino, il giornalista che scriveva dell’Unità, ora firma i suoi sdegnati strali moralistici sui social e sogna Sandro Pertini e Altiero Spinelli, al confino sull’isola durante il fascismo. Inascoltato da tutti, tranne che dal piccolo Tito, Molino rivendica l’importanza del manifesto fondativo dell’Europa. Se Ferie d’agosto era chiaramente una satira che omaggiava l’impudenza spaccona della commedia all’italiana, individuando sul nascere le divisioni tra berlusconiani e antiberlusconiani, Un altro Ferragosto ha l’ambizione di raccontare un Paese litigioso, saccente e ignorante. Ma l’esito è infelice. Il film soffre, con tutta evidenza, di mancanza di idee, di spunti, di soluzioni narrative. Anche la rappresentazione della coppia di influencer che scoppia appare superata in un’Italia che fagocita tutto. E decreta, rapidamente, il successo e la fine di un personaggio dello spettacolo. Virzì e i suoi co-sceneggiatori, il fratello Carlo e Francesco Bruni, mettono in scena situazioni già note, che non riescono a strappare sorrisi ma suscitano sincero imbarazzo. Infine, arriva lo sfogo di Emanuela Fanelli (che dà il volto all’ex moglie di Cesare), alla quale il regista affida, ancora una volta dopo Siccità, il messaggio nichilista del film. Tra un dialogo e l’altro, appaiono sullo schermo le sottolineature di Virzì. Dei veri e propri amarcord estratti di Ferie d’agosto. È un modo sbrigativo e didascalico utile solo ricollocare i personaggi nella storia. Ma la necessità del regista di ricordare suona come un’ammissione di colpa. Certifica l’incapacità di rappresentare un racconto autonomo narrativamente coerente.


di Andrea Di Falco