Acquapendente-Pugnaloni: le “Radici aquesiane”

martedì 14 maggio 2024


Le basi degli studi antropologici affermano che una società con tradizioni radicate sia meno vulnerabile alla sua dissoluzione. E oggi scorgiamo quanto questo concetto sia vero e attuale. Infatti, ricordando quanto scritto nella prima metà del secolo scorso da Oswald Spengler nel suo Il tramonto dell’Occidente, con traduzione in italiano e prefazione di Julius Evola: le società legate alle proprie tradizioni mantengono quasi intatto il loro “spirito”, riuscendo a tramandarlo senza evidenti degenerazioni.

Tuttavia, nel nostro articolato, tendenzialmente decadente e sotto-mediocre “sistema sociale”, spesso accade di immergersi in nicchie sociologiche che abbracciano tenacemente memorie che trovano nello scorrere del tempo la loro forza, piuttosto che la loro debolezza. Quindi, osservando con spirito discreto l’armonia che pervade la cittadina di Acquapendente (appellarla borgo è decisamente improprio), la terza domenica di maggio si scorge quanto la memoria della tradizione sia forte, soprattutto se abbracciata dall’arte, dall’entusiasmo, dalla cultura, dai colori e dalle sfumature dei petali e delle foglie, elementi base per la creazione di quelle stupefacenti, ma effimere, opere artistiche chiamate “Pugnaloni”.

Ma cosa sono i Pugnaloni e a quale evento storico si ispirano? Per descrivere la loro “essenza” occorrerebbe un trattato, ma possiamo sintetizzare che sono raffinate opere di spiccato valore artistico che interpretano l’evento storico con modalità peculiari, dove l’armonia cromatica stimola l’osservatore con suggestioni difficilmente descrivibili. Sono quadri dalle importanti dimensioni, 2,60 per 3,60 metri, ricoperti da policromi petali, foglie accuratamente ritagliate, trame di noce e ogni essenza floreale che possa dare sfumature cromatiche atte a rappresentare ombre, luci, profondità e rilievi. Bagliori di colori che esaltano il “fatto” religioso e politico, in una sintesi dove il ciliegio secco che rifiorisce, sprona il “fatto” politico, cioè la ribellione contro la tirannia imperiale.

Anche per descrivere il “fatto storico” occorrerebbe uno spazio qui non compatibile, ma possiamo schematizzare che ad Acquapendente il 1166 è stato l’anno che ha scolpito il futuro della strategica cittadina dell’Etruria meridionale attraversata dalla via Francigena. Il periodo storico è articolato tra Papi e anti-Papi e tra le ambizioni smisurate dell’Imperatore Federico Barbarossa Hohenstaufen (1123 circa-1190), Re di Germania e Sacro Romano Imperatore (1152 al 1190), già duca di Svevia (dal 1147), conosciuto come il “Barbarossa”, osteggiate dalla volontà dei Comuni di essere autonomi. Queste tensioni hanno cesellato un’epoca che ha lasciato una traccia indelebile, oltre che in Europa, anche nei ricordi, nelle tradizioni e nell’identità della comunità aquesiana. In breve, il “tedesco” Barbarossa aveva un obiettivo egemonico sull’Europa occidentale – ideologia politica teutonica mai scalfita nei secoli – e la sfida contro l’autorità papale si esternava combattendo spietatamente contro i Comuni. Vengono storicamente ricordati i Comuni lombardi (1154-1183) ed è in questo percorso che si menzionano le sei spedizioni del Barbarossa verso sud.

La situazione geopolitica dell’epoca era omogeneamente articolata e, seguendo pedissequamente le tracce dei suoi predecessori, anche il Barbarossa si rifiutò di riconoscere la preminenza del papato sull’impero. Il Concordato di Worms (1122), stabiliva che la nomina dei vescovi era prerogativa papale, ma Hohenstaufen iniziò a nominare i suoi vescovi, infrangendo una norma determinante che proprio i Comuni lombardi furono i primi a disconoscere, cacciando i vescovi di nomina imperiale. Alla morte improvvisa di Papa Adriano IV (1159), convinto critico degli atteggiamenti imperiali, venne eletto Alessandro III (1159-1181) che, in osservanza della dieta di Besançon (1157), fu difensore della supremazia del papato sull’impero.

Federico Barbarossa, nel febbraio del 1160, in opposizione al papato nominò un suo Papa, o meglio l’anti-Papa Vittore IV. Le scomuniche reciproche caratterizzarono il periodo, con il Barbarossa che infligge la scomunica al Papa Alessandro III, poi lo stesso Papa scomunica, dalla Francia, Federico Barbarossa. Intanto, le incursioni di Federico I lungo la Penisola italica proseguirono. La questione politica della lotta tra il papato e l’impero non mostra particolari complessità, tuttavia tale conflitto determina gravi difficoltà sociali.

Accennato il quadro storico, quella che anticamente identificava Acquapendente – con Acula o Aquae Taurinaeera sotto il dominio imperiale, che dalla fortezza del Barbarossa, ubicata nell’acropoli del paese, opprimeva la comunità. Così si tramanda che nella primavera del 1166 gli aquesiani, esausti dei soprusi imperiali, critici e insoddisfatti della situazione in cui versava l’ambita cittadina, osservando un ciliegio secco, sembra ubicato dove oggi si erge una piccola edicola dedicata alla Madonna del Fiore, posizionata quasi alle pendici della salita dove si eleva il convento dei Cappuccini, dissero che se quel ciliegio secco fosse fiorito, si sarebbero liberati del potere del Barbarossa. Il ciliegio secco “miracolosamente” fiorì, e gli aquesiani assaltarono, armati con strumenti agricoli – pungoli, forconi, falci e bastoni – la fortezza del Barbarossa, un anno prima di quanto con storico clamore fece la Lega Lombarda. Oggi, della fortezza resta solo la torre, appunto chiamata “Torre del Barbarossa”. Da quel doppio miracolo – il ciliegio secco che rifiorisce, che esorta gli aquesiani a ribellarsi contro i delegati imperiali, che saranno cacciati dalla cittadina – nasce l’esigenza di ricordare quel maggio del 1166, per tramandare e conservare il valore di una sana tradizione religiosa, ma anche molto politica.

Quindi, un connubio tra politica e fede che ancora oggi genera un fenomeno sociale inebriante dove il “fuggitivo” colore dei petali si perpetua nella tradizione e nelle radici di una comunità. Quest’anno la festa dei Pugnaloni si celebrerà domenica 19 maggio, e i quindici Pugnaloni saranno accompagnati, oltre che da un sontuoso corteo storico, da una sedicesima realizzazione che fa appunto riferimento alle “Radici Aquesiane”. Un’opera, fuori concorso, ideata e disegnata dall’Architetto aquesiano Stefano Bertuzzi, in cooperazione con il dottor Claudio Venturelli, Luciano Temperini ed altri, che riproduce il simbolo religioso dell’evento, la Madonna del Fiore, proprio per suggellare l’aspetto tradizionale anche nella forma. La realizzazione del nuovo Pugnalone ha aggregato una “umanità”, che con entusiasmo, coscienza e competenza mettono in gioco l’anima della comunità in un afflato di armonia e speranza; contribuendo, insieme alla collettività dei quindici gruppi, a produrre quello slancio globale che rende lo “spirito”, di tutti gli effimeri quadri, un’opera immortale.


di Fabio Marco Fabbri