Keitel: “Il regista che mi ha capito di più è stato Abel Ferrara”

lunedì 24 giugno 2024


“Sono stato molto fortunato nella mia carriera. Perché ho incontrato tanti registi importanti”. Lo ha detto Harvey Keitel, nel corso di un incontro al Filming Sardegna Festival, kermesse diretta da Tiziana Rocca. L’attore e produttore statunitense, 85 anni, è stato l’indimenticabile interprete di film di culto come Mean Streets, Taxi Driver e L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, protagonista dei film I duellanti e Thelma & Louise di Ridley Scott; Lezioni di piano di Jane Campion. Ma, soprattutto, è stato immortalato da Quentin Tarantino, in due pellicole memorabili: Le iene e Pulp Fiction. Eppure, per Keitel non è Tarantino il cineasta preferito. “Quello che mi ha capito di più è stato Abel Ferrara” (che lo ha diretto nel 1992, nel film Il cattivo tenente, ndr). “Ci siamo incontrati in un momento particolare della mia vita. Dove dentro di me stavano accadendo cose profonde e lui le ha viste e comprese. Io avevo bisogno di lui e lui di me. Abbiamo lavorato insieme alla sceneggiatura del film, che era stato scritto inizialmente da Zoë Lund, una donna molto bella e intelligente morta troppo giovane per dipendenza da eroina”.

Keitel ha ricordato anche il primo incontro con Martin Scorsese, nel 1967, prima delle riprese di Chi sta bussando alla mia porta, l’esordio del regista Premio Oscar. “Trovai un annuncio – ha detto – e andai a fare un’audizione. Tra cinquanta attori candidati, eravamo rimasti solo in tre. Io però feci una cosa diversa, perché di sera mi recai dove facevano i provini e mi accorsi che in fondo al corridoio c’erano ancora luci accese. Uno mi disse che Martin era lì in quella stanza, in fondo al corridoio. Arrivai lì e trovai una stanza, praticamente vuota, allestita come una stazione di polizia. Lui mi vide e mi disse con tono brusco: Siediti! Io gli risposi con lo stesso tono: Ma tu chi sei? E Martin mi disse ancora: Siediti! A questo punto mi alterai davvero e dissi: Dimmi chi cazzo sei? E lui fece altrettanto. Stavamo arrivando alla rissa finché una voce fuori campo disse: Harvey, sereno, è solo un’improvvisazione. Allora guardai Martin e gli dissi ancora più infuriato: Me lo avresti dovuto dire. Ma ormai la parte era mia”.

Nel 1994 è stata la volta di Pulp Fiction di Tarantino, film in cui Keitel dà il volto al Mr. Wolf. “Quentin – ha ricordato l’attore – era un giovane regista tanto strano quanto brillante. Me lo ha presentato una collega dell’Actors studio. Poi è venuto a chiedermi se volessi fare un film con lui e gli ho dato fiducia. Quando ho letto il copione di Pulp Fiction, mi è sembrato di vedere quello di Lezioni di piano di Jane Campion. Era molto bello, perfetto”. Oggi Keitel farebbe un sequel di Pulp Fiction? “Farei tutto con quel ragazzo”. Quanto all’Italia, c’è una differenza nell’essere diretti da registi come Paolo Sorrentino, Lina Wertmüller ed Ettore Scola? “Quelli italiani impongono di più – ha detto sorridendo l’attore – quello che si deve fare. Con quelli Usa c’è più libertà. Ma io sono cresciuto a Brooklyn e gli italiani li conosco fin troppo bene”.

Tra i prossimi titoli in uscita dell’attore figura, infatti, Milarepa di Louis Nero (al secolo Luigi Bianconi), film ambientato in un mondo dove la natura ha sopraffatto la tecnologia e in cui Keitel interpreta Buddha. “Louis – ha detto l’attore – è un regista brillante. Insieme abbiamo parlato del senso della vita e della morte perché questo film affronta la religione buddhista. Nella prima scena incontro una ragazzina di undici anni che si rivolge a me e mi pone una domanda: quali sono i tuoi demoni? E io le dico: sono i pensieri negativi che sono dentro di te che devi imparare a controllare”. Infine, Keitel si è commosso ricordando Paul Auster, scrittore della trilogia newyorkese appena scomparso e suo grande amico. L’attore ha alzato gli occhi al cielo, inviando un bacio. Keitel è stato il protagonista del dittico diretto da Wayne Wang e Paul Auster: Smoke, basato su un racconto di quest’ultimo, Il racconto di Natale di Auggie Wren, pubblicato sul New York Times, nel 1990; e Blue in the Face, scritto e diretto dallo stesso Auster. Harvey Keitel è stato l’ultimo interprete a ricevere il David di Donatello al miglior attore straniero.


di Eugenio De Bartolis