venerdì 7 giugno 2024
Perfect Days, l’ultimo film di Wim Wenders, racconta la storia di un uomo meticolosamente dedito al lavoro. In Italia è stato distribuito da Lucky Red a partire dal 4 gennaio 2024 ed è visibile dal 24 maggio su Sky e in streaming su Now. Il cineasta tedesco torna in Giappone (dopo Tokyo-Ga, il documentario del 1985 dedicato all’amato maestro Yasujirō Ozu), per firmare uno dei suoi film più belli. L’intenzione è quella di mostrare la scoperta delle piccole cose. Il suo antieroe ha il volto del magistrale Kōji Yakusho, giustamente premiato per la Miglior interpretazione al Festival Cannes 2023. L’attore e produttore veste i panni di Hirayama. Si chiama proprio come il protagonista dell’ultimo film di Ozu, Il gusto del sakè (1962). È un addetto alle pulizie dei bagni pubblici della capitale nipponica e conduce una vita abbastanza ordinaria. Parla poco o niente. In compenso, cura amabilmente le piante che coltiva in casa, fotografa gli alberi, legge molta narrativa, da William Faulkner a Patricia Highsmith, ma anche la “sottovalutata” Aya Koda e ascolta, rigorosamente in musicassette, la musica di Lou Reed, Patti Smith, The Animals e Van Morrison, Otis Redding a Nina Simone.
Hirayama è un uomo di un’altra epoca che ha fatto pace con i propri demoni. Un uomo che segue, quotidianamente, le stesse consuetudini. La giornata prende il via con la pulizia personale. In seguito, innaffia le piante che ha salvato dal disinteresse collettivo, poi arriva il panino al parco durante la pausa pranzo. Lungo il suo tragitto, l’uomo dallo sguardo estatico osserva gli alberi immensi e verdeggianti e immortala le loro chiome con la macchina fotografica. Alla sera, cena al banco della tavola calda. Qualche volta incontra qualcuno e professa, con bonomia e tenerezza, la propria visione ieratica del mondo: Takashi (un caricaturale Tokio Emoto), il giovane collega che lo affianca nella pulizia dei bagni; una ragazza al parco, un senzatetto dalle movenze grottesche, la proprietaria di un ristorante che gli riserva docili attenzioni, la nipote ribelle, l’uomo malato con il quale gioca a calpestare le ombre.
Perfect Days narra le “giornate perfette” di un uomo dalle numerose qualità, che ha deciso, non senza dolore, di vivere, volutamente, in un “mondo parallelo senza connessione”. Perché “il mondo è fatto di molti mondi” e solo alcuni sono connessi. Tutto è analogico nella vita di Hirayama. Come le musicassette che ascolta o la macchina fotografica, con i rullini da sviluppare. Persino le foto, a futura memoria, sono catalogate in cassette metalliche da archiviare. Per spostarsi, dopo il lavoro, usa una bicicletta: quintessenza della naturale affermazione della propria dignità. Wenders segue il suo protagonista adottando il celebre pedinamento zavattiniano. Così, Hirayama viene seguito, camera a mano, in ogni sua manifestazione. Persino quando accoglie, nella forma anonima di una partita a tris proposta su un foglietto, un contatto umano. Solo la fase notturna, che dà spazio all’onirico (fotografato in un sublime bianco e nero da Franz Lustig), è una rielaborazione surreale del giorno appena trascorso. Il regista filma una Tokyo struggente in cui il sole che sorge è sinonimo di speranza.
di Andrea Di Falco